
Annunciato il Leone d’Argento al Teatro della Biennale di Venezia: è Ursina Lardi, in scena con Die Seherin (La veggente), di cui è autrice insieme a Milo Rau. Solo pochi giorni fa, consegnato anche il Leone d’Oro alla carriera a Elizabeth LeCompte
“Attrice dalla cifra sempre intensa, disponibile a mettersi in gioco aderendo a piani registici di diversa prospettiva – recita la motivazione – Ursina Lardi sta connotando in chiave sempre più autoriale la propria creatività d’attrice”
L’interprete-autrice svizzera ha ricevuto il premio questa mattina nella Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian dal Ministro della Cultura Alessandro Giuli, dal Presidente Pietrangelo Buttafuoco e dal Direttore Artistico Willem Dafoe.
“In tutti i personaggi che ha affrontato – dalla Salomè di Einar Schleef a Maria Braun di Fassbinder, da Ljuba del Giardino cechoviano a molti altri – Ursina Lardi ha avuto l’infinita grazia e la dolorosa consapevolezza di connotare di grande umanità ogni singola battuta, ogni sfumatura di testi, siano essi classici o contemporanei”, si legge nella nota ufficiale.
Classe 1970, originaria di Samedan, nella svizzera Engadina, Ursina Lardi incarna una presenza scenica magnetica, intelligente, sempre in bilico tra forza e vulnerabilità. A 22 anni lascia le montagne per trasferirsi a Berlino, dove si forma alla celebre Accademia Ernst Busch. Da lì in avanti, il suo percorso artistico si snoda tra teatro, cinema e televisione, con una costante: un’intensità interpretativa che lascia il segno.
Dal 2012 è una delle colonne portanti della Schaubühne am Lehniner Platz, tempio berlinese del teatro contemporaneo. Qui lavora fianco a fianco con giganti della regia come Thomas Ostermeier, Katie Mitchell, Luk Perceval, Alvis Hermanis, Romeo Castellucci e Milo Rau, con il quale condivide quattro produzioni che hanno segnato la scena europea: Compassion, Lenin, Everywoman e il nuovissimo Die Seherin, atteso tra Vienna e Venezia nel giugno 2025.
La sua lunga collaborazione con il regista indipendente Thorsten Lensing l’ha portata su territori teatrali spericolati e profondi: da Il giardino dei ciliegi ai Fratelli Karamazov, fino al vertiginoso Infinite Jest e all’ipnotico Crazy for Comfort.
Al cinema, ha conquistato la ribalta internazionale con ruoli di grande impatto: su tutti, quello ne Il nastro bianco di Michael Haneke (Palma d’Oro a Cannes), ma anche in Lore di Cate Shortland e in Der namenlose Tag di Volker Schlöndorff. Interprete raffinata e potente, ha ricevuto alcuni dei massimi riconoscimenti europei: il Premio del Fondo Culturale Eliette von Karajan, il Premio del Cinema Svizzero come miglior attrice e l’ambito Anello Hans Reinhart, la massima onorificenza svizzera per il teatro.
Ursina Lardi è una figura emblematica del nostro tempo: un’attrice che abita i personaggi con il corpo, la voce, la mente – e soprattutto, con una verità che non fa mai sconti.

Il primo giugno, invece, era stato consegnato il Leone d’Oro alla carriera a Elizabeth LeCompte, fondatrice di The Wooster Group, storica compagnia fondata con Spalding Gray agli inizi degli anni Settanta del Novecento.
La regista, o “creatrice di teatro” – come ama definirsi – crea produzioni destinate a diventare punto di riferimento del teatro d’avanguardia, integrando i codici della musica, della pittura, della danza e dei media.
“Il teatro è ‘un’azione fisica’,” secondo LeCompte, “da fare orgogliosamente e ostinatamente fuori dal sistema produttivo americano, in una continua battaglia per l’indipendenza creativa, individuale e collettiva”.
Nata e cresciuta nel cuore del New Jersey, Elizabeth LeCompte è una delle menti più dirompenti e visionarie del teatro sperimentale americano. Laureata in Belle Arti allo Skidmore College, negli anni ’70 incontra Willem Dafoe al leggendario collettivo The Performance Group, e da quel momento la sua vita artistica prende una direzione inarrestabile. Insieme a Dafoe – con cui condivide anche una relazione personale e un figlio, Jack, nato nel 1982 – LeCompte getta le fondamenta di quello che diventerà uno dei gruppi teatrali più innovativi del panorama internazionale: The Wooster Group.
Da Sakonnet Point (1975) in poi, LeCompte ha diretto, composto e progettato oltre quaranta opere che fondono teatro, danza, cinema e video, in un linguaggio ibrido dove la tecnologia multimediale diventa protagonista quanto gli attori. La sua firma è inconfondibile: rielaborazioni radicali dei classici – da Amleto a L’Imperatore Jones – convivono con creazioni originali che attingono alle arti visive, all’architettura, alla cultura pop e alla storia.
Con artisti del calibro di Spalding Gray, Jim Clayburgh, Kate Valk e Ron Vawter ha dato vita a un collettivo che ha ridisegnato i confini del teatro contemporaneo, tanto da essere inserita nel volume di Mitter e Shevtsova tra i 50 registi teatrali più influenti del mondo. Per il New Yorker, è “la prima tra pari” tra le leggende dell’avanguardia, da Richard Foreman a Robert Wilson.
Instancabile anche come formatrice, ha insegnato nelle più prestigiose università americane – Yale, Columbia, MIT, NYU – e ricevuto riconoscimenti di altissimo profilo, tra cui la MacArthur Fellowship, il titolo di Chevalier des Arts et des Lettres, una Guggenheim Fellowship e il Premio Gish. Nel 2018, il New York Times ha inserito il suo House/Lights tra le venti opere americane più significative dai tempi di Angels in America.
Un’artista totale, una pioniera, una vera architetta della scena: Elizabeth LeCompte non ha semplicemente fatto teatro – lo ha reinventato.














