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Elegia del pane: note di storia dell’arte a margine del Premio Cairo

Maria Giovanna Zanella, Buoni, Premio Cairo 2025 Maria Giovanna Zanella, Buoni, Premio Cairo 2025
Maria Giovanna Zanella, Buoni, Premio Cairo 2025
Maria Giovanna Zanella, Buoni, Premio Cairo 2025
La ventiquattresima edizione del Premio Cairo, il Turner Prize italiano, come ha dichiarato il presidente Urbano Cairo della prestigiosa manifestazione annuale che individua giovani artisti under 40 organizzata dal mensile Arte, Cairo Editore, diretto da Michele Bonuomo, si è conclusa con l’assegnazione di 25 mila euro alla vincitrice Maria Giovanna Zanella (Schio, 1991, Vicenza), autrice dell’opera Buoni che farà parte della Collezione del Premio Cairo. La mostra delle 20 opere in concorso è aperta al pubblico dal 14 al 19 ottobre al Museo della Permanente (ingresso libero)

La sua originale scultura di pane composta da quattro forme antropomorfe abbondanti e sensuali che sfidano le convenzioni estetiche messe lì per esplorare il corpo, come luogo di vulnerabilità, sottende passione, desiderio, pulsioni in bilico tra nutrimento, trasformazione, caducità e tenerezza empatica per un organismo che cambia nel tempo. Per l’artista il pane è “materia viva”, croccante fuori e morbida come la mollica all’interno, un elemento simbolico e concettuale evergreen nell’arte occidentale, oggetto non soltanto dipinto ma utilizzato com’è realmente: un elemento organico composto da acqua, farine e lieviti differenti, che inserito nella bocca del forno assume magicamente una forma con tonalità e texture cromatiche specifiche, pronta per essere mangiata con gli occhi e come cibo per la mente. Per Zanella, il pane è soprattutto un intreccio sensuale tra cibo, corpo, sessualità ed erotismo mai ostentato, come suggeriscono le sue forme carnose di frammenti organici composti con diverse qualità di farine e lieviti cotte in un forno a legna, costruito per quest’opera. Cosa vediamo oltre a frammenti anatomici acefali di pane messi a muro, corpi, cibo, arte o cos’altro? È tutto questo insieme perché le sue sculture inscritte in una forma circolare di luce, caratterizzate da diverse tonalità cromatiche (dal marrone al nero), con sensuali intrecci magmatici di masse carnose, che riconosciamo in quanto coniugano nel nostro immaginario l’essenzialità dell’arte primitiva, con la complessità concettuale che il pane stesso comprende. Buoni secondo la giuria presieduta da Bruno Corà ha premiato Zanella “per la capacità di ricondurci all’essenzialità della vita con un materiale semplice e lieve, ma non privo di vigorosa invenzione”. E l’idea del corpo nel pane così come l’ha concepito Zanella diventa metafora della nostra condizione umana.

Mario Merz, Igloo. Foto A. Guermani

Il pane nelle arti visive 

Nella storia delle arti visive del Novecento, dalle michette fissate negli Achrome di Piero Manzoni agli igloo di pane di Mario Merz, che lo considerava come elemento primitivo significativo e reale e rappresentava una forma elementare della vita, passando per Joseph Beuys che inseriva il pane nelle sue installazioni come simbolo di trasformazione rituale, e in alcune opere lo avvolge nella carta e lo conserva in teche, trasformandolo in oggetto sacro e museale; l’arte del pane è soggetto di riflessione, innesto tra arte e vita che unisce elementi simbolici profondi, come nutrimento, condivisione, povertà, sacralità, e per Zanella è “lievito madre” per ripensare una postmodernità con tenerezza. Il pane è l’elemento essenziale alla base della nostra dieta quotidiana prima della fissazione della magrezza e fobia dei carboidrati, per la cultura occidentale ha un valore religioso e spirituale nell’Eucarestia cristiana, simbolo del corpo di Cristo. E ricordiamo che la mancanza del pane ha dato luogo a rivoluzioni e conflitti, contro la povertà, la fame ed è diventato soggetto delle lotte di classe. Il pane in tutte le culture e religioni è simbolo di condivisione e convivialità, metafora della comunità e dell’incontro, ma c’è molta differenza tra la camera di pane costruita da Lionel Poilane, mitico panificatore che nel 1971 realizza per Dalì un regalo unico e originale per la moglie Gala con un letto, armadio e lampadario fatti di pane, il pane nelle opere di Wolf Vostell o in quelle di Michelangelo Pistoletto, come per esempio Pane quotidiano che apre riflessioni sulla società il consumo e la spiritualità, rispetto ai corpi di pane di Zanella che però non potrebbero abitare nella Brad House, una casa fatta interamente di pane vero di Urs Fischer perché nei sui frammenti organici tutto è pulsante e bruciante passione vitale e zitti e Buoni, godetevi l’opera ancora calda!

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