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Jolie di serie A o B? Una disputa legale coinvolge l’attrice e il suo spazio creativo

Lo store di Angelina Jolie, a New York
Lo store di Angelina Jolie, a New York
Quando, nel 2023, l’attrice e attivista Angelina Jolie ha aperto ad Manhattan uno spazio polifunzionale con negozio di abbigliamento, caffè turco, laboratori per sarti e artigiani, parte del fascino derivava dalla location storica: il 57 di Great Jones Street, ribattezzato Atelier Jolie, era stato infatti lo studio di Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat. Oggi, però, emerge che anche il nome del marchio era già stato “preso” in precedenza – da artisti e artigiani ancora in attività, che non sono affatto contenti di dividere le “quote” con la star

Secondo quanto riportato dal U.S. Sun e da Artnews, un Atelier Jolie preesistente è stato fondato nel 2021 a Easton, in Pennsylvania, dall’artista, curatrice e imprenditrice Omnaia Jolie Abdou. La Jolie della Pennsylvania ha presentato un’opposizione formale presso l’Ufficio Brevetti e Marchi degli Stati Uniti, chiedendo che la domanda di marchio dell’attrice venga respinta.

Nella documentazione, Jolie Abdou sostiene che il suo marchio è “utilizzato principalmente per identificare e promuovere beni e servizi di uno studio d’arte e design che presentano le mie opere“, elencando tra queste pezzi d’arte personalizzati, abbigliamento di lusso, dipinti, sculture, ceramiche e poster.

Angelina Jolie

Gli avvocati di Angelina Jolie replicano affermando che “non esiste alcuna reale concorrenza tra i due esercizi e che è virtualmente impossibile un rischio di confusione” per il pubblico. Fonti vicine alla questione riferiscono al Sun che gli legali delle due parti sono da mesi in trattative per un accordo extragiudiziale, che potrebbe prevedere un pagamento da parte dell’attrice per l’utilizzo del nome.

Lo spazio newyorkese di Angelina Jolie si propone come “un luogo per la co-creazione e la scoperta” di artigianato e design globale, offrendo corsi, workshop, residenze e mostre, come quella attualmente in corso dedicata al fotografo Jeremy Dennis, membro dell’etnia Shinnecock, il cui lavoro esplora l’identità indigena.

Nel frattempo, sul sito web dell’Atelier Jolie della Pennsylvania, un banner pubblicizza ancora l’apertura di una nuova sede a Easton per febbraio 2025. La collezione in homepage include un’opera dell’artista fondatrice, Derriére: un vaso di 38 cm ispirato al corpo femminile, in vendita a 497 dollari. Davvero, insomma, celebrità, arte e diritti di proprietà intellettuale sono messi a rischio, in entrambi i casi, o la strategia della propaganda aiuterà entrambi?

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