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Roma e i “presagi”: Wynnie Mynerva alla Fondazione Memmo

Tesoros, 2024 270 x 150 x 124 cm vetro soffiato, legno e pittura acrilica Courtesy l’artista e Fondazione Memmo Ph. Daniele Molajoli
Wynnie Mynerva, Presagio, veduta della mostra, Courtesy l’artista e Fondazione Memmo, Ph. Daniele Molajoli
È la città di Roma, con storie intricate, tra arte e religione, ad accogliere “Presagio”, l’ultimo capitolo della ricerca di Wynnie Mynerva, già protagonista nel 2023, della personale “The Original Riot” al New Museum di New York. Nelle ex scuderie di Palazzo Ruspoli, presso la Fondazione Memmo, in mostra la prima esposizione italiana dell’artista a cura di Alessio Antoniolli, con un corpus di opere realizzato nell’ambito della sua residenza romana.

Tra gli spazi della Fondazione, le vibranti direzioni dell’opera di Mynerva costruiscono un ambiente organico e vivifico. Come snodi epifanici, le tre sale accompagnano il soggetto verso la rivelazione corporale e liberatoria dell’Io, scivolato dallo stato narcisistico del nome proprio verso la soglia gloriosa del cosmico e dell’universale. L’esperienza della malattia – condizione rumorosa che sconvolge il suo quotidiano – è risolta dall’artista in una disubbidiente alleanza con il corpo infermo. Mynerva, nell’improbabile pace con la sua condizione, resiste alla dominante narrazione sul corpo, oltre i costumi e i dogmi religiosi.

Michail Bachtin in L’opera di Rabelais e la cultura popolare individua nelle espressioni comico-carnevalesche la manifesta disobbedienza della massa. La classe subalterna, durante il Carnevale, si fa beffa della gerarchia sociale, attingendo, anche con il corpo, al tempo ciclico dell’universo per annullare i destini tragici della realtà ufficiale. Il ricorrere ciclico, libera e rivitalizza le soggettività. Il basso materiale corporeo è, per il critico russo, permeato da questo ritornare. Nel basso del ventre materno, della riproduzione e della terra, si consuma l’ambivalenza del divenire: non c’è morte senza vita, non c’è fine senza inizio. Così che il corpo possa rinvigorire anche nella malattia; così che l’uomo non conosca né scomparsa né paura. Una affine esorcizzazione scuote la torma di corpi di Mynerva, sfuggiti ai confini manichei e tragici, che il canone esige e che l’immagine nera della malattia propone. Mynerva si libera della distinzione binaria sano/malato, attingendo al sommesso e alla sua viscerale appartenenza collettiva, cosmica e universale; supera così le narrazioni mortificanti, rivitalizza il corpo e manifesta l’apertura verso un nuovo inizio.

Tesoros, 2024, 270 x 150 x 124 cm, vetro soffiato, legno e pittura acrilica, Courtesy l’artista e Fondazione Memmo, Ph. Daniele Molajoli

I disegni della serie El Fantasma, veloci corpi plumbei realizzati in carboncino su grandi fogli bianchi, infestano la prima sala. Il carboncino – nuovo medium per Mynerva – non concede correzioni, ogni tratto è il risultato di lunga concentrazione e rara precisione. Il segno, nero e irrimediabile, manifesta la spettrale scoperta della malattia. Per la seconda sala, nell’intenso blu cobalto del soffitto, si agitano quattro tele tonde; le dense pennellate costruiscono costellazioni e cosmografie organiche, Cassiopea, Andromeda, Idra e Berenice, in cui proliferano fluidamente parti del sistema digestivo, respiratorio, nervoso e muscolare. Il sommesso e il proibito dell’interno del corpo o il bassissimo – dell’alluce di A. Boiffard – emerso in piedi che scalciano, permutano nel cosmo e nello spirito, in cui il corpo e il suo malanno, non sono più bersagli da aggredire o castrare. Al rovesciamento basso-alto, partecipa, con eleganza, la collocazione dei tondi e lo sguardo del fruitore, costretto ad incontrarli sopra l’orizzonte.

Nel turchino scrigno dell’ultima stanza è riposto con cura un ecosistema di cristallini esseri amorfi a metà tra piante, animali e componenti umane. Sulle capillari pareti in vetro, pensate per contenere il sangue dell’artista, sostano in pace il materico e l’ideale. Non solo il sangue, ma anche la plastica a soffio del vetro, lasciano una traccia corporea, partecipando alla rinnovata verità della malattia, che splende ora tra il luccichio dei cristalli. Dopo la spettrale apparizione, la permutazione gloriosa e liberatoria del corpo offeso, Mynerva custodisce nella stanza più piccola, una delicata alchimia; corpo a corpo, tra sangue e fiato, rivela allo spettatore la bellezza di un nuovo inizio, combinato alla natura e all’universo.

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