
Erano di “provenienza solida”. Ora sono solo “un esperimento curatoriale”. È “bastato” un articolo dello storico dell’arte Konstantin Akinsha, pubblicato su e-flux, per mettere in discussione tre dipinti attribuiti a Kazimir Malevich ed esposti al MNAC di Bucarest. Da capolavori presentati con sicurezza, a opere dalla paternità incerta. Il tutto in pochi giorni. E con conseguenze potenzialmente legali.
Il proprietario delle opere, Yaniv Cohen, imprenditore israeliano residente a Bucarest, ha reagito duramente: ha diffidato e-flux e Akinsha, accusandoli di diffamazione e minacciando un’azione legale per il danno subito.
I tre dipinti – Suprematist Color Composition (ca. 1915), Cubo-Futurist Composition (ca. 1912–13) e Linear Suprematism (ca. 1916) – erano stati presentati come autentiche opere di Malevich nella mostra “Kazimir Malevich: Outliving History”, inaugurata a maggio. Secondo Cohen, provenivano dalla sua famiglia ed erano stati autenticati dallo studioso ucraino Dmytro Horbachov, che li aveva anche valutati per oltre 160 milioni di dollari.
Ma l’intervento di Akinsha ha sollevato dubbi sulla documentazione, sulla provenienza e sulla coerenza storica delle opere. Dopo l’uscita dell’articolo, e-flux ha allegato una nota correttiva, e il MNAC ha ritrattato dicendo che la mostra “non rappresenta un riconoscimento istituzionale dell’autenticità delle opere”, bensì “un esperimento curatoriale”. Una presa di posizione molto più cauta rispetto all’annuncio iniziale, che parlava con sicurezza di “salvataggio avventuroso” e “provenienza solida”.
A rendere ancora più acceso il caso: il finanziamento diretto della mostra da parte di Cohen stesso, attraverso la sua clinica odontoiatrica. Il MNAC ha dichiarato che il denaro era destinato alla sicurezza, ma ha evitato ulteriori commenti.
Intanto il dibattito sul mercato dell’avanguardia russa si riaccende: tra falsificazioni storiche, lacune documentali e opere dalla provenienza dubbia, anche gli esperti invitano alla massima cautela. Per molti, senza prove che colleghino l’opera direttamente alla vita dell’artista, nessun attributo può considerarsi sicuro. Cohen respinge ogni accusa e afferma di avere prove concrete, fotografie storiche e documenti a supporto. Ma per ora, il mondo dell’arte resta diviso.
Quel che è certo è l’impatto della parola di uno storico dell’arte: in un solo articolo può ribaltare la narrazione, influenzare il pubblico, e mettere in crisi una mostra intera. Nel sistema dell’arte, dove la verità è spesso sfumata, basta poco perché un’opinione assuma il peso di un verdetto. Così, quelle che erano annunciate come opere “di provenienza solida”, oggi sono semplicemente “un esperimento curatoriale”. Ma la posta in gioco, per reputazioni, musei e mercato, è tutt’altro che teorica.













