L’Archivio Rachele Bianchi, fondato nel 2019 a Milano, è uno spazio dedicato alla conservazione e valorizzazione dell’opera di una delle scultrici più significative del Novecento italiano. Situato in via Legnano, l’Archivio non si limita a custodire la memoria dell’artista (1925-2018), ma si propone come luogo di dialogo tra l’arte del passato e le espressioni contemporanee. Oltre a preservare le sue sculture, lo spazio organizza mostre, eventi e collaborazioni che mettono in contatto il lavoro di Rachele Bianchi con nuovi talenti, offrendo uno spazio dove la riflessione sulla condizione umana può continuare a evolversi.
Rachele Bianchi ha dedicato la sua carriera artistica a esplorare la complessità dell’identità femminile, ponendo il corpo al centro della sua ricerca. Le sue sculture sono caratterizzate da forme morbide e potenti, che richiamano gusci protettivi, armature e architetture in miniatura. Le figure da lei scolpite non sono solo corpi, ma veri e propri contenitori di esperienze e significati. Attraverso di esse, l’artista ha indagato la forza e la vulnerabilità della donna, intesa come madre, figlia e custode di memorie collettive.
Si tratta di un lavoro che si distingue per un linguaggio che trova le sue radici nella statuaria classica e nella scultura del Novecento, pur sviluppando un’estetica personale che mescola morbidezza e rigore. Le sue figure sono talvolta avvolte in pieghe fluide, simili a drappi vegetali, altre volte incise con geometrie severe, quasi fossero sarcofagi o architetture di difesa. Questo dualismo tra protezione e costrizione riflette l’esperienza femminile come spazio ambivalente di forza e fragilità.
In linea con questa eredità, l’Archivio Rachele Bianchi ospita mostre che amplificano il dialogo tra le sue opere e quelle di artisti contemporanei. La mostra attualmente in corso, RETI 2024, curata da Alessandra Redaelli, ne è un esempio emblematico. Le opere di Paolo Cancelliere, Luca Cecioni e Claudio Magrassi si confrontano con il lascito della scultrice, esplorando a loro volta il corpo come luogo di trasformazione e identità.
Uno spazio che si presenta come custode del passato, ma anche come spazio dinamico, dove l’arte diventa strumento di dialogo, memoria e trasformazione.