Pochi luoghi al mondo possono vantare gli scorci di Rio de Janeiro che, pur nelle sue eterne contraddizioni, resta la “città meravigliosa” che di fatto ha costruito il suo successo attraverso la sua anima mitica, il suo calore, la sua musica, il carnevale e, perché no, l’immagine di una città violentemente complicata. Ma della carioquice vi parleremo in un altro momento, per raccontarvi quello che succede collateralmente ad una delle fiere più belle, in senso assolutamente estetico, del mondo: ArtRio.
ArtRio che, pur essendo una fiera, non fa eccezione nel porsi in una dimensione “da cartolina” attraverso la quale osservare l’arte contemporanea. ArtRio che, quest’anno alla sua 14ma edizione, si svolge fino a domenica negli spazi della Marina da Glória, approdo per piccole imbarcazioni affacciato sulla Baia di Guanabara e il Pan di Zucchero, uno scenario che la rende probabilmente una fiera più unica che rara. La topografia degli stand, poi, aiuta a sua volta: una prima infilata di gallerie a comporre l’area di “Panorama”, ovvero le più forti del Brasile (da Almeida & Dale a Portas Vilaseca, da Nara Roesler a Estação, da Luisa Strina a Fortes D’Aloia & Gabriel, da Galatea a Zipper, da A Gentil Carioca a Millan) per poi uscire su una grande piazza di ristorazione, trasformatasi nella notte di apertura in un vero e proprio club con tanto di musica dal vivo, e un secondo padiglione che ospita le gallerie che partecipano con un solo show, le giovani a comporre la sezione del “Brasile Contemporaneo” e le istituzioni di Rio e del Paese in generale, dal MAR all’istituto Inhotim a raccontare le proprie novità. Dulcis in fundo, di nuovo all’esterno, quasi a picco sulla marina, un piccolo parco di sculture e di nuovo l’iconica Rio de Janeiro a invadere gli occhi.
Difficile pensare che un visitatore possa restare deluso, ma decisamente più complesso appare il lavoro di un gallerista, probabilmente, perché non sempre una bella fiera in senso estetico è garanzia di vendite. Eppure, nel diretto stile brasiliano – dove parlare di soldi, molti soldi, non è affatto un tabù e non si fa a denti stretti – sono moltissime le persone arrivate nelle prime ore dell’opening a fare comparazioni di prezzi e a chiedere informazioni. E a quanto pare per molti sta funzionando decisamente bene.
Per chi si stesse chiedendo se siamo di fronte a una fiera internazionale la risposta è no: ArtRio è lo specchio perfetto della brasilianità e potremmo azzardare nell’affermare che si tratta di una manifestazione culturale che ha l’anima carioca nel sangue: il lato del divertimento – nel senso del ben-estare – ha una impronta fondamentale.
E anche qui, come sempre da diverso tempo a questa parte, a livello di impatto, colpiscono maggiormente le gallerie della sezione “Solo”, dedicate appunto a progetti personali.
La galleria Aura di San Paolo porta in scena una nuova produzione dell’artista baiano Rommulo Vieira Conceição, una riflessione pitto-scultorica sul meticciaggio dell’architettura brasiliana, i cui encomiabili risultati razionalisti e addirittura “utopici”, mischiati con la natura tropicale profonda, hanno trovato spazio nella storia del ‘900, dimenticando però che il Brasile ha anche un’altra faccia interamente costruita di mattoni a vista e che occupa la maggior parte delle aree metropolitane di città come Salvador, Belém e della stessa Rio de Janeiro. Ma oggi, nel mondo globale, non è solo l’architettura a rappresentare il Paese più grande dell’America del Sud, ma anche le “onde economiche” che arrivano dell’Oriente, tanto Medio quanto Estremo, a solcare gli azulejos della vecchia Europa, oggi in fase di smantellamento per i nuovi BRICS. E Rommulo Vieira Conceição immagina le icone del futuro.
Da Marilia Razuk, San Paolo, c’è Bruno Faria (1981) che per l’occasione espone un progetto interamente dedicato alla costruzione del mito di Brasilia e di una identità nazionale: un’opera monumentale e decisamente concettuale, lontana dalle estetiche connesse alla riflessione sull’io e sui gruppi etnici e per questo interessante anche su un piano probabilmente più internazionalmente commerciale.
Rolando Anselmi è l’unica galleria italiana in fiera, escludendo Galleria Continua che batte il record di sedi nella placchetta identificativa dello stand. La galleria di Roma, a sua volta nella sezione “Solo” si presenta con un booth minimale dedicato al lavoro pittorico di Moris, artista messicano che, a sua volta racconta – attraverso una sovrapposizione di elementi come immagini di giornali, fumetti o fotografie – delle problematiche che scuotono le aree marginali e non di Città del Messico. Ma come una galleria italiana sceglie un porto brasiliano per fare una fiera? Anselmi afferma che si tratta di una congiunzione di elementi; alcune collaborazioni con artisti brasiliani, alcuni appuntamenti e un po’ di curiosità: perché, dunque, non sondare un po’ il terreno all’ombra del Cristo, nonostante qualche perplessità sull’organizzazione tecnica e la comunicazione verso gli addetti ai lavori?
Tra le gallerie di “Brasil Contemporaneo” ci sono alcune belle scoperte, come ad esempio Amparo60 di Recife e Karandash di Maceió, entrambe città “nordestine” e decisamente focalizzate su un’arte che richiama la grande tradizione storica e artigianale locale e, di fatto, non fanno eccezione le opere esposte di Vicente Ferreira e Roxinha Lisboa, pitture di dettagli che raccolgono dal folklore brasiliano la loro dimensione più interessante.
ArteFasam Galeria é invece di San Paolo e porta qui la giovane pittrice Ana Sant’Anna, di Salvador, le cui piccole tele marcano in maniera indelebile la luce miracolosa e barocca del tramonto nella Baia di Ognissanti, secondo leggenda la città con la luce solare più brillante del mondo.
Nella sezione “Panorama” importanti gli stand di Almeida & Dale e della sua affiliata carioca Flexa, con uno stand tutto femminile che conta con opere di Adriana Varejão e Lygia Pape, Anna Maria Maiolino e Ione Saldanha, tra le altre.
Pioniera nella promozione di artisti “popolari” e acuta nella capacità di associarli a personalità più legate al contemporaneo, capace di rompere i tabù e gli stereotipi legati alle “provenienze” è Vilma Eid, fondatrice della Galeria Estação di San Paolo che ad ArtRio mischia le sculture in tessuto del giovane Higo José e quelle in legno di Itamar Julião, i ritratti di Rafael Pereira con le grandi “nature” in legno di Santidio Pereira, già esposte a Milano in occasione di “Siamo Foresta”, mostra promossa dalla Fondation Cartier alla Triennale.
Fortes D’Aloia & Gabriel (SP) tra gli altri nomi, ha Leda Catunda, protagonista anche di una mostra personale alla Carpintaria della Scuola di Belle Arte del Parque Lage, a omaggiare i quarant’anni dalla nascita del Movimento della Geração 80, il ritorno alla pittura in salsa brasiliana che nacque proprio a Rio de Janeiro, mentre Mendes Wood DM, schiera tutti i suoi cavalli vincenti, incluindo una serie di lavori razionali e poetici dell’artista giapponese Kishio Suga.
Infine, una bella scoperta: Portas Vilaseca (RJ) espone per la prima volta Romildo Rocha, nativo di São Luis – capitale dello stato del Maranhão, che crea pitture che omaggiano e celebrano la sua cultura di origine con una forte influenza derivata dalla xilografia, dalla letteratura di cordel (brevi storie popolari stampate in piccoli ed economici libretti) e dalla azulejaria portoghese, con un risultato figurativo sorprendente. Insomma, non sarà Basilea, ma c’è decisamente di peggio.