
Il posto preferito di Giuda per comparire è nelle ultime cene, solitamente affrescate nei refettori di conventi, monasteri e abbazie: oggi Il sole allo Zenit ci porta in una breve incursione nella storia dell’arte per “ritrarre” il personaggio
Giuda ballerino! Chi ha letto Tiziano Sclavi si ricorderà della celebre imprecazione che veniva utilizzata da Dylan Dog, il protagonista della sua serie di fumetti pubblicata da Sergio Bonelli. Pare che Sclavi l’avesse presa a prestito dall’amico giornalista Gianluigi Gonano, che traduceva racconti fantasy e sci-fi per le edizioni Gamma, tra i quali compariva Allamagoosa, un racconto di Frank Russell, del 1955, con il capitano Mc Naught che esclamava spesso Jumpin’ Jehoshaphat! e che letteralmente sarebbe stato “giosafatte salterino” ma che Gonano tradusse, italianizzandolo, con l’esclamazione che sappiamo. Anche il titolo Allamagoosa in realtà subì strane italianizzazioni, comparendo come Sarchiapone, Marchiodonte, Cavebordo e forse altro. Ma torniamo al Giuda ballerino dell’inizio. L’espressione ha una connotazione esclamativa ironica e il protagonista la utilizza spesso in momenti di sorpresa, frustrazione o stupore. A me venne in mente qualche mese fa quando vidi un libro che s’intitolava “L’ideologia del Traditore”, di Achille Bonito Oliva, pensando che fosse un’approfondita analisi della figura di Giuda L’Iscariota. Non ci misi poi molto a capire che Giuda non c’entrava e che si trattava di una rivisitazione del manierismo volta a evidenziare lo sradicamento dell’intellettuale, la crisi politica, quella religiosa e altro ancora. E visto che avrei preferito di gran lunga una specie di Guida a Giuda ho abbozzato io qui, per sommi capi, qualcosa che le somigli, così che un giorno, visitando un refettorio, potrebbe tornarci utile il suo ricordo. E perché proprio un refettorio? Perché il posto preferito di Giuda per comparire è nelle ultime cene, solitamente affrescate nei refettori di conventi, monasteri e abbazie, cioè quegli ambienti destinati ai pasti e alla loro consumazione.

Anche se un altro luogo che Giuda ama in particolare è l’Orto dei Getsemani, dove abbraccia Gesù per dargli quel famoso bacio per cui è noto, così come si vede a Padova nella Cappella degli Scrovegni eseguita da Giotto o a Firenze nel convento di San Marco, per mano dell’Angelico. Altre volte appare pure in luoghi non precisati, in posizione frontale, a mezzobusto, avvolto in un voluminoso mantello, che regge un bastone, con il capo chino o lo sguardo rivolto verso il basso, come se si fosse pentito. Inoltre, attenzione! Che nei Vangeli esistono due Giuda: Giuda Iscariota, che tradì Gesù, e Giuda Taddeo, che a dispetto del primo nome seguì il maestro fino in fondo, subendo pure il martirio. Entrambi furono testimoni dei suoi miracoli, ma uno li guardò estasiato, l’altro con l’occhio della mucca che vede passare il treno. Per fortuna sono gli stessi Evangelisti a introdurre delle distinzioni fondamentali per non confonderli, e Giuda Iscariota è spesso chiamato semplicemente “l’Iscariota”, mentre per il santo buono si preferisce evitare il primo nome e si parla solo di “Taddeo”. Ma non ci rammarichiamo troppo, che poco dopo aver dato il bacio e già speso il denaro ricevuto, il Giuda cattivo si strozzò da solo e le sue interiora, “per esser caduto bocconi, si sparsero fuori”. Ma noi proviamo a cercarlo intero – che è più gradevole di sicuro – e come facciamo dunque per riconoscerlo? Altro ostacolo.

Poiché c’è da sapere che nei Vangeli stessi l’indicazione di Giuda non è sempre la medesima. Secondo Matteo e Marco attinge alla stessa scodella del Signore ma da Luca viene indicato con le seguenti parole: “la mano di chi mi tradirà è posata sulla tavola accanto a me”. Secondo Giovanni, infine, il nostro eroe-cattivo ricevette da Gesù un boccone intinto nel kharoser o paropside, ossia una specie di macedonia di frutta fresca e secca, di origine ebraica. Ciò detto, nelle pitture lo si coglie spesso con il boccone in mano, quando è pronto a intingerlo o allunga il braccio sul tavolo, oppure lo si vede uscito dal gruppo, come Jack Frusciante, per mettersi davanti al Gesù in primo piano, nell’atto di ricevere cibo. Altre volte lo si ritrova di spalle, che prende il fiasco di nascosto, con i denari in mano o con una borsa gravida di monete lì appresso. Spesso ha i capelli rossi, oppure neri, generalmente mossi, e anche le vesti sono rosse e gialle, poiché sono colori appariscenti e il giallo soprattutto assomiglia all’oro, ma non lo è davvero. I colori sono però vari e mescolati, tanto che Fabrizio Boschi gli mise una veste cangiante fra il biondo e il rosa albicocca, mentre ci volta la schiena da bravo menefreghista. La sua aureola normalmente è nera o addirittura non è dipinta, e a volte lo accompagna un gatto: non un gatto che ruzza ma il nemico del Signore e dei Domini Canes (ossia i Domenicani), como qualcuno ebbe a scrivere.

E se nel medioevo cristiano il gatto era simbolo del demoniaco, del tradimento e della lussuria, nel Rinascimento rappresenta ormai l’inganno, quindi è perfetto per il Nostro. Nel Cenacolo Vinciano Giuda è riconoscibile perché è l’unico apostolo in ombra, tiene l’avambraccio appoggiato sul tavolo, con la mano che copre il sacchetto del denaro e il suo corpo è leggermente girato all’indietro, in contrasto con gli altri, creando un senso di esclusione e isolamento dal resto del gruppo, anticipando il tradimento. E, soprattutto, con un movimento brusco del braccio destro, proprio quello che stringe il sacchetto, Giuda fa rovesciare la saliera: che sfiga! Già a quei tempi infatti lo si sapeva e anche nel Cenacolo della Calza il Franciabigio mette Giuda dall’altra parte della tavolata e precisa la sua disgrazia facendogli rovesciare la stessa cosa, mentre il Giuda del Sodoma sta vicino alle ciliegie avvizzite, ha la saccoccia piena di monete e ci guarda smargiasso come a dire: “guardate che anche voi tradite!”.

Calmiamoci. Che il Cenacolo dei Salvi di Andrea del Sarto è invece “una delle più belle dipinture dell’Universo”, come scrisse Benedetto Varchi, e ha un Giuda in veste gialla e verde che sembra conciato per le feste. Purtroppo non se ne cura, ha la manica destra nel piatto e la mano sinistra sta ferma sul petto, proprio quando Gesù gli porge cibo, senza guardarlo nemmeno. Insomma, tante son le varianti, ma già questi esempi sono sufficienti. E io ve lo giuro – anche se dopo un testo così giurare sembra strano – e qui ve lo scrivo: da oggi riconoscerete Giuda di sicuro.
Nicola Mafessoni è gallerista (Loom Gallery, Milano), curatore (Settantaventidue, Milano) e amante di libri (ben scritti). Convinto che l’arte sia sempre concettuale, tira le fila del suo studiare. E scrive per ricordarle. IG: nicolamafessoni













