Il 10 ottobre ha inaugurato all’Orto Botanico di Roma Paradise Bank, un’installazione site-specific di Lucas Memmola, a cura del progetto curatoriale Tramandars e promossa dalla FAO.
Situata all’interno di una delle serre, si mostra al visitatore come un grande cubo bianco impenetrabile su tutti i lati, ad eccezione dell’unica porta d’ingresso. Varcata la soglia, ci troviamo in una prima stanza dall’atmosfera asettica: luce bianca al neon, un allestimento sintetico sottolineato da pochi elementi. Una gonna di paglia, un arco, due frecce e una spada per rituali ricevute in regalo da una comunità indigena dell’Amazzonia; su un carrello in acciaio, una cassetta portavalori contenente semi di açaí, cacao, guaranà e noci brasiliane. L’ambiente, privo di ogni comfort visivo, richiama, nell’immaginario dell’artista, l’ingresso di una banca. Un luogo misurato, inospitale, di sospensione e ispezione che prepara al cuore della struttura. Spinti da un sentimento di totale estraneità, si tenta la fuga attraverso la porta successiva. Nel secondo spazio, Memmola, riproduce un caveau con cassette di sicurezza su tutte le pareti, da terra al soffitto. Dalle fessure filtra luce calda e accogliente e i suoni della foresta lasciano immaginare di essere nel cuore pulsante della foresta pluviale. Il secondo ambiente, snodo centrale dell’opera, produce un effetto palliativo-rigenerante ai sensi del visitatore che sembrano ridestarsi dopo l’assopimento indotto dall’esperienza immediatamente precedente.
L’artista italo-brasiliano si propone di sensibilizzare il pubblico alla tutela della foresta Amazzonica e alla biodiversità custodita al suo interno, evidenziando una ricchezza e una fragilità tali da dover essere custodite in un caveau di una banca. Con un’esperienza immersiva riesce ad isolare completamente chi entra dalla realtà frenetica e caotica dell’Urbe, catapultandolo a quasi diecimila chilometri di distanza, anche solo per pochi attimi. In un periodo storico macchiato da sfrenato consumismo, sovrapproduzione e speculazione, l’installazione di Lucas Memmola, come una bussola, si carica dell’onere di invertire la rotta intrapresa dal genere umano. Il progetto propone un canone di ricchezza alternativo in un sistema sempre più incentrato sull’accumulo compulsivo di beni materiali e denaro.
Da un lato la foresta pluviale come patrimonio da proteggere, dall’altro il mondo artificiale e artificioso creato dall’uomo che trasforma in ricchezza cumulabile ogni risorsa che vede. Il forte sbilanciamento di tale binomio, cui assistiamo nella vita quotidiana, è il fulcro della denuncia dell’artista. La deforestazione, la sovrapproduzione di specifiche colture a discapito di altre, il rischio per l’equilibrio di un delicato ecosistema di essere soppiantato dalla logica del guadagno e della speculazione sono tematiche assolutamente attuali nello scenario geopolitico internazionale, in cui gli artisti possono rivestire un ruolo chiave non solo nell’interpretazione degli accadimenti quanto nella capacità di esprimere quelle stesse problematiche con linguaggi universali.
L’opera si inserisce nel World Food Forum, lanciato nel 2021 e ospitato dalla FAO, una piattaforma globale indipendente che ha come obiettivo quello di trasformare i sistemi agroalimentari per renderli più sostenibili e inclusivi. La tutela delle foreste, elemento centrale nel dibattito del WFF, gioca un ruolo cruciale nella lotta al cambiamento climatico e nella protezione della biodiversità e la loro conservazione è essenziale per garantire la sicurezza alimentare e il benessere delle future generazioni.