Verde-Distância: un nome che è già dichiarazione poetica, geografica e politica. Così si intitola la Seconda Bienal das Amazonias (2BDA) che si svolgerà dal 29 agosto al 30 novembre 2025 a Belém.
Ispirata dalle parole dello scrittore amazzonico Benedicto Monteiro, la biennale si sviluppa intorno al concetto di una distanza che non divide, ma unisce. Un progetto corale che intreccia arte contemporanea, ecologia, spiritualità e attivismo politico, dando vita a un appuntamento che è spazio vivo di confronto e riflessione. Con oltre 70 artisti e collettivi provenienti dai territori panamazzonici e caraibici, la Biennale traccia costellazioni di voci che si muovono tra sogni, memoria e accento.
La mostra infatti si articola attorno a tre forze concettuali: Sonhos (Sogni) – intesi non come evasione simbolica, ma come forma sensibile e incarnata di conoscenza; Memória (Memoria) – come gesto, corpo e territorio, archiviata nella pelle e nella terra; Sotaque (Accento) – che si muove tra le voci migranti, carico di fratture storiche e geografie in transito.
Ogni sezione è un invito a risintonizzarsi con le vibrazioni di mondi spesso silenziati, ascoltando ciò che normalmente resta ai margini: lingue minoritarie, saperi ancestrali, pratiche decoloniali e forme artistiche che emergono da comunità resistenti.
Verde-Distância espande la nozione di Amazzonia oltre la giungla, raccontandola come una rete viva che comprende città rurali, acque fluviali e marine, ghiacci andini e onde sonore afro-caraibiche. La geografia diventa così un archivio in movimento, fatto di segni, risonanze, conflitti e trasformazioni. La curatela evita qualsiasi visione esotica o pacificata della regione: ciò che emerge è una tensione costante tra resilienza e depredazione, immaginazione e sfruttamento, sopravvivenza e dissidenza.

“Questa biennale non cerca soluzioni” affermano i curatori, “ma crea uno spazio per i conflitti, le fratture, le tensioni irrisolte”. È una scelta precisa: mettere al centro le cicatrici lasciate dal colonialismo, dall’estrattivismo e dalla marginalizzazione storica, senza sterilizzarle in estetica.
Il progetto è curato da un team internazionale e transdisciplinare: Manuela Moscoso (Curatrice Capo), Sara Garzón (Curatrice Associata), Jean da Silva (Co-curatore del Programma Pubblico) e Mónica Amieva (Curatrice Pedagogica). L’identità visiva è firmata da Priscila Clementti in collaborazione con Bonikta, mentre l’architettura espositiva è di Isabel Xavier.
Tra i nomi presenti, troviamo figure affermate e voci emergenti come Ana María Millán, Joseca Yanomami, Keisha Scarville, Remy Jungerman, Rubén Elías Barrios Rodríguez, Olinda Silvano, Paty Wolff, Jaider Esbell, solo per citarne alcuni. Le opere – installazioni, video, pittura, performance, tessitura, suono – costruiscono una narrazione collettiva, plurilingue e multidimensionale.
In un tempo in cui l’Amazzonia è spesso raccontata solo in termini di crisi climatica o minaccia ecologica, Verde-Distância restituisce complessità, bellezza e urgenza a questo immenso ecosistema umano e naturale. Una biennale che non si visita soltanto: si attraversa, si ascolta e sì, anche si “sogna”.













