Dopo aver conquistato le maggiori piazze operistiche italiane, nel 1847 Verdi punta alla scena internazionale, con I masnadieri per Londra e Jérusalem per Parigi. Nella capitale francese, dove soggiornava, nell’inverno 1847-48 scrive Il corsaro, per adempiere agli ultimi obblighi contrattuali con l’editore milanese Lucca. Sulla scelta della fonte byroniana (già utilizzata dal librettista Ferretti per l’omonima opera musicata da Pacini 16 anni prima) influì certamente l’ambiente romantico lombardo, a cui il compositore si era accostato frequentando il salotto milanese di Clara Maffei. Il soggetto, da lui già accarezzato prima del 1844 e affidato a Piave per la riduzione librettistica nel 1945, per soddisfare una commissione londinese poi rinviata, venne infine ripreso e l’opera fu consegnata all’editore senza che si avesse una nozione precisa della sua destinazione. L’inusuale disinteresse di Verdi indicava sicuramente una scarsa fiducia nel suo operato, come confermò la sua assenza alla prima avvenuta al Teatro Grande di Trieste il 25 ottobre 1848 con scarso successo di critica e di pubblico.
Verdi infatti criticò più volte il suo lavoro, in particolare arrivò a rimproverare il Teatro San Carlo di Napoli per averlo scelto nel corso di una stagione. Lui stesso giudicò Il corsaro un’opera minore non difendendola come aveva fatto per altre sue, diciamo, “più sfortunate”. Ma l’opera riuscì comunque a circolare in diverse città italiane, tra cui Torino, Milano e Venezia.
Il Carlo Felice di Genova ha invece deciso di puntare su quest’opera verdiana inserendola nel cartellone della sua Stagione con debutto venerdì 17 maggio e da quello che si è visto ed ascoltato tutt’altro vien da dire che si tratti di qualcosa di non riuscito.
Per questo possiamo senza dubbio ringraziare in primis il protagonista della serata, il tenore Francesco Meli al debutto nel ruolo. La sua è stata una prova di grande spessore. Meli ha riempito la scena con voce e presenza donandoci un Corsaro ricco di sfumature, di mezze voci, di virtuosa duttilità nel passare dalla sonorità eroica a ripiegamenti più intimi. A questa chicca si va ad aggiungere l’ ottima regia di Lamberto Puggelli e un’altrettanta ottima direzione d’orchestra da parte del Maestro Renato Palumbo.
La storia ripercorre le avventure di un corsaro, Corrado, che stanco della prigionia su un’isola dell’Egeo decide di fuggire per attaccare il pascià turco Seid, abbandonando l’amata Medora. L’attacco è sventato dai turchi, e Corrado e i suoi corsari vengono condannati a morte. Durante la notte, Gulnara, prediletta del pascià che si è innamorata di Corrado, uccide Seid e libera il suo amato che torna sulla sua isola. Ma Medora, pensandolo morto, ha ingerito del veleno e quando vede Corrado è già in punto di lasciare questo mondo. Di fronte a questa tragedia, Corrado si getta in mare.
La drammaturgia dell’opera si snoda dunque tra avventure, battaglie ed amori e se la musica di Verdi esalta tanto la dimensione dello scontro quanto quella amorosa, con arie di grande lirismo e intensità drammatica («Tutto parea sorridere», «Il fiero corsaro è mio prigione!», «Oh mio Corrado appressati»), la regia di Puggelli ne coglie le atmosfere inserendo tutte le azioni all’interno di un galeone da cui pendono sartie e si alzano tre maestosi alberi. I personaggi agiscono lì. Lì si consumano i duetti d’amore e lì le battaglie coordinate dal maestro d’armi Renzo Musumeci Greco (per questo molto avvincenti).
E se il libretto di Francesco Maria Piave non si attira sempre simpatie (per la parola “gemme”, ad esempio, fu usata l’incredibile rima con “haremme”), la storia è comprensibile e, diciamolo, Verdi non delude mai: se non è presente alcun adagio, non si può non trovare bellissimi tanto il preludio, quanto il finale dell’atto conclusivo e l’aria di Medora Non so le tetre immagini, che permise a Katia Ricciarelli di vincere nel 1971 il Concorso Internazionale Voci Verdiane della Rai.
Qui Medora è Irina Lungu, forse un po’ statica inizialmente, ma che si scioglie in passaggi di grande profondità e disperazione nell’ultimo atto. Ottima e applauditissima Olga Maslova, nei panni di Gulnara, molto sicura negli acuti, ma credibile anche nelle note più basse che evidenziano il tormento di una donna prima schiava e poi addolorata per l’amore non ricambiato.
E così il melodramma tragico piaciuto poco al compositore di Busseto, è invece piaciuto molto al pubblico genovese come era accaduto nel maggio del 2005. Infatti parliamo dello stesso allestimento, una fortunata coproduzione della Fondazione Teatro Carlo Felice con il Regio di Parma.
Il corsaro sarà ancora in replica venerdì 24 maggio alle ore 20.00 e domenica 26 maggio alle ore 15.00.