
Dal 19 al 28 settembre Milano si lascia attraversare da Le Alleanze dei Corpi, che torna con la sua settima edizione e un programma fitto di danza, performance, suoni, incontri e pratiche di partecipazione.
Non è solo un festival: è l’apertura di un nuovo triennio (2025-2027) che si muove lungo tre parole chiave – soglia, casa, campo – per guardare alla città e al modo in cui i corpi la abitano, la incrinano, la trasformano. Quest’anno l’appuntamento ha come titolo “SLOW DANCING PARTIES DARK FANTASTIC DREAMS”. Un invito a mescolare tenerezza e oscurità, desiderio e paura, immaginazione e politica, facendo del sogno uno strumento di riparazione collettiva.
Il cuore dell’azione resta il quartiere di via Padova, tra le strade attorno al Parco Trotter, ma gli appuntamenti sconfinano fino alla Fabbrica del Vapore. Alla direzione artistica c’è Maria Paola Zedda, che quest’anno dialoga con Edoardo Lazzari per intrecciare continuità e nuove traiettorie.

Il programma scorre come un organismo tentacolare: oltre 43 eventi, 56 artisti, 10 giorni di esperimenti tra lentezze, echi, passaggi e prefigurazioni. Si parte con la Carte Blanche di Jacopo Miliani, Scent of Indecent Scenes, che prende spunto dall’incendio del Cinema Eros (1983) e lo rielabora come occasione per rivendicare il piacere e la sessualità come forze politiche e sociali. Installazioni site-specific, performance, un cinema temporaneo e un coro di artisti e artiste popolano una vecchia fabbrica di pasticceria abbandonata.
Da lì in avanti si alternano momenti dedicati a bambini e bambine (POP di Nicola Galli), corpi in rivolta (Stefania Tansini), rituali comunitari (Sotterranee), installazioni-performance ibride (Enzo Cosimi), laboratori di ricerca e di relazione con il territorio.
Il festival raccoglie presenze da Milano e dal mondo: coreografi libanesi, artiste svizzere, pratiche diasporiche, genealogie queer e decoloniali, fino a voci poetiche che trasformano il suono in paesaggio. Si esplorano i gesti quotidiani e le fratture esistenziali, si indaga l’intimità impersonale e il respiro transcorporeo, si aprono spazi per corpi fragili e linguaggi non autorizzati.
Le giornate si chiudono e si riaprono come spirali: incontri, talk, dispositivi assembleari che uniscono pratiche e teorie, sogni e politica, in un movimento corale. E come sempre, accanto al programma, una residenza produttiva: quest’anno ospite è Gianmaria Borzillo con E la bella stanza è vuota (o altre allucinazioni ispirate da Diamond Jubilee di Cindy Lee).













