Studente di Mark Rothko, amante di Beauford Delaney, sostenitore di Jack Whitten, veterano della Seconda Guerra Mondiale. La mostra in corso a Londra presso Amar Gallery regala la riscoperta di un artista profondo, nella vita come nell’opera.
Lawrence Calcagno è una figura complessa e, forse proprio per questo, estremamente affascinante. La sua biografia è attraversata più volte dalla Storia con la “S” maiuscola; eppure, sembra che lui abbia faticato a entrarci. Non sono bastate nove esposizioni alle Biennali Whitney a consacrarlo nell’olimpo degli artisti americani che lasciarono il segno in quegli anni. Così ha deciso di provarci Amar Gallery, la galleria di Londra fondata nel lontano 2017 da Amar Singh, art dealer e attivista che ha concentrato i suoi sforzi sui diritti delle donne e sui diritti LGBT in India.
La mostra “Redux”, in corso fino al 3 novembre 2024, omaggia Calcagno come artista e uomo. Due facce della stessa medaglia che, nel caso di Calcagno, appaiono più che mai inscindibili. Calcagno è infatti un raro esempio di resilienza e impegno sociale nel panorama artistico americano di quegli anni.
Noto al pubblico come un pittore associato alla San Francisco School of Abstract Expressionism, Calcagno vuole modellare il mondo: la sua pennellata gestuale e l’impeto con cui gestisce la materia sulla tela riflettono il suo regalarsi al mondo attraverso l’attivismo. Nato nel 1913 a Potrero Hill, nei pressi di San Francisco, da una famiglia di immigrati italiani, Calcagno trova nella pittura una forma di espressione e una via di fuga. Nel 1935 decide di lasciare la fattoria di famiglia per arruolarsi nella marina mercantile, iniziando un viaggio che lo porterà fino in Asia.
Nel 1941, all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, entra nell’United States Army Air Corps. Durante i tre anni di servizio inizia a disegnare, e il suo talento emerge tra le fila dei commilitoni, tanto da fargli vincere il primo premio nel concorso nazionale d’arte dell’esercito con il disegno “Watch in the Night.” Tornato dalla guerra, beneficia del Servicemen’s Readjustment Act del 1944, una legge che offre vantaggi ai veterani per facilitarne il reinserimento. Così, nel 1947, si iscrive finalmente alla California School of Fine Arts, dove ha l’opportunità di imparare da figure iconiche del XX secolo come Mark Rothko e Clyfford Still.
Arrivano poi il sogno europeo, l’Académie de la Grande Chaumière di Parigi, e con Parigi arriva anche l’amore: stringe un legame speciale con Beauford Delaney, pittore modernista americano che presto si trasforma in una relazione romantica. In un’epoca in cui le relazioni interrazziali e omosessuali erano stigmatizzate, la loro unione diventa per entrambi un atto di ribellione, un modo per affermare la propria identità.
Allo stesso modo, collabora negli anni successivi con artisti di spicco come Jack Whitten, Romare Bearden e Jacob Lawrence, garantendo finanziamenti dalla John Hay Whitney Fellowship e dimostrando il suo impegno per la giustizia sociale, particolarmente rilevante durante il movimento per i diritti civili.
La mostra non è solo un omaggio a un uomo coraggioso e a un maestro dell’arte, capace di trasmettere con la sua pennellata un potente senso di liberazione, creando un’intima connessione con il pubblico. È anche un’importante opportunità per riflettere sulle figure che hanno avuto accesso alla storia ufficiale dell’arte e tutte quelle che ne sono rimaste ai margini.
Negli ultimi anni, gli storici si sono allontanati da una narrazione della storia dell’arte restrittiva, influenzata dalla fama e spesso poco utile alla ricostruzione dello zeitgeist creativo di un dato periodo. La novità è trovare questo discorso all’interno della programmazione di una galleria. Con una programmazione che va dalla riscoperta di Dora Maar a quella di Lawrence Calcagno, se qualcuno nel mercato ha accettato questa sfida, è Amar Singh.