Radici reali e metaforiche: sono quelle su cui si basano la Todoli Citrus Fondació e il Citrus Project. La prima, infatti, è nata dalla volontà di Vicente Todolí di tutelare agrumeti a rischio e è oggi un importante centro di ricerca su storia, diffusione e conservazione degli agrumi, mentre il secondo è un progetto nato dalla volontà di un gruppo di artisti internazionali di contribuire al sostegno della fondazione, curato da Lucía Muñoz Iglesias e presentato per la prima volta alla galleria Marian Goodman di Parigi nel 2022.
Da oggi, 13 aprile, al 12 maggio 2024 le opere di The Citrus Project sono esposte alla Galleria Continua, all’ Arco dei Becci e domani, 14 aprile alle 11.30, a San Gimignano, all’Arco dei Becci, Vicente Todolí e Mario Cristiani saranno in dialogo per raccontare il progetto.
In attesa del talk nell’intervista qui sotto abbiamo posto alcune domande a Todolí sulla storia della Fondazione e i suoi obiettivi, The Citrus Project e il legame tra agrumi e storia dell’arte.
Vicente Todolí – ha ricordato la Galleria Continua – già direttore artistico dell’IVAM (Centro d’Arte Contemporanea di Valencia), direttore fondatore del Museu de Arte Contemporânea de Serralves (Porto), direttore della Tate Modern di Londra, dal
2011 presidente del comitato di arte della Fondazione Botín e dal 2012 direttore artistico di Pirelli HangarBicocca a Milano – nel 2014 istituisce la fondazione che porta il nome della sua famiglia di lunga tradizione agrumicola. La Fondazione Todolí Citrus è un frutteto rigoglioso con circa 500 varietà di agrumi che si estende su una superficie di circa 60mila metri quadrati, la più grande collezione privata al mondo di agrumi piantati sulla terraferma.
«Sono quattordici – ha proseguito la galleria – gli artisti internazionali che, nel corso degli anni, hanno lavorato a stretto contatto con Vicente Todolí e che si sono uniti in un progetto di solidarietà volto a raccogliere fondi a favore della fondazione agrumicola. Un segno di gratitudine che rende omaggio al lavoro di Todolí dal punto di vista personale di ciascun artista. Le quattordici opere in mostra a San Gimignano spaziano dalla fotografia, alle incisioni, ai monotipi, sono raccolte in una Collection Box unica e sono state realizzate da Mirosław Bałka, Tacita Dean, Nan Goldin, Paul Graham, Carsten Höller, Roni Horn, Cristina Iglesias, Ragnar Kjartansson, Julie Mehretu, Cildo Meireles, Matt Mullican, Antoni Muntadas, Philippe Parreno e Julião Sarmento».
Come è nata la Todoli Citrus Fondació?
«Io provengono da una lunga tradizione familiare di specialisti in agronomocultura: rappresento la quinta generazione, ma non sono una specialista, il mio percorso professionale è nell’arte.
Ho trascorso l’infanzia in mezzo agli agrumi, poi in giovane età ho lasciato la casa paterna per studiare.
Gli albori della storia della Todoli Citrus Fondació si collocano all’inizio degli anni Novanta, quando si è presentata l’occasione di acquistare un agrumeto accanto ai vivai della mia famiglia a Palmera, un piccolo paesino nel sud della provincia di Valencia, ma in quel momento è rimasta una passione privata.
Pochi anni più tardi ho conosciuto l’artista Richard Hamilton, abbiamo lavorato moltissimo insieme, tra i molti progetti attorno al 2009 abbiamo realizzato il volume Food for Thought. Thought for Food su Ferran Adria. Durante la sua stesura sono stato nel Sud della Francia, dove ho incontrato un uomo che coltivava centinaia di varietà di agrumi in vaso con uno sforzo incredibile: per via delle condizioni climatiche in inverno ricoverava quelle centinaia di vasi in una serra e all’arrivo dell’estate le riportava all’esterno. La sua dedizione mi ha complito moltissimo. Ho pensato che in passato erano i Medici a condurre un’operazione simile a Firenze.
Parlando con Adria mi sono interrogato su come fosse possibile che in un clima meno favorevole rispetto a quello dell’area di Valencia una persona fosse tanto determinata a collezionare agrumi, mentre nella mia zona nessuno la facesse. Lui rispose “Perché non lo fai tu?”, in quel momento dentro di me è scattato qualcosa e ho così iniziato una collezione di agrumi in modo metodico.
Nel 2011 si è verificata la situazione che ha determinato la svolta per la creazione della fondazione: attorno all’area di Palmera stava per iniziare una pianificazione urbanistica che avrebbe distrutto un’enorme quantità di terre coltivate. Mi sono chiesto cosa potessi fare io per fermare quello scempio, la devastazione dell’ambiente naturale e culturale. A quel punto ho pensato di trasformare la collezione in un progetto più ampio e aprire una fondazione dedicata agli agrumi.
Con questa proposta in testa mi sono recato dal sindaco che mi ha dato l’autorizzazione a patto, però, che acquistassi anche gli appezzamenti vicini al mio. Non c’erano alternative e l’ho fatto: ho comprato ventotto agrumeti, l’area complessiva raggiunge oggi i 60mila metri quadrati. La Fondazione, quindi, è nata a tutela di una cultura e di un ambiente naturale a rischio».
In che momento si è sviluppato The Citrus Project?
«Alla nascita della Fondazione alcuni artisti sono venuti a visitarla, in particolare, tra i primi Julie Mehretu, Tacita Dean, Julião Sarmento, Carsten Höller e Paul Graham.
A mia insaputa nel 2018 hanno iniziato a lavorare al portfolio che oggi raccoglie i lavori di 14 artisti. Oltre a donare per primi le proprie opere, hanno chiesto a Lucía Muñoz Iglesias di occuparsi della curatela, poi con il Covid tutto si è bloccato per un periodo.
Il progetto è stato presentato per la prima volta due anni fa alla galleria Marian Goodman di Parigi perché molti degli artisti che avevano partecipato lavoravano con lei.
Il progetto mi è stato svelato solo quando è stato tutto pronto: il desiderio degli artisti e della curatrice era quello di dare un contributo per aiutare la fondazione a sostenersi economicamente nel tempo».
In arrivo c’è un grande progetto legato all’arte contemporanea anche all’interno degli spazi della Fondazione…
«In questo momento Carsten Höller, in collaborazione con la Galleria Continua e Arte all’Arte, sta realizzando una voliera all’interno della Fondazione, che sarà terminata a brevissimo».
Che legame si può rintracciare tra storia dell’arte e agrumi?
«Quando ho iniziato non sapevo della profonda relazione che intercorre tra arte e cultura degli agrumi, l’ho scoperta facendo ricerca. Ora stiamo realizzando un archivio dedicato agli agrumi nell’arte, che sono il frutto maggiormente presente. Questo, in origine, è derivato dal fatto che Virgilio avesse considerato il cedro come il frutto rubato dall’orto delle Esperidi. Il frutto proveniva da un albero donato della Terra, Gea, a Era in occasione delle sue nozze con Zeus. Da questa narrazione, nelle arti figurative, ha avuto origine una sorta di adorazione per gli agrumi e in particolare per il cedro».
Come è proseguito il legame tra agrumi e arte nel contemporaneo?
«È una storia che prosegue tutt’oggi, come documentato nel nostro volume Los cítricos. Un viaje a través de la historia y del arte e come viene declinato anche nel portfolio, in cui è presente, ad esempio, il lavoro di Tacita Dean. Lei durante l’infanzia collezionava cartoline di limoni, ora ha preso queste cartoline e ci ha dipinto sopra. Abbiamo anche testimonianza più varie della prosecuzione del legame tra agrumi e arte, come, ad esempio, quello di Renato Leotta, che coltiva un agrumeto in Sicilia».
Quali sono i progetti della Todoli Citrus Fondació per il futuro?
«Continuiamo ad acquistare terre, soprattutto aree abbandonate e le salviamo dall’urbanizzazione. Per noi, inoltre, è essenziale coltivare gli agrumi senza l’uso di pesticidi e erbicidi.
Molto rilevante è anche il lavoro che la Fondazione svolge nell’ambito della ricerca botanica scientifica e storica.
Abbiamo pubblicato un libro intitolato Los cítricos. Un viaje a través de la historia y del arte, mentre tra due anni pubblicheremo un altro volume su cento varietà della Fondazione fotografate da Attilio Maranzano.
Abbiamo anche altri progetti all’interno della Fondazione, come il padiglione in cui c’è un’esposizione permanente di circa settanta stampe sugli agrumi storici, dal Seicento all’Ottocento».