WALID RAAD, THE ATLAS GROUP
di Eleonora Frigerio
Se si trascurassero i luoghi ufficiali, rifiutando i canali dell’informazione ufficiale oppure ci fosse un disinteresse per ciò che si trova negli archivi inaccessibili cosa rimane? Tutto quello che appare ovvio e banale, di serie B, ma che potenzialmente può abbattere il potere di archivi che si auto-dichiarano detentori della storia. Abbandonate le immagini-icona di grandi autori, l’interesse si è spostato da tutt’altra parte e questo grande suggerimento proviene dal mondo dell’arte. Si tende a recuperare un certo tipo di materiale e presentarlo in luoghi che fino ad allora gli erano preclusi.
Un modello esemplare di recupero della memoria attraverso materiale non sempre ufficiale è rappresentato da The Atlas Group Archive *1, la fondazione no-profit che ha recuperato, anche attraverso fittizi documenti storici, la storia recente del Libano ricostruendo grazie all’immaginazione ciò che realmente è accaduto in quel periodo. L’intento del collettivo è quello di recuperare e salvaguardare la storia locale contemporanea, soprattutto quella dagli anni Settanta agli anni Novanta, intervallo in cui si è consumata la guerra civile e in cui la distruzione ha regnato sovrana. Il recupero del materiale per scopi sociali e collettivi ha ottenuto l’appoggio del governo e grazie a finanziamenti pubblici l’archivio ha acquisito moltissimo materiale.
Walid Raad, fondatore del progetto, sviluppato nel corso di quindici anni, è nato a Chbanieh, in Libano, nel 1967, ha vissuto a Beirut fino al 1983 quando a seguito della drammatica situazione del suo paese si è trasferito negli Stati Uniti, insegna arti visive alla The Cooper Union di New York ed è membro della Arab Image Foundation. I suoi lavori sono istallazioni, performance, opere video, fotografie e testi letterari il cui impianto è sia documentaristico che artistico. Egli racconta la storia del suo paese d’origine e le conseguenze delle guerre che l’hanno martoriato con una modalità che non potrebbe mai essere propria di uno storico, attraverso una narrazione che utilizza sia testimonianze e approcci più simili alla cronaca, sia resoconti fittizi il cui contenuto e la cui costruzione sono ugualmente significativi all’interno di uno spazio dove si trasmettono dei pensieri che vanno al di là del tempo e lo spazio rappresentati. Raad va alla ricerca del tempo perduto della sua nazione e grazie alla sua fantasia ha creato mondi là dove non esistevano più, la messa in scena è diventata l’ossigeno per riaccendere le braci che sembravano ormai spente *2.
Fanno parte dell’archivio i quaderni privati, le fotografie e i filmati di un fantomatico Dr. Fadl Fakhouri, presentato come uno dei maggiori storici contemporanei libanesi. Il video Miraculous Beginnings (2001) è la ripresa dei suoi vagabondaggi a Beirut, ogni volta che pensava che la guerra civile fosse finita, il protagonista scattava una foto, dal momento che la guerra libanese è stata lunga e caratterizzata da numerosi cessate il fuoco e riaccensioni delle battaglie tra eserciti e milizie, il film testimonia la speranza duratura per la pace e la normalità nonché la volontà di catturare questi momenti di speranza con la consapevolezza della loro natura transitoria. Il progetto, pervaso da un certo lirismo, indaga le possibilità e i limiti di riscrivere quella storia con immagini innocenti di tutti i giorni che documentano situazione fittizie, narrando quello che si può solo immaginare, che può essere detto, ciò che può essere dato per scontato, ciò che può apparire come razionale, dicibile e pensabile riguardo quella specifica guerra. Miraculous Beginnings ricostruisce dei piccoli eventi, cose che si fanno senza riconoscerle come ‘significative’, ma che dicono chiaramente chi è l’individuo e la collettività. Con l’opera successiva The Truth Will Be Know When the Last Witness is Dead: Documents from the Fakhouri File at the Atlas Group (2003), fa una riflessione aperta sulla credibilità del lavoro di storico e in generale sulle fonti d’informazione, indagando sull’idea e sul concetto di memoria che viene creato via via dalle diverse interpretazioni della storia.
La serie intitolata My Neck Is Thinner Than a Hair (2001), è composta da fotografie trovate da Walid Raad nei centri di documentazione di Beirut, che illustrano i motori delle 3641 autobombe usate per attentati terroristici nella città, tra il 1975 e il 1991. Il commento che accompagna le foto descrive quanto lontano è volato il motore in seguito allo scoppio e la gara dei fotoreporter per essere i primi a trovare e fotografare quei motori. La disposizione in una griglia claustrofobica accentua la ripetizione dei bombardamenti e la banalità della violenza in tempi di guerra. In un altra opera-documento Raad mostra delle foto di edifici, alberi e automobili di Beirut colpiti da proiettili, cerchiando ogni punto d’impatto con un colore che indica la nazione da cui provengono le munizioni impiegate.
Persone come lui hanno saputo sovrastare la potenza di archivi fotografici considerati inavvicinabili o inesistenti sfruttando in alcuni casi la natura illusoria della fotografia. L’artista, nonché direttore d’archivio Walid Raad col suo progetto ha trasmesso attraverso il canale dell’arte il tempo della guerra civile, della violenza e della paura senza mai renderlo esplicito appropriandosi di documenti poco compromettenti. Ripescare materiale che non appare scomodo ai potenti si è rivelata una strategia vincente, addirittura ha ottenuto l’appoggio del governo. Ciò vuol dire che la strada ufficiosa è quella meno impervia da precorrere per andare alla ricerca del tempo perduto di ogni individuo come di un intero paese.
Un modello esemplare di recupero della memoria attraverso materiale non sempre ufficiale è rappresentato da The Atlas Group Archive *1, la fondazione no-profit che ha recuperato, anche attraverso fittizi documenti storici, la storia recente del Libano ricostruendo grazie all’immaginazione ciò che realmente è accaduto in quel periodo. L’intento del collettivo è quello di recuperare e salvaguardare la storia locale contemporanea, soprattutto quella dagli anni Settanta agli anni Novanta, intervallo in cui si è consumata la guerra civile e in cui la distruzione ha regnato sovrana. Il recupero del materiale per scopi sociali e collettivi ha ottenuto l’appoggio del governo e grazie a finanziamenti pubblici l’archivio ha acquisito moltissimo materiale.
Walid Raad, fondatore del progetto, sviluppato nel corso di quindici anni, è nato a Chbanieh, in Libano, nel 1967, ha vissuto a Beirut fino al 1983 quando a seguito della drammatica situazione del suo paese si è trasferito negli Stati Uniti, insegna arti visive alla The Cooper Union di New York ed è membro della Arab Image Foundation. I suoi lavori sono istallazioni, performance, opere video, fotografie e testi letterari il cui impianto è sia documentaristico che artistico. Egli racconta la storia del suo paese d’origine e le conseguenze delle guerre che l’hanno martoriato con una modalità che non potrebbe mai essere propria di uno storico, attraverso una narrazione che utilizza sia testimonianze e approcci più simili alla cronaca, sia resoconti fittizi il cui contenuto e la cui costruzione sono ugualmente significativi all’interno di uno spazio dove si trasmettono dei pensieri che vanno al di là del tempo e lo spazio rappresentati. Raad va alla ricerca del tempo perduto della sua nazione e grazie alla sua fantasia ha creato mondi là dove non esistevano più, la messa in scena è diventata l’ossigeno per riaccendere le braci che sembravano ormai spente *2.
Fanno parte dell’archivio i quaderni privati, le fotografie e i filmati di un fantomatico Dr. Fadl Fakhouri, presentato come uno dei maggiori storici contemporanei libanesi. Il video Miraculous Beginnings (2001) è la ripresa dei suoi vagabondaggi a Beirut, ogni volta che pensava che la guerra civile fosse finita, il protagonista scattava una foto, dal momento che la guerra libanese è stata lunga e caratterizzata da numerosi cessate il fuoco e riaccensioni delle battaglie tra eserciti e milizie, il film testimonia la speranza duratura per la pace e la normalità nonché la volontà di catturare questi momenti di speranza con la consapevolezza della loro natura transitoria. Il progetto, pervaso da un certo lirismo, indaga le possibilità e i limiti di riscrivere quella storia con immagini innocenti di tutti i giorni che documentano situazione fittizie, narrando quello che si può solo immaginare, che può essere detto, ciò che può essere dato per scontato, ciò che può apparire come razionale, dicibile e pensabile riguardo quella specifica guerra. Miraculous Beginnings ricostruisce dei piccoli eventi, cose che si fanno senza riconoscerle come ‘significative’, ma che dicono chiaramente chi è l’individuo e la collettività. Con l’opera successiva The Truth Will Be Know When the Last Witness is Dead: Documents from the Fakhouri File at the Atlas Group (2003), fa una riflessione aperta sulla credibilità del lavoro di storico e in generale sulle fonti d’informazione, indagando sull’idea e sul concetto di memoria che viene creato via via dalle diverse interpretazioni della storia.
La serie intitolata My Neck Is Thinner Than a Hair (2001), è composta da fotografie trovate da Walid Raad nei centri di documentazione di Beirut, che illustrano i motori delle 3641 autobombe usate per attentati terroristici nella città, tra il 1975 e il 1991. Il commento che accompagna le foto descrive quanto lontano è volato il motore in seguito allo scoppio e la gara dei fotoreporter per essere i primi a trovare e fotografare quei motori. La disposizione in una griglia claustrofobica accentua la ripetizione dei bombardamenti e la banalità della violenza in tempi di guerra. In un altra opera-documento Raad mostra delle foto di edifici, alberi e automobili di Beirut colpiti da proiettili, cerchiando ogni punto d’impatto con un colore che indica la nazione da cui provengono le munizioni impiegate.
Persone come lui hanno saputo sovrastare la potenza di archivi fotografici considerati inavvicinabili o inesistenti sfruttando in alcuni casi la natura illusoria della fotografia. L’artista, nonché direttore d’archivio Walid Raad col suo progetto ha trasmesso attraverso il canale dell’arte il tempo della guerra civile, della violenza e della paura senza mai renderlo esplicito appropriandosi di documenti poco compromettenti. Ripescare materiale che non appare scomodo ai potenti si è rivelata una strategia vincente, addirittura ha ottenuto l’appoggio del governo. Ciò vuol dire che la strada ufficiosa è quella meno impervia da precorrere per andare alla ricerca del tempo perduto di ogni individuo come di un intero paese.
1*Cfr. Luca Panaro, Database Logic, in «Around Photography» n° 14, novembre 2008 – aprile 2009, pp. 12 – 17.
2*Sándor Márai, Le braci [1942], Adelphi, Milano 1998.
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