
Un prezioso mosaico erotico di epoca romana, sottratto durante la Seconda Guerra Mondiale da un capitano della Wehrmacht, è finalmente tornato a Pompei. Un ritorno che sa di giustizia sia storica e che culturale.
Dopo decenni di silenzio, l’opera raffigurante una coppia di amanti è stata restituita martedì al Parco Archeologico di Pompei, grazie a un’operazione diplomatica tra Italia e Germania. A orchestrare il rientro è stato il Consolato italiano a Stoccarda, dopo che gli eredi dell’ultimo proprietario tedesco – venuto a mancare – hanno scelto di restituire spontaneamente il manufatto, contattando il Nucleo dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Roma.
Il mosaico, classificato come di “straordinario interesse culturale”, era stato donato al precedente proprietario da un ufficiale della Wehrmacht (nome delle forze armate della Germania del periodo nazista) impegnato in Italia nella catena di rifornimento durante il conflitto. A distanza di 80 anni, l’opera è ora esposta nell’auditorium del Parco Archeologico, in tutta la sua intensa bellezza.
“È il momento in cui il tema dell’amore domestico entra per la prima volta nell’arte” ha spiegato Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco e coautore di un saggio dedicato al mosaico. “Se il periodo ellenistico celebrava la passione eroica e mitologica, quest’opera mostra un’intimità diversa, più quotidiana, più umana”.
Dietro il recupero, una collaborazione certosina tra i restauratori del parco e i Carabinieri, nonostante la scarsità di dati sull’esatto contesto di ritrovamento. Il mosaico risale al I secolo d.C., poco prima che l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. seppellisse la città.
“Questa restituzione è come una ferita che finalmente si rimargina” ha commentato ancora Zuchtriegel. E aggiunge: “È anche un segno di cambiamento: il senso di possesso si trasforma in un peso morale. C’è chi sente addosso la cosiddetta maledizione di Pompei… Riceviamo lettere da persone che ci restituiscono anche solo una pietra, colti dal rimorso”.
Un’opera ritrovata, una storia che si ricompone. E una Pompei che, ancora una volta, si conferma custode silenziosa e potente di memorie millenarie.













