
Un nuovo rapporto indica che molti galleristi sono insoddisfatti per l’aumento dei costi e l’elevato rischio legato alla partecipazione al numero crescente di fiere d’arte, con risultati considerati mediocri.
First Thursday, società londinese specializzata in analisi di mercato, ha intervistato 56 gallerie commerciali in Europa, Asia, Africa e Nord America per il suo primo Art Fair Report. Alcune interviste si sono svolte direttamente durante eventi come Frieze, Art Basel, Independent, TEFAF e Art SG. Dal rapporto emerge che quasi la metà delle gallerie intervistate (46 %) ha speso oltre 30.000 sterline (circa 40.000 dollari) per partecipare a una singola fiera, e quasi una su cinque (24 %) ha investito tra 50.000 e 100.000 sterline. L’83 % dei partecipanti ha indicato i costi di partecipazione come principale difficoltà, seguito dal 77 % che ha citato l’incertezza delle vendite. Secondo un gallerista, “il modello appare al momento insostenibile”.
Altri commenti riportati nel rapporto evidenziano come le alte tariffe di partecipazione spingano le gallerie a proporre progetti “conservativi”, mentre le realtà più giovani riescono a emergere solo con presentazioni più audaci, assumendosi l’intero rischio finanziario. Le gallerie emergenti devono vendere numerose opere per coprire le spese.
A causa dei costi elevati e dell’incertezza nelle vendite, le gallerie stanno rivedendo le proprie strategie di partecipazione: il 31 % prevede di ridurre il numero di fiere. Secondo il rapporto, molte preferiscono concentrarsi su un numero ristretto di eventi ritenuti più redditizi, spostando parte degli investimenti verso piattaforme digitali, social media e marketing online. Oltre la metà delle gallerie (57 %) è attiva da più di dieci anni. La maggior parte si concentra su artisti emergenti (77 %) e di metà carriera (72 %), mentre solo il 25 % lavora con artisti affermati da lungo tempo o con eredità artistiche. In media, le gallerie partecipano a 4,4 fiere l’anno, con solo il 9 % che ne frequenta 10 o più.
Tra le richieste rivolte alle fiere, le gallerie intervistate hanno segnalato la necessità di ridurre i costi di partecipazione e produzione, introdurre formati più flessibili come stand condivisi o modelli a commissione, e migliorare il coinvolgimento di VIP e collezionisti, anche tramite presentazioni curate e strumenti per convertire l’interesse in vendite dopo l’evento.
Nonostante i costi elevati e l’incertezza delle vendite, il 71 % degli intervistati considera l’esposizione a nuovi pubblici come il principale vantaggio della partecipazione, mentre il 57 % indica le vendite e la generazione di ricavi, e un altro 57 % il networking con collezionisti.
Pur con la diffusione delle vendite d’arte online, la maggior parte delle gallerie utilizza ancora metodi analogici per registrare le richieste negli stand: l’83 % usa carta e penna, il 60 % si affida ai biglietti da visita, e solo il 31 % inserisce immediatamente i contatti in un sistema di gestione clienti (CRM).
Il calo del mercato globale dell’arte, evidenziato dal report Art Basel & UBS che registra una contrazione del 12 % nelle vendite 2024 a circa 57,5 miliardi di dollari, sta amplificando le difficoltà strutturali per le gallerie. La diminuzione è stata particolarmente forte nei segmenti contemporanei (–36 %) e ultra-contemporanei (–43 %). In questo quadro, la pressione dei costi di partecipazione alle fiere — tra spese per stand, logistica, marketing e allestimenti — rende il modello attuale sempre più insostenibile, soprattutto quando non c’è una certezza di ritorno economico.
Di conseguenza molte gallerie, soprattutto le piccole e medie, si trovano costrette a partecipare a più fiere per garantirsi visibilità ma spesso ne escono con margini irrisori — se non perdite — trasformando la partecipazione stessa in un rischio deliberato. Questo crea una contraddizione evidente in cui è necessario investire molto non solo per sperare un pareggio, ma addirittura un guadagno significativo.
Parallelamente, il mercato in contrazione sta generando una nuova ondata di chiusure: la recente scomparsa di istituzioni storiche come la Clearing Gallery viene letta non solo come un caso isolato, ma come un indicatore di un sistema che non regge più nelle condizioni attuali
Tuttavia, per le gallerie più giovani può emergere un “vantaggio” paradossale: l’incremento della domanda legata ai segmenti a basso prezzo (opere sotto i 5.000 sterline) e l’aumento delle entrate per quei dealer con fatturati inferiori ai 250.000 dollari, +17 %, potrebbero indicare spazi di resilienza in mercati più agili e meno strutturati. Ma questa “opportunità” comporta comunque un alto grado di rischio: investimenti discreti, ritorni incerti e una saturazione crescente del mercato emergente rendono questo tentativo una sorta di salto nel vuoto piuttosto che un percorso garantito













