Ponte dell’Immacolata: di passaggio per la Capitale, vado a omaggiare il MAXXI, tangibile simbolo del riacceso grande amore di Roma per il Contemporaneo. “The Building”, inutile dirlo, è magnifico, e nessuno con un briciolo di sale in zucca può aver pietà per lo strepito dei soliti noti su presunte difficoltà di allestire mostre in ambienti curvilinei. Ci si attacca a tutto, altro chefree-climbing. Ma è inesorabilmente chiuso, che più chiuso non si può.
Gruppi di ragazzi occhi-limpidi e qualche coppia in età anziana occhi-sapienti (il vero pubblico della contemporaneità) cercano di capire se esiste comunque una possibilità di visita all’interno, dove riposano le opere già selezionate per la collezione d’arte. Fra i nomi, Airò, Arienti, Favaretto, De Dominicis, Kapoor, Kentridge, Gnoli, Pessoli, Ruscha, Warhol… Niente da fare. Eppure, a metà novembre scorso, l’ennesimo celebrativo antipasto fece abboccare la cittadinanza… Se ne riparlerà il prossimo maggio. Forse. Non permettete che l’entusiasmo, nato da un miracolo di volontà, si smorzi nella farragine della burocrazia.