
Qualche giorno fa, durante una conferenza al MAXXI, il musicista Paolo Fresu disse che un paese incapace di raccontare il presente è un paese che sta implodendo. Una riflessione interessante da parte di uno dei compositori italiani più famosi a livello internazionale, in grado di avere una visione globale, basata anche sul confronto con altre nazioni europee come la Francia, che Fresu conosce bene. Pochi giorni dopo, durante una visita alla Quadriennale, un collezionista olandese pensava che le opere in mostra si riferissero a una trentina di anni fa e non all’attualità. Secondo il progetto di Luca Beatrice, il presidente della Fondazione Quadriennale tragicamente scomparso all’inizio del 2025, Fantastica avrebbe dovuto documentare gli ultimi 25 anni di arte italiana, attraverso le proposte di 5 curatori di diversi orientamenti e generazioni, tutti professionisti del settore di indiscusso prestigio e qualità. Perché invece l’atmosfera generale della mostra sembra legata, per la maggior parte delle opere, a un déjà vu?
Sono i curatori i protagonisti di Fantastica?
Come mai la pannellistica della mostra si concentra sui testi curatoriali, riservando agli artisti solo piccole didascalie quadrate di metallo collocate agli angoli delle sale, a volte in posizioni difficili e poco visibili? Perché nella homepage del sito della Quadriennale vengono presentati i curatori, mentre per conoscere l’elenco degli artisti bisogna cliccare sulla pagina dedicata, che non riporta neppure i loro curricula? Si potrebbe pensare che sia una prassi corrente per le grandi mostre internazionali, ma non è così. Nel sito della Documenta di Kassel gli artisti si raggiungono con un solo click… Sembra paradossale, ma forse in Italia sono i curatori i veri protagonisti della Quadriennale? Non vogliamo certo immaginare che sia così, sarebbe un paradosso. E gli autori delle opere in mostra chi sono? I curatori? Se gli spettatori avranno questa impressione dobbiamo biasimarli? Del resto, come possono informarsi sulle opere se non sono abituati alla lettura dei QR code? Devono acquistare il catalogo?

Gli artisti invisibili
Se l’intento della Quadriennale è mostrare al grande pubblico le ultime generazioni di artisti italiani per proporre dell’Italia una visione aperta verso il futuro e pronta a un dialogo con la scena internazionale più avanzata, siamo sicuri che questa mostra lo faccia nel modo giusto? Se un collezionista, un curatore o un gallerista estero visita Fantastica avrà molta difficoltà ad avere informazioni sugli artisti. Davanti alle 187 opere realizzate dai 54 artisti invitati (di cui 16 sotto ai 35 anni, quindi un quarto del totale) è lecito chiedersi se questa panoramica appaia ben chiara ai responsabili della Fondazione Quadriennale, che ha promosso Fantastica in collaborazione con la Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura in collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo, con il sostegno di Banca Intesa. Appare difficile promuovere persone che appaiono, di fatto, quasi invisibili.

Promuovere l’arte italiana del XXI secolo
Torniamo alla visione di Beatrice, sostituito dall’attuale presidente Andrea Lombardinilo. Promuovere e sostenere gli ultimi venticinque anni di arte italiana, ed affidare questo compito non facile ma del tutto meritorio a cinque curatori di chiara fama e comprovata professionalità: la visione di Luca Beatrice, condotta a termine da Lombardinilo, è chiara e del tutto condivisibile. Ma era questo il compito assegnato ai curatori? Appare strano che solo la sezione di Alessandra Troncone abbia effettivamente coinvolto soltanto artisti nati dopo il 1980, tutti presenti con opere prodotte per l’occasione, legate al tema del corpo contemporaneo. Una modalità seria e rigorosa per rispondere correttamente al progetto di Beatrice. E gli altri? Francesco Bonami punta su emergenti di qualità, tra forti presenze internazionali come Giulia Cenci e Jem Perucchini, emergenti come Luca Gioacchino Di Bernardo e Lorenzo Vitturi, presenti con opere interessanti, accanto a figure più note come Lupo Borgonuovo o Beatrice Scaccia. Molto originale il progetto di Stocchi, con un allestimento immersivo giocato sulle relazioni tra le opere, realizzate però da artisti di generazioni diverse, da Arcangelo Sassolino a Lulù Nuti, da Alessandro Sciarroni a Luca Bertolo, da Valerio Nicolai ad Adelaide Cioni. Se la pittura è il filo rosso che domina la selezione di Luca Massimo Barbero, quella di Emanuela Mazzonis di Pralafera è legata invece alla fotografia, dove artisti affermati come Giovanni Ozzola, Jacopo Benassi e Francesco Jodice dialogano con giovani di talento, come Irene Fenara. Forse sarebbe giusto e utile promuovere principalmente gli emergenti, che hanno poche occasioni di visibilità in ambito istituzionale. Un auspicio? Che la Quadriennale assuma il ruolo di rassegna aperta all’innovazione ed alla sperimentazione, dove gli artisti emergenti siano i principali protagonisti, affiancati da curatori della loro stessa generazione. Così si potrà smentire l’affermazione di Fresu, e vivere in un paese che non si rifugia più nel passato per evitare le sfide del presente, perché ne ha paura, ma guarda con coraggio il domani.














