
La Danish Arts Foundation annuncia la curatrice Chus Martínez e l’artista Maja Malou Lyse per il Padiglione Danese alla 61.ma Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, per raccontare “le visioni del futuro”
Nata nel 1993, Maja Malou Lyse è l’artista più giovane a rappresentare la Danimarca a Venezia; diplomata alla Royal Danish Academy of Fine Arts nel 2022, ha esposto in istituzioni come ARoS, Kunsthal Charlottenborg, Index Stockholm e O – Overgaden, oltre ad aver performato al National Museum of Denmark, alla Tate Modern e al Moderna Museet. Attualmente vive a New York.La mostra esplorerà come diversi sistemi di immagini e valori – scienza, finzione e pornografia – collaborino nel plasmare visioni del futuro, introducendo una dimensione concreta e reale nel discorso pubblico attraverso il paradossale intreccio tra scienza della fertilità e immagini erotiche.
Il progetto rifletterà la pratica mediaticamente consapevole di Lyse, che indaga sessualità, potere e rappresentazione nell’era digitale, insieme all’ethos curatoriale di Martínez, radicato nella cura, nella critica e nel dialogo. Insieme, Martínez e Lyse hanno istituito un gruppo dedicato di ricerca e lavoro per sviluppare un nuovo progetto che espanda l’indagine in corso dell’artista: come la vita delle immagini influisca sul corpo e sulla realtà stessa al punto da poter avere conseguenze per noi come specie.
L’impegno ad affrontare una questione così complessa risuona con l’auspicio espresso dal Direttore Artistico di questa Biennale, Koyo Kouoh, la cui cornice filosofica In Minor Keys invoca l’arte e gli artisti a superare i dibattiti moralistici e a coltivare un ascolto attento alle voci sistematicamente escluse dalla legittimità culturale mainstream. Una visione in comune con la curatrice, attualmente a capo dell’Istituto Art Gender Nature alla Basel Academy of Art and Design FHNW in Svizzera e Curatrice Associata a TBA21 (Thyssen-Bornemisza Art Contemporary) a Madrid e Venezia, la cui pratica curatoriale si incentra sulla cura, la generosità e l’ascolto attivo: posiziona le opere d’arte come spazi di dialogo e apprendimento piuttosto che di autorità.










