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Amore, dolore e intimità. Hauser & Wirth presenta una serie di inediti di Philip Guston a Zurigo

A sinistra: Philip Guston Feet on Rug 1978 Oil on canvas 203.2 x 264.2 cm / 80 x 104 in 206.7 x 268.3 x 5.1 cm / 81 3/8 x 105 5/8 x 2 in (framed) © The Estate of Philip Guston Courtesy the Estate of Philip Guston and Hauser & Wirth Photo: Christopher Burke. A destra: Philip Guston Painter’s Forms 1972 Oil on panel 121.5 x 152.2 x 2.3 cm / 47 7/8 x 59 7/8 x 7/8 in 125.6 x 156.5 x 5 cm / 49 1/2 x 61 5/8 x 2 in (framed) © The Estate of Philip Guston Courtesy the Estate of Philip Guston and Hauser & Wirth Photo: Christopher Burke
A sinistra: Philip Guston, Untitled, 1979, Oil on canvas, 122 x 107 cm / 48 x 42 1/8 in, 126 x 111 x 5.5 cm / 49 5/8 x 43 3/4 x 2 1/8 in, (framed) © The Estate of Philip Guston. Courtesy the Estate of Philip Guston and Hauser & Wirth. Photo: EPW Studio – Ellen Page Wilson. A destra: Philip Guston in his Woodstock studio, 1970., Photograph by F. K. Lloyd.. Image courtesy of The Guston Foundation and Hauser & Wirth

A Zurigo, al secondo piano della sede di Hauser & Wirth in Limmatstrasse, sta per aprire la mostra “Philip Guston. Singularities” con dipinti figurativi tardi dell’artista, datati tra il 1968 e il 1979. Curata in collaborazione con Musa Mayer, figlia dell’artista e presidente della Philip Guston Foundation, il percorso espositivo «presenta dipinti noti accanto a opere mai esposte prima che esplorano i motivi liberati e le forme istintuali emerse nelle ultime opere di Guston, che hanno continuato a evolversi fino alla sua morte nel 1980. Questa mostra in Svizzera segue la grande retrospettiva “Philip Guston” alla Tate Modern, che si è conclusa nel febbraio 2024» e sarà inaugurata il 7 giugno in occasione dello Zurich Art Weekend 2024 (ve ne avevamo parlato qui) e sarà visitabile fino al 7 settembre.

Racconta Musa Mayer nella guida alla mostra: «Le strane forme che popolano i dipinti di questa mostra di opere tarde di Guston sono intensamente personali e ricche di immagini che hanno perseguitato l’artista per tutta la sua vita pittorica. Tuttavia, ci parlano anche in un linguaggio metafisico che resiste all’analisi, ma che afferriamo profondamente, intuitivamente. Quando glielo si chiedeva, Guston resisteva all’interpretazione dei simboli iconici che apparivano nei suoi dipinti. Rispondeva che anche lui era mistificato da queste forme inspiegabili, da queste singolarità. Se parlo di avere un soggetto da dipingere”, scriveva, “intendo dire che c’è un luogo dimenticato di esseri e cose, che ho bisogno di ricordare. Voglio vedere questo luogo”.

Da questo luogo dimenticato emergono le singolari risposte dell’artista alla bellezza, al dolore e alla crudeltà del mondo, all’intimità della sua vita quotidiana, all’amore, al passare del tempo e alla perdita. Queste opere non sono né cerebrali né rimosse; sono senza tempo. E sembrano vive, come se fossero state dipinte di fresco. Le superfici complesse rivelano un amore esuberante per l’atto stesso del dipingere, la fedeltà di Guston a un processo antico coltivato nel corso di una vita di osservazione ravvicinata e di interrogazione rigorosa dell’arte che amava e della necessità di dipingere».

A sinistra: Philip Guston Feet on Rug, 1978, Oil on canvas, 203.2 x 264.2 cm / 80 x 104 in, 206.7 x 268.3 x 5.1 cm / 81 3/8 x 105 5/8 x 2 in (framed) © The Estate of Philip Guston. Courtesy the Estate of Philip Guston and Hauser & Wirth. Photo: Christopher Burke. A destra: Philip Guston.
A destra: Painter’s Forms, 1972, Oil on panel, 121.5 x 152.2 x 2.3 cm / 47 7/8 x 59 7/8 x 7/8 in, 125.6 x 156.5 x 5, cm / 49 1/2 x 61 5/8 x 2 in (framed) © The Estate of Philip Guston. Courtesy the Estate of Philip Guston and Hauser & Wirth. Photo: Christopher Burke

Il percorso espositivo

«La mostra – ha anticipato la galleria – si apre con Painter’s Forms (1972), uno dei capolavori di Guston e, secondo lo storico dell’arte Dore Ashton, “un vero e proprio distillato dell’ultima opera di Guston in un unico dipinto”. Alcuni dei suoi oggetti più familiari fuoriescono dalla bocca del pittore su uno sfondo rosa slavato: uno stivale, una bottiglia, una sigaretta, la suola di una scarpa, la parte superiore di un cavalletto e una targhetta con le sue iniziali. È un quadro sull’atto di dipingere.

In molte di queste enigmatiche opere tarde, la distinzione tra spazio interno ed esterno scompare in gran parte, poiché gli elementi domestici si fondono con le scene all’aperto. Nei paesaggi allegorici in cui si svolgono questi strani drammi, il rosso cadmio tipico di Guston domina il terreno inferiore, mentre le sezioni superiori sono di un tranquillo blu senza nuvole.

In Feet on Rug (1978), due piedi sono bloccati in un arido paesaggio rosso contro un orizzonte azzurro, in piedi su un tappeto le cui frange si trasformano in zampe di insetti striscianti. La forma dell’insetto-ameba è ripresa in Future (1978), dove sembra ruotare insieme a una creatura simile a una lumaca, mentre una figura umana disperata affonda in un terreno o in un mare postapocalittico. In Untitled (1969) – uno dei dipinti mai esposti prima – una versione precedente di questa forma di lumaca, a forma di nautilus, si accartoccia in un accogliente ma incolore interno domestico».

A sinistra: Philip Guston, Future, 1978, Oil on canvas, 213 x 272 cm / 83 7/8 x 107 1/8 inches, 216 x 275 x 5 cm / 85 x 108 1/4 x 2 inches (framed) © The Estate of Philip Guston. Courtesy the Estate of Philip Guston and Hauser & Wirth. Photo: Jon Etter.
A destra: Philip Guston, Untitled, 1969, Acrylic on panel, 76.2 x 101.6 cm / 30 x 40 in © The Estate of Philip Guston. Courtesy the Estate of Philip Guston and Hauser & Wirth. Photo: Sarah Muehlbauer

«In una conferenza di diapositive del 1972, – ha proseguito la galleria – Guston disse agli studenti che quando tornò in Italia dopo aver esposto per la prima volta i suoi ultimi lavori, voleva vedere i dipinti del passato che amava. Ma non per la loro bellezza: “volevo vedere i primi affreschi dei Giudizi Universali e i dipinti della fine del mondo. In particolare i dipinti romanici e gli affreschi senesi che hanno realizzato enormi e meravigliosi affreschi dei dannati, tutte le torture dell’inferno e così via. Il paradiso è sempre molto monotono, solo un sacco di persone allineate. Come trombe, sono tutti allineati. Non c’è molto da guardare. Ma quando vanno all’inferno il pittore si dà da fare. Ogni genere di cose meravigliose. È allora che si divertivano davvero a dipingere. Sento che viviamo in tempi analoghi. Oh sì, e io voglio dipingere questo. Non voglio copiare, ma sento che questo è il grande soggetto. Non so come verrà fuori. Beh, ho iniziato. Ho iniziato con questa storia”.

A sinistra: Philip Guston, Door and Room, 1978, Oil on canvas, 203.2 x 292.1 cm / 80 x 115 in © The Estate of Philip Guston. Courtesy the Estate of Philip Guston and Hauser & Wirth. Photo: Sarah Muehbauer
A destra: Philip Guston, Aegean, 1978, Oil on canvas, 172.7 x 320 cm / 68 x 126 in, 176.5 x 322.9 x 5.7 cm / 69 1/2 x 127 1/8 x 2 1/4 in, (framed) © The Estate of Philip Guston. Courtesy the Estate of Philip Guston and Hauser & Wirth. Photo: Genevieve Hanson

Door and Room (1978), in mostra per la prima volta, suggerisce una storia di ingresso forzato nello studio dell’artista. Le realtà del mondo si intromettono nel suo rifugio, lasciando l’artista come testimone di perpetui atti di guerra. La scena rossa e nera è alleggerita solo dalla stretta striscia di blu in alto, come una leggera boccata d’aria o una speranza di pace. Tuttavia, nel sanguinoso campo di battaglia ci sono i segni inconfondibili di una celebrazione pittorica ed esuberante di forme e colori dinamici.

Una dimostrazione della capacità di Guston di catturare introspettivamente le lotte del suo tempo con una composizione meticolosa e dettagli sfumati è Aegean (1978). In questo grande dipinto, la convergenza di mani, braccia e scudi tesi sotto forma di coperchi di bidoni della spazzatura ricorda i suoi primi lavori degli anni ’40, in cui raffigurava lotte di strada infantili che imitavano la teatralità della guerra. Ma questi giochi sono chiaramente più di un gioco infantile: sono precursori della guerra.

L’ultimo Guston affronta la natura intrinseca della violenza come si manifesta nei tumulti politici della sua epoca, evocando l’Olocausto, la guerra del Vietnam e i disordini civili che permeavano la fine degli anni Sessanta. Ampliando questo tema, Untitled (1979) di Guston – realizzato nell’ultimo anno della sua vita – può essere inteso anche come un’allegoria della lotta umana. Gli scudi fluttuano nel vuoto, creando una scena bizzarra che oscilla tra violenza e umorismo. Guston disse: “Volevo includere tutto. Mi sentivo, come tutti, disturbato da tutto a tal punto che non volevo escluderlo dallo studio, da ciò che facevo. Dipingere. Non pensavo di illustrare qualcosa”.

Gli ultimi dipinti di Philip Guston conservano una qualità misteriosa e sono tutti guidati dal desiderio dell’artista di raccontare storie che non solo riflettono il suo stato d’animo, ma forniscono anche spunti di riflessione sul clima sociale e politico del suo tempo. Se visti insieme, mostrano la singolare profondità e complessità della sua ricca iconografia personale».

 

 

 

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