
Nel cuore industriale di Vinegar Hill, un magazzino anonimo si trasforma in un caleidoscopio gonfiabile: è Keff Joons, l’ultima creazione dell’artista australiana CJ Hendry, un’esperienza sospesa tra arte contemporanea, gioco infantile e fantasia surreale.
Una massa tentacolare composta da 50 enormi sculture ad aria si erge al centro dello spazio espositivo. Alta sei metri, l’installazione, che richiama ironicamente le celebri balloon dogs di Jeff Koons, invita i visitatori a un’immersione sensoriale totale, perché non si osserva da lontano, si vive, si scala, si attraversa e si ascolta – nel suono del vinile che scricchiola sotto i piedi, mentre l’eco delle risate dei fruitori (grandi e piccini) rimbalza sulle pareti bianche e imbottite.

Il titolo, Keff Joons, è già una dichiarazione d’intenti: una storpiatura beffarda che mette in discussione l’estetica pop iper-patinata, proponendo invece un’arte che si fa corpo e contatto. Non a caso, al centro della mostra non ci sono solo i palloncini giganti, ma anche nove disegni iperrealistici di altrettanti palloncini, realizzati con una precisione quasi maniacale. Ed è proprio quel contrasto tra la materialità della grafite e la leggerezza dell’aria che crea un cortocircuito affascinante.

Perché questa non è solo una mostra “partecipativa” e goliardica, è un invito a lasciarsi andare, a riscoprire il corpo come veicolo di gioco, e a vivere l’arte non solo con gli occhi, ma con ogni centimetro della propria pelle.
Infatti l’artista qui – come ha fatto anche in molti dei suoi progetti precedenti, dalle stanze Pantone alla piscina nel deserto – costruisce non solo un’opera, ma un vero e proprio mondo dinamico e vivo. Perchè “dietro le quinte” c’è una macchina produttiva che lavora ogni notte per sgonfiare, pulire e rigonfiare ogni singolo elemento dell’installazione. Un processo, in parte meccanico in parte umano, che garantisce l’integrità di un’opera tanto fragile quanto viva.















