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“Adapted Sceneries”: da Torino a Gwangju, e ritorno

Heo Baekryeon Painting of Bronze Vessels and Flowering Plants 1950 circa
Kim Hoseok, The History of the Gwangju Democratic Uprising 2, 2000
Fino al prossimo 7 settembre il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino presenta la mostra “Adapted Sceneries”, dedicata alla pittura di paesaggio coreana. La mostra è affidata alla curatela di Ik Yun e Hyeokjin Lee con Davide Quadrio, direttore del museo, e Anna Musini. L’evento è realizzato in collaborazione con il Gwangju Museum of Art.

Gwangju è una delle più grandi città della Corea ed è situata nella provincia di Jeollanam-do. La sua storia è legata alla lotta per la democrazia contro la dittatura, un tempo vigente in Corea del Sud. In particolare, la città fu teatro di una dura lotta condotta dal Movimento di Democratizzazione e sfociata in una sanguinosa rivolta il 18 maggio 1980. La mostra attualmente in corso al MAO comprende una serie di opere pittoriche, alcune prodotte per l’occasione, che s’ispirano alla resistenza della città coreana e insieme rendono conto della cultura e poesia della cultura di quel paese, con una particolare attenzione alla pittura di paesaggio. L’esposizione s’inscrive all’interno del progetto Cultural City Gwangju 2025 che prevede una serie di scambi artisti e culturali tra la città coreana di Gwangiu e Torino, com’è noto anch’essa, in altro contesto, medaglia d’oro per la resistenza.
Ma Gwangju ha anche un’altra caratteristica. In Corea è nota come “la città dell’arte” e le opere esposte in questa mostra ne restituiscono un’immagine di grande vivacità culturale e intensità anche poetica, in cui s’incontrano le più moderne innovazioni e le tradizioni più antiche.
Le opere in mostra sono, infatti, sia di artisti che lavorano con i metodi e i linguaggi tradizionali (Heo Ryeon, Heo Baekryeon e Heo Hangmyeon), sia ispirati ad un linguaggio più moderno e in linea con le tendenze più contemporanee (Lee Sunbok, Heo Dalyong e Hong Sungmin). Tutti i lavori sono orientati su due tematiche principali: da un lato il paesaggio, nei modi e secondo le tecniche antiche e moderne; dall’altro la celebrazione e memoria della resistenza e la lotta per la democrazia degli anni ’80 dello scorso secolo.

Heo Baekryeon, Painting of Bronze Vessels and Flowering Plants, 1950 circa

L’aspetto moderno e poetico è prevalente nei lavori ad inchiostro su carta, che riecheggiano le antiche simbologie e tradizioni. Il linguaggio iconico, fatto di brevi tratti d’inchiostro capaci di dare vita a interi mondi, affascina visitatrici e visitatori, invitandoli ad andare oltre le apparenze e a scoprire le antiche simbologie orientali e coreane senza sovrapporre la loro simbologia e cultura alla nostra lettura occidentale.
Impariamo, così, che la tigre, che da noi rappresenta aggressività e forza anche violenta, nella cultura coreana simboleggia invece la protezione della famiglia e del proprio spazio intimo e privato. Ecco che allora la tigre che ruba la luna (come recita il titolo di un’opera in mostra nella sala al primo piano) non è affatto un’immagine predatoria o aggressiva, ma anzi rappresenta una benedizione, la protezione su sogni e speranze.
Allo stesso modo, un’altra tigre appollaiata su una pila di pietre significa la protezione delle preghiere e delle speranze. È infatti in uso nella religione tradizionale del luogo disporre delle pietruzze una sopra l’altra per accompagnare le preghiere, e così lasciarne un segno tangibile all’interno del tempio, quasi come se le pietre, poste una sopra l’altra, potessero innalzare il desiderio umano fino a Dio.
I paesaggi che appaiono dipinti nelle opere sono a loro volta in parte legati alla tradizione, testimoniando il modo in cui erano, e in parte sono ancora costruiti gli antichi villaggi, mentre in parte narrano del mondo naturale di quei luoghi con un linguaggio non meno poetico, ma forse più attuale e contemporaneo.
La mostra costituisce il primo passo di uno scambio culturale con la città di Torino, che porterà il prossimo anno ad una mostra di artisti italiani al museo di Gwangju.

Heo Hangmyeon, View of Baekyangsa Temple, 1942

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