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Bregenz: un attacco all’arte e ai diritti umani

©ANNE IMHOF, KUNSTHAUS BREGENZ/PHOTO MARKUS TRETTER/COURTESY THE ARTIST
©ANNE IMHOF, KUNSTHAUS BREGENZ/PHOTO MARKUS TRETTER/COURTESY THE ARTIST
In Austria sei cartelloni pubblicitari, progettati dall’artista Anne Imhof, sono stati parzialmente distrutti da dei vandali. L’artista ha definito l’episodio “un atto di aggressione violenta”. Imhof, vincitrice del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 2017 per il suo memorabile Padiglione Tedesco, stava mostrando i cartelloni a Bregenz in concomitanza con una mostra museale in città al Kunsthaus Bregenz. I cartelloni recitano “WISH YOU WERE GAY“, una frase che funge anche da titolo per la mostra di Imhof. Su Instagram, Imhof ha descritto i cartelloni come “una testimonianza della bellezza e della forza che la famiglia scelta offre a coloro che hanno esperienza LGBTQIA2S+. D’altra parte, ‘Wish You Were Gay’ testimonia anche la profonda lotta e ostilità che le persone LGBTQIA2S+ affrontano quotidianamente, ovunque”.

L’artista ha poi definito il vandalismo un “crimine d’odio”, scrivendo: “Distruggerli non è solo un attacco alle lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, due spiriti e persone che si interrogano, ma è un attacco alla comunità di Bregenz”. L’artista ha promesso che i cartelloni, che sono collocati in spazi pubblici, saranno sostituiti, anche se non ha fornito una tempistica. In una dichiarazione separata, il direttore del Kunsthaus Bregenz, Thomas D. Trummer, ha affermato: “Questo è un attacco codardo all’arte e ai diritti umani. L’omofobia non ha posto nella nostra società”.

La mostra di Imhof al Kunsthaus Bregenz è composta principalmente da dipinti, video e installazioni, e non, per la maggior parte, dalle performance estese per cui è più conosciuta. La mostra include diversi nuovi dipinti, molti meno conosciuti, personali, tutti con titoli che sono variazioni di “Wish You Were Gay”, che presentano visioni sfocate di una figura che sembra tenersi una pistola alla testa. Questo dialogo con sé stessa si configura come una riflessione sulla propria sessualità, capace di esprimere il sentimento di inadeguatezza legato al vivere in un mondo eteronormativo. Donando il suo lavoro all’altro, lo spettatore, Imhof si riscopre compresa e intera.

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