In Costa Azzurra, incastonato alle pendici delle Alpi Marittime, c’è un luogo “del cuore” unico nel suo genere che incarna lo spirito del tempo e rappresenta come le relazioni, l’amicizia e storie di vita e di passione per l’arte diano vita a un’istituzione culturale di fama internazionale. Stiamo parlando della Fondation Marguerite et Aimé Maeght a Saint-Paul-de-Vence, vicino a Nizza, voluto dalla coppia di collezionisti, editori e mercanti d’arte parigini, che hanno coltivato l’amicizia con artisti nella condivisione di valori e nel rispetto del loro lavoro.
Titolari, dagli anni Quaranta, di uno studio di incisione a Cannes e affascinati dalle iniziative culturali di mecenati americani, si sono ispirati in primis a Solomon Guggenheim e hanno dato vita in Francia a un “atelier della modernità”, inaugurato nel 1964 da André Malraux. La coppia, privilegiando il rapporto con gli artisti e seguendo il loro lavoro nel proprio studio, ha creato un’istituzione museale sempre più importante nel tempo, dove convivono diverse personalità e linguaggi artistici come libera espressione dell’arte.
L’architettura, un gioiello di modernità che festeggia 60 anni con una mostra su Bonnard e Matisse, è stata progettata tra il 1959 e il 1964 dall’architetto e urbanista modernista catalano Josep Lluís Sert (Barcellona 1902-1983), della cerchia di Le Corbusier, noto per aver realizzato, tra gli altri edifici, durante la guerra civile spagnola, il Padiglione della Repubblica spagnola all’Expo del 1937, che ospitava Guernica di Picasso. La Fondation Maeght è un’opera d’arte di per sé, un museo di arte moderna e contemporanea che, prima di essere luogo culturale, è soprattutto rappresentativo di storie di frequentazioni artistiche e letterarie, progettato in armonia con il paesaggio circostante e i colori luminosi della Costa Azzurra. Considerato un modello ideale per ospitare straordinari capolavori dei più importanti pittori e scultori del Novecento e mostre temporanee, quest’anno festeggia i suoi primi sessant’anni con una mostra, Amitiés: Bonnard, Matisse, a cura di Marie-Thérèse Pulvenis de Seligny, che esplora i caratteri specifici di due protagonisti del XX secolo e le loro vite condivise con i Maeght (fino al 6 ottobre 2024).
Gli amici dei Maeght
Tra i frequentatori dei Maeght c’erano Pierre Bonnard (1867-1947), incontrato a Cannes nel 1936 in occasione di una stampa litografica; Henri Matisse (1869-1954), che nel 1951 aveva dipinto la Chapelle du Saint-Marie du Rosaire a Nizza; Fernand Léger (1881-1955); Marc Chagall (1887-1985); e Joan Miró (1893-1983), incontrato nel 1947 e definito da André Breton, padre del Surrealismo francese: «Il più surrealista di tutti noi», che ha ideato il Labirinto di sculture in materiali diversi, un giardino segreto in dialogo con la Fondation, davvero impressionante. Georges Braque (1882-1963) ha realizzato una vasca mosaicata e le vetrate della Cappella. Alexander Calder (1898-1976), scultore cinetico, ha sistemato in questo “simposio delle arti” i suoi dinamici Mobiles. Alberto Giacometti (1901-1966) ha riempito il cortile che porta il suo nome con filiformi e gigantesche sculture, uomini e donne che solitari camminano in uno spazio sospeso nel tempo, dove tutto è calma, bellezza e creatività.
Novità in Fondation Maeght
Il museo, dagli anni ’60 a oggi, ha ospitato 150 esposizioni, vanta oltre duecentomila visitatori ogni anno e ha investito nel suo ampliamento (500 metri quadri), affidato all’architetto italiano Silvio d’Ascia (Napoli, 1960). La nuova area, comprensiva di quattro sale collocate sotto la struttura esistente, si incastra perfettamente con l’edificio di Sert e si adatta per esporre a rotazione opere della collezione permanente, documentazioni fotografiche, epistolari e altri materiali destinati a diventare patrimonio dell’umanità. Questo ampliamento ricostruisce la fitta trama “umanistica” della Fondation Maeght, come testimonia la mostra in corso dedicata a Bonnard e Matisse, arricchita da lettere, piccoli disegni inediti, oggetti personali e altri documenti preziosi. In tutto si contano più di 300 opere esposte, in cui si scopre che non solo l’amicizia tra gli artisti e la coppia parigina è il valore aggiunto, ma come le idee condivise abbiano influito sul concetto di museo, dove al centro c’è l’individuo, l’artista nel suo modus operandi, oltre che il mercato. Ed è un suggerimento che funziona!