Le oltre sessanta opere esposte sono il frutto di un intenso lavoro compiuto da Cozzani durante la residenza nel museo Zhuhai Gu Yuan
Resta visitabile fino al 30 novembre al Zhuhai Gu Yuan Art Museum (Cina), la mostra personale dell’artista Carlo Alberto Cozzani dal titolo Autumn Impressions Homage To Zhuhai. Le oltre sessanta opere esposte sono il frutto di un intenso lavoro compiuto dall’artista durante la residenza nello stesso museo nello scorso anno. Con la sua ricerca, oltre a sperimentare un linguaggio che rende sempre più riconoscibile e identitaria la sua opera, Cozzani ridefinisce il rapporto tra presente e passato mettendo a confronto la tradizione con la modernità – precisa Paolo Asti che ha curato il progetto complessivo oltre che la mostra inserita nella programmazione nel modernissimo museo statale della città posta sull’estuario del Fiume delle Perle sul Mar Meridionale Cinese.
Del resto – continua il curatore – è la sua stessa tecnica, fatta di immagini, rielaborate con i più moderni strumenti digitali che, stampate su carta, ne accolgono il segno, i colori, in una parola la pittura della tradizione, altro non è che il medium più idoneo alla rappresentazione dei soggetti. Accolta da un vasto pubblico locale, ma anche da galleristi che operano a Shenzen, Canton e Hong Kong, la mostra racchiude la rappresentazione del paesaggio, fatto di mare e natura, ma anche di ciò che nel tempo ha realizzato l’uomo grazie alla costruzione di centri storici, mercati o moderne infrastrutture, come ponti e building, assume una nuova forma tra figurazione e astrazione.
L’opera, al di là della sua dimensione artistica, diviene così lo spunto per una riflessione tra passato e presente utile a guardare al futuro. All’umana condizione di incertezza, caratteristica di ogni tempo, può giungere la rassicurazione di come la modernità, nel rispetto della tradizione, sia l’unico modo di intendere e interpretare il presente – riprende ancora Asti nel suo testo curatoriale.
Ciò che siamo
Il nucleo di opere realizzate durante la residenza nel Gu Yuan Museum of Art Zhuhai e nella sua fase preparatoria tra i mesi di ottobre e dicembre 2024, può essere visto come una raccolta d’impressioni d’autunno colte dall’artista, capaci di lasciare una profonda impronta, non solo sui visitatori della mostra, ma anche sul suo lavoro futuro di arista, così come avviene grazie a importati esperienze. Con la sua cultura la Cina e la città di Zhuhai con il suo golfo, a cui le opere rendono omaggio, assumono il valore di un luogo in cui tutto questo può coesistere. L’opera diventa metafora dello spazio e del tempo in cui l’umanità può esprimersi con le stesse modalità con cui l’artista rivela, con immagini, colori e segni, la sua visione del mondo.
«L’arte oltrepassa i limiti nei quali il tempo vorrebbe comprimerla, e indica il contenuto del futuro», dice Vasilij Kandinskij, in Punto, linea, superficie. Non a caso le opere n°75 e n°76 sono affiancate da due liriche tratte da un’antologia di poesia cinese comprese tra il 1753 a.C. e 1278 d.C., tra cui il Libro delle Odi (1753 – 600 a.C.), la dinastia dei T’Ang (618-905 d.C.) ritenuta l’età dell’oro della poesia come della pittura cinese. Si tratta di liriche che, nell’insieme, esprimono il patrimonio delle esperienze umane in un concentrato di spiritualità che, fatto da singole gocce d’acqua, una dopo l’altra ci rivelano un grande mare, se non un oceano, di cui il Golfo dove si specchia Zhuhai custodisce le perle della tradizione popolare, una significativa celebrazione delle tradizionali e storiche contaminazioni artistiche e culturali tra Italia e Cina.
Tra le opere realizzate, alcune sono dedicate alle donne, agli uomini, ai giovani, così come agli anziani che, insieme, rappresentano la popolazione della città ritratte in momenti di svago, festa, divertimento e lavoro, proprio come la vita di ogni essere umano, si manifesta un giorno dopo l’altro. L’espressione artistica altro non è che il medium tra la nostra vita e quella degli altri rappresentando e svelando, gli uni agli altri, ciò che siamo e ciò che sentiamo – racconta in ultimo Carlo Alberto Cozzani.
