Fulvio di Piazza, artista siciliano di 54 anni convinto di essere ancora un sedicenne, coltiva una sana dose di ingenuità e di meraviglia che gli permette di creare immagini fantastiche di un mondo spiazzante, dove avvengono fatti strani, ai quali, commenta: “Neanch’io so dare un significato (e forse in fin dei conti non ce l’hanno)”
Sei nato nel 1969 a Siracusa e vivi e lavori a Palermo, quanto incide nel tuo lavoro la “sicilitudine”?
Credo incida tantissimo, è una questione di profondità, di luce e di elementi dissonanti quasi sempre fuori contesto e quindi molto stimolanti. E poi c’è quella insopportabile tendenza dell’uomo del sud a strabordare, a esagerare…..
Con Alessandro Bazan, Francesco De Grandi e Andrea di Marco siete i protagonisti della cosiddetta “Nuova Scuola di Palermo”, fondata tra gli anni Novanta e Duemila, quali sono i vostri stravaganti elementi metastorici distintivi e quali eredità lascerete alle prossime generazioni?
All’inizio della nostra carriera abbiamo osato inserire elementi narrativi che non erano proprio tipici della pittura in genere, ammiccavamo al cinema , al fumetto agli scrittori cosiddetti cannibali che si affermarono sul finire degli anni novanta, alla fantascienza. Il nostro era un linguaggio fortemente ironico che trovava linfa vitale proprio nel contesto in cui lavoravamo e vivevamo e ognuno di noi lo declinava in pittura secondo la propria sensibilità. Certo, non si può dire che non si facessero notare quelle opere nel panorama italiano anche se il più delle volte suscitavano profonda indignazione…manco avessimo ammazzato qualcuno. Alle nuove generazioni non credo lasceremo nulla dal punto di vista pittorico, nel senso che il nostro è stato un linguaggio fin troppo caratterizzato e di conseguenza chiuso nel nostro contesto. Però gli lasceremo qualcosa di più importante, ovvero la consapevolezza che lavorare sodo, con passione e impegno porta a buoni risultati, che questo mestiere richiede un impegno costante ,giornaliero e che uniti si è più forti, insomma è importante che capiscano che bisogna tornare a pensarsi come comunità, non è più tempo per solisti.
Da quando insegni pittura all’Accademia di Belle Arti di Palermo e come affronti con gli studenti le evoluzioni della pittura figurativa nella cultura contemporanea ?
Insegno dal 2014 e ho sempre cercato di seguire gli studenti nell’evoluzione del proprio linguaggio senza imporgli punti di vista personali e aprioristici. In fondo si tratta di coltivare piccole forme di poeticità in crescita cercando di mantenere le caratteristiche distintive di ognuno di loro. È un lavoro di equipe con gli altri docenti, non siamo in accademia per imporre le nostre personali visioni, poi è chiaro che devono essere informati su cosa succede nel mondo e sapersi relazionare col massimo dell’apertura mentale.
Sei fedele alla pittura a olio dai colori vivaci, prediligi il grande formato e sei ossessionato dal dettaglio, che importanza dai alla fantasia e alla narrazione nel tuo lavoro?
Grande importanza alla fantasia, meno alla narrazione nel senso che odio essere didascalico, l’opera d’arte mi piace quando ti lascia più dubbi che certezze.
Nel 2018 hai realizzato 5 grandi Murales d’Artia dell’Alberghiera a Palermo. Con il “turbo Ballarò” in via porta Sant’Agata hai messo a muro i pesci del vicinissimo mercato storico, incastonato nel cuore di una città contraddittoria, cosa pensi in generale della Street Art contemporanea fagocitata da progetti di rigenerazione di aree emarginate nei Sud del mondo ?
Penso che sia una grande opportunità per ripensare uno spazio urbano più umano che possa diventare anche luogo di riflessione, e per questo che negli ultimi anni ho promosso in accademia iniziative come workshop con artisti del settore. In più credo che per un artista confrontarsi con una parete gigantesca alla mercé dell’uomo della strada , privato delle sicurezze del proprio studio sia una grande opportunità. In più è un mercato in grande espansione, una grande opportunità per le nuove generazioni. Con i miei studenti insisto molto sul fatto di non vedersi esclusivamente come pittori da studio ma che le competenze che sviluppano nel corso biennale possono essere applicate ad altri ambiti come la scenografia ad esempio o la street art.
Con Marcello Carriero e Roberto Orlando hai curato la mostra “Fresch Engin” alla Giuseppe Verniero Project Room, vitalissimo laboratorio culturale di Palermo, dove esponi le opere dei tuoi studenti di Pittura dell’Accademia di Belle Arti: Alice Chisari, Salvatore Ficano e Anastasia Slavinski. Cosa hai voluto dimostrare con questa esposizione ?
In realtà non ho voluto dimostrare nulla, più che altro grazie alla grande apertura mentale e alla generosità di Giuseppe Veniero, abbiamo avuto l’opportunità di far esporre i lavori ai ragazzi che sono ancora dentro al percorso scolastico. Questo gli consente di verificare e di toccare con mano , al di fuori dell’ambito teorico, quali sono le problematiche che si presentano quando si espone il proprio lavoro. E’ un esperimento interessante perché verifichi le competenze che i ragazzi hanno acquisito nel corso degli anni e ti sorprendi scoprendo che quelli che ti sembravano i più fragili in realtà sono i più pronti, in più è una grande occasione per promuovere il proprio lavoro. Il tutto è stato possibile grazie alla collaborazione e all’impegno degli artisti, di Roberto Orlando che è il cultore della materia nel mio corso oltre a essere un bravissimo artista, Marcello Carriero che ha scritto il testo di presentazione e il gallerista Giuseppe Veniero.
Perché il titolo della mostra è “Fresh Engin”, cosa intendi mettere in evidenza?
È un motore fresco, nuovo e quindi deve ancora rodare. Sono opere nuove, piene di energia ma perfettibili
Che metodo sviluppi con i tuoi studenti e come si insegna la pittura, antica disciplina sempre contemporanea?
È un metodo aperto che si concentra inizialmente sull’idea. Come ho già detto mi interessa soprattutto la loro poetica, la loro immaginazione e quindi cerco di suggerirgli le strategie migliori per dar forma a questa immaginazione anche attraverso l’utilizzo di materiali che non sono necessariamente specifici per la pittura. Ma se parliamo in senso stretto della pittura nella sua forma più classica è importante che conoscano bene i fondamentali. Per questo parte del corso si concentra sulla conoscenza, la produzione e l’utilizzo delle tecniche antiche della pittura, a partire dal supporto, dalle preparazioni, etc….
Perché la pittura figurativa di matrice surrealista / transavanguardista è così attuale in questo cupo momento storico ?
Penso che sia una sorta di reazione naturale alla sensazione di oppressione che proviamo in questo momento storico, ma potrebbe essere facilmente bollata come una voglia di evasione, secondo me invece corrisponde alla ricerca di nuove prospettive, del resto l’immaginazione è l’unica frontiera che ancora consente nuove scoperte. Se penso al periodo compreso tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del novecento, e quindi un momento di profondo cambiamento delle società che ha portato attraverso gli eventi tragici a cavallo delle due grandi guerre ad un nuovo ordine geopolitico, mi vengono in mente due correnti che hanno fatto un po’ da preludio e da conclusione, ovvero il romanticismo e il surrealismo che avevano come trait d’union la ricerca di territori inesplorati, il paesaggio sublime nel primo caso, le profondità della psiche nel secondo.
A quale progetto stai lavorando ?
Ho in preparazione la prossima mostra personale presso la Galleria Bonelli di Milano e sto portando a termine il lavoro relativo alle scenografie e ai costumi per il flauto magico di Mozart che mi è stato commissionato dal teatro dell’opera di Tblisi.
Palermo è ancora la città in cui hai scelto di vivere o ti sei adattato per questioni funzionali-logistiche a stare qui? Perché?
Ho scelto di vivere a Palermo perché non sono a mio agio con i grandi spostamenti, ma non ti nascondo che se potessi tornare indietro prenderei seriamente in considerazione l’eventualità di spostarmi. Palermo è una città dove trovo linfa vitale per alimentare la mia immaginazione ma al contempo è un luogo difficile, dove operare in questo settore può diventare molto frustrante perché non è una città ricettiva, dove sussiste una profonda distanza tra un movimento artistico piuttosto vivace e le istituzioni completamente sorde.