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La Paquita di Lacotte alla Scala, un diamante del balletto classico 

Martina Arduino e il Corpo di Ballo. Foto Brescia - Amisano
Martina Arduino e il Corpo di Ballo. Foto Brescia – Amisano

Ricostruire Paquita era qualcosa che stava molto a cuore a Pierre Lacotte, che aveva avuto la fortuna, come lui stesso afferma, di essere un allievo di Ljubov Egorova, che la danzò sotto la direzione di Marius Petipa nei primi Novecento e di Carlotta Zambelli che si esibì in questo balletto a San Pietroburgo nel 1901. Un balletto la cui ricostruzione si basa sulla partitura orchestrale di Ernest Deldevez, conservata presso la biblioteca dell’Opera di Parigi, composta dall’autore a soli 29 anni, nel 1846, a cui Ludwig Minkus, compositore ufficiale del balletto del Boshoi di Mosca, fece delle aggiunte. Una musica dal fraseggio elegante “ben ritmata, mai troppo chiassosa, ricca di motivi che rivela un talento schietto e garbato” come scrisse nella sua recensione del 6 aprile 1846 Theophile Gautier, una musica che richiede ai danzatori forse meno lirismo di altre, quanto invece una particolare vivacità.

Paquita, come altri balletti romantici, non è un semplice divertissement, ma ha una storia da raccontare, dei ruoli da interpretare, possiamo dire che prima di tutto è uno spettacolo teatrale. Qui la pantomima è molto importante, fondamentale, e non si basa su semplici gesti. Qui i gesti devono sostituire le parole e pertanto devono essere significativi, come afferma lo stesso Lacotte. E la sua ricostruzione punta ad un allestimento alla maniera dell’epoca, per questo è così preziosa ed affascinante.

La Compagnia della Scala in questo spettacolo, che ha debuttato l’11 giugno a Milano e resterà in scena fino a giovedì 26, ha dato gran prova di sé, dai solisti all’intero corpo di ballo impegnato in lunghe sequenze tanto veloci quanto complicate da un punto di vista tecnico. Insomma una compagnia che sembra godere di gran forma, grazie indubbiamente al precedente lavoro fatto da Manuel Legris, ma anche dall’attuale direttore Frederic Olivieri che ancor più di Legris conosce le potenzialità dei danzatori da lui stesso formati nell’Accademia che dirige da anni.

Ottima la scelta di far danzare insieme Martina Arduino e Timofej Andrijashenko (serata di martedì 17 giugno) belli d’aspetto e bravi nelle loro difficili esecuzioni degli infiniti passi a due, soprattutto nell’ultimo atto. Alla Arduino si riconosce anche una grande capacità mimica, già riscontrata nel balletto Coppelia nella Stagione 2023-24, con la quale è sempre in grado di interpretare con garbo ed efficacia  la gestualità che i balletti narrativi richiedono.

Martina Arduino. Foto Brescia – Amisano

Un plauso anche all’esecuzione di Darius Gramada nel Passo a tre del I atto assieme a Maria Celeste Losa e Gaia Andreanò. Ballerino al momento solo facente parte del corpo di ballo, ma di cui si intravede una brillante carriera da solista per le sue doti tecniche: forte, dinamico, ottimo nei salti.

Da non tralasciare ed anzi sottolineare la prestazione delle 12 coppie di allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala, interpreti fra l’altro della famosa e ambita mazurka des enfants del secondo atto. Un brano che evidenzia già la loro eccellente preparazione e che sin dai tempi antichi era l’ambizione di tutti gli allevi delle varie accademia, come ricordò anche Tamara Karsavina, stella imperiale e dei Ballets Russes nonché dal  1930 al 1935 vicepresidente dell’Accademia di danza inglese.

Ineccepibile la direzione di Paul Connelly, grande conoscitore della musica da balletto, voluto da Baryshnikov come direttore principale all’American Ballet Theatre, che ha saputo dare alla ricostruzione della partitura tutto il fascino e la brillantezza nati dalla penna di Deldevez e dal suo modo particolare di sviluppare un’idea, in connubio perfetto coi danzatori sul palco. 

Splendidi i costumi di Luisa Spinatelli, frutto del lavoro di creazione e ricerca realizzato a fianco di Lacotte.

Una Paquita che si è conclusa con grande apprezzamento del pubblico (teatro pieno come sempre) fra cui qualcuno che ha avuto anche il coraggio di gridare “bis”, forse non rendendosi conto della fatica che comporta per i ballerini sostenere due ore di danza del genere. 

Martina Arduino, Timofej Andrijashenko e il Corpo di Ballo. Foto Brescia – Amisano

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