La visita, per coloro che soggiorneranno a Pechino nel periodo che va dal 20 Marzo al 31 Maggio prossimi, è dovuta, perché Xin Dong Cheng rappresenta una sponda rilevante dell’establishment dell’arte in Cina e perché, in effetti, da qualche tempo a questa parte si è dedicato a progetti di sostanza, come fu per l’esperienza della grande kermesse sull’arte cinese contemporanea ospitata a Cuba lo scorso Novembre, ad esempio.
La personale di Wang NingDe Let There Be Light! dal 20 Marzo prossimo a Pechino presenta il risultato dell’evoluzione della serie Some Days che rese famoso l’artista, evoluzione che maturò durante un periodo di malattia dal 2007 al 2008 e che prese forma durante il 2009. La rassegna mostra due specifici gruppi di opere. Uno, tecnico, riguarda la serie di scatti d’immagine alla velocità di un seicentesimo di secondo, l’altro, poetico, è sull’insistenza dell’artista a dimostrare la qualità e la correttezza del suo punto di osservazione. In accordo con questi due temi portanti, le opere possono essere poste in relazione alle seguenti parole-chiave: istante, memoria, eternità, gloria e morte.
Wang NingDe è il côté migliore dell’arte cinese dei nostri giorni, forse perché la sua qualità è inappuntabile, forse perché il tocco sapiente e consumato riprende alcuni dei canoni che più attraggono anche lo sguardo dell’Occidente. Ma la radice profonda nella storia culturale del suo Paese è ben visibile e l’apparenza patinata non tragga in inganno lo spettatore.
Sembra di risalire ai primordi dell’arte fotografica, con la straordinaria fortuna degli stereotìpi inglesi di metà Ottocento e delle cartes-de-visite che ritraevano idilliache scenette familiari o rappresentazioni più ardite (i primi veri e propri “fotomontaggi”). Del resto, lo stereoscopio sta al salotto vittoriano come oggi a noi sta la televisione.
E se nell’età vittoriana il culto per gli eroi era alimentato dalla prospettiva di vedere finalmente il volto degli stessi, nella Cina del XXI secolo, quando la sete per la riproduzione massiccia dell’effigie del dio in terra è spenta, l’artista ritorna a “vedere” i piccoli idoli che lo circondano e a collocarli in un luogo, un Empireo, dove potranno essere osservati dal pubblico. L’arte cinese riscatta la rappresentazione del suo Popolo dall’occhio occidentale, in fin dei conti fermo alla cronaca faziosa alla Felice Beato e oscurato dalla Rivoluzione di Mao.
La captatio benevolentiae di Wang NingDe si concentra quindi sui soli soggetti dei suoi scatti e non coinvolge il pubblico, escluso dall’affetto che l’artista dedica ai suoi pupilli. Le pose marziali ma dissonanti (alcuni scatti ricordano le immagini di Sir Benjamin Stone che ritrae ufficiali di marina e marinai nel 1900), i volti inespressivi, gli ambienti tagliati da un’ottica improbabile, le collocazioni ipotetiche delle scene… tutto fa supporre che a Wang NingDe interessi esclusivamente il colloquio con coloro che attraggono la sua attenzione, con le sue composizioni rarefatte e surreali e non l’effetto che produce la sua fotografia su chi la osserva. L’effetto, invece – che il creatore lo voglia o no -, è di raccoglimento, come di fronte a un imponente assunto metafisico che preannuncia una rivelazione.
La partecipazione simpatetica del fotografo, dovuta alla consumata professione di fotoreporter che tuttora pratica, colloca la scena in un tempo da edificare (sempre nuovi Some Days, la fortunata serie – ancora fonte di ispirazione – presentata per la prima volta in Europa nel 2006 presso la Red Mansion Foundation di Londra), senza polemiche ma con attenzione, volontà e desiderio di proteggere quei mondi senza senso apparente (ancora) e quegli attori privi di personalità.
Nessuna denuncia traspare dagli scatti: l’arte, fortunatamente, s’impone sulla didattica e ricolloca la fotografia cinese, che pare – in linea generale – più avanzata e culturalmente solida rispetto alle altre espressioni formali del Paese, forse il maggior contributo ad una vera rinascenza dopo la grande abbuffata degli anni passati senza misura né discernimento da parte dell’onnivoro resto del globo. Le immagini calcolate, misurate, di grande eleganza e dalla poetica intima e personalissima, tecnicamente perfette – non solo di questo artista – sono i veicoli più affidabili per la costruzione di una storia dell’arte contemporanea originale dalla Rivoluzione Culturale ad oggi.
Nato nel 1972, dopo la laurea presso il dipartimento di fotografia dell’Accademia di Belle Arti di Lu Xun, Wang NingDe si trasferisce a Guangzhou dove intraprende la carriera di fotoreporter ed editore della rivista Focus Magazine. Ma dopo una prima, esplosiva, esposizione presso la rinomata libreria Liberia Borges della sua città nel 1999, si dedica alla fotografia d’arte così intensamente da modificare i contorni del panorama dell’arte visiva contemporanea in Cina.
Wang NingDe, pur proseguendo nella professione giornalistica, mantiene ben salda la convinzione che la fotografia è un mezzo per esprimere compiutamente il proprio mondo interiore e persevera nel produrre immagini concettuali e non documentali. La seduzione dei suoi racconti brevi è sottile, sussurrata, il dramma è appena sottinteso e presuppone (quasi) sempre una rinascita che il pubblico deve intuire.
L’angolo di visuale non è mai scontato, è multiplo, come se l’attesa debba essere all’improvviso ricondotta all’azione da qualcosa di inaspettato che interrompe furtivamente la linearità delle vite degli ignari personaggi. Un intruso nascosto che percepisce e presume qualcosa di diverso da ciò che si vede in realtà.
Riporto una parte dell’interessante e istruttiva (per noi, soprattutto) intervista “Exhausted diligence” del 22 febbraio 2009 del blogger Li Nan a Wang NingDe la cui relazione parziale in lingua inglese è in: exhausteddiligence.blogspot.
Li Nan: Che differenza percepisci, visualmente e nell’essenza, fra l’originale e la sua riproduzione?
Wang NingDe: La tua analisi è già da esperto – la domanda che hai posto è quella che io per primo vorrei porre. Tu sicuramente puoi rispondere meglio di quanto io stesso sarei in grado di fare.
(Li Nan)
Non arretrai di certo dopo una simile risposta. Ciò a cui ero davvero interessato era il fatto che questa specifica questione, nell’ambito di un nascente interesse per la fotografia, fosse condivisa da molti. A me, in particolare, vengono subito in mente tutti quei magnifici calendari da appendere ai muri visti da piccolo, che riproducevano le grandi opere d’arte dell’Occidente. La Fotografia è essa stessa una forma di espressione, ma, al medesimo tempo, può divenire meramente funzionale ad altre forme d’arte e, nel processo ormai inarrestabile di interdipendenza dei mezzi espressivi, anche un intermediario della rappresentazione di un soggetto (d’arte) diventa esso stesso parte dell’opera.
All’interno della scena contemporanea la ri-produzione di un’opera d’arte è divenuta uno standard. Nel senso della scelta specifica di rivisitazione di grandi capolavori, la sensibilità di Wang NingDe sembra essersi – da par suo – “modernizzata”.
(Wang NingDe)
Per essere onesti, sono sì e no cinque anni che mi sono imposto di studiare ogni singola immagine, cosicché, in merito al concetto di “ri-visitazione”, posso solo tornare alla mia infanzia ed è certo che questa operazione debba suonare alle mie orecchie piuttosto eccitante poiché dovrò parlare di un fotografo di cui mostrerò di non conoscere neppure il nome.
Sono nato nel 1972, e questa storia è dei primi anni ’80: non andavo ancora a scuola. Un pomeriggio, a casa di mia nonna, trovai una pila di riviste in un angolo contro un muro. Mi pare fosse la “Gioventù di Liaoning” e sulla controcopertina era riprodotta la Monna Lisa di Leonardo. La Rivoluzione Culturale aveva perso il mordente e l’arte più famosa da tutto il mondo (in particolare quella del Rinascimento italiano) era riprodotta in gran copia. La mia sensazione è che quei cambiamenti culturali così radicali nacquero in quel contesto assai prima di ogni altra presa di coscienza intellettuale o spirituale.
Fu quella riproduzione – quella “fotografia” – che accese in me l’interesse più tenace per la Fotografia, la quale piantò nel mio giovane cuore i semi dell’arte e mi condusse dove sono oggi (e, qui, Wang NingDe si mette a ridere…).
BIOGRAFIA di WANG NINGDE
1972 Nato a Kuandian, nella provincia di Liaoning, China
1995 Laureato presso il Dipartimento di Fotografia, Accademia di Belle Arti di Lu Xun, Shenyang
Vive e lavora fra Shenzhen and Guangzhou, China
ESPOSIZIONI RILEVANTI
2009
Beijing – Havana, New Contemporary Chinese art Revolution, Cuba Museo Nacional de Bellas Artes, Havana,Cuba
2008
Beijing-Athens: Contemporary Art from China, City of Athens Technopolis, Greece
2006
Inner Scopes Contemporary Chinese Photography as Conscious Practices, Shanghai Gallery of Art, Shanghai, China
Coloring, Esplanade Theatres on the Bay, Singapore
Some Days, Goedhuis Contemporary, New York, USA
Some Days, The Red Mansion Foundation, London, UK
Harvest II – Contemporary Chinese Photo Exposition, Art Scene Warehouse, Shanghai, China
2005
Reviewing the City, Guangzhou Photo Biennial Reviewing, Guangzhou, China
Working Out to the Hongmen – the Nowadays Photography of China, Italy
Harvest, Art Scene Warehouse, Shanghai, China
China Living in Interesting Times – A Decade of New Chinese Photography, The Guangzhou Photography Biennial, Guangdong Museum of Art, Guangzhou, China
Between History and Illusion – Wang Ningde Solo Exhibition, Lu Xun Academy of Fine Art, Liaoning Province, China
Living in Interesting Times – A decade of New Chinese Photography, Tel-Hai Industrial Park, Israel
Mahjong, Kunstmuseum, Bern, Switzerland
The Lianzhou International Photographic Exhibition, Esplanade Theatres on The Bay, Singapore
Making a New Relationship -The Ethics of Art, Dimensions Art Center, Beijing, China
Out of the Red Door, Marella Contemporary Art, Milan, Italy
Mahjong, Kunstmuseum Bern, Bern, Switzerland Inner Scope: Contemporary Chinese
2004
Illusion, Aura Gallery, Shanghai, China
The Fifth Shanghai Biennale – Techniques of the Visible, Shanghai Art Museum, Shanghai
Le Moine et le Demon – Art Contemporain Chinois, Musée d’Art Contemporain, Lyon, France
GuangYin – Tempi di Donna, Festival Internazionale della Fotografia, Roma, Italy
People – Chinese Views from 1990 to Today, Hong Kong Central Library, Hong Kong
Between Reality and Memory – A Photography Exhibition Featuring the Work of Chinese Photographers, Tishman Gallery, New York, USA
All Under Heaven – China Now!, Contemporary Art Museum, Antwerp, Belgium
No Body’s Fool, No Body’s Hurt, Aura Gallery, Shanghai
The First China International Gallery Exposition (CIGE), Beijing
La Photographie Contemporaine Chinoise, Musée des Beaux-Arts, France
Where Are You Heading, Mother China?, Tokyo Ginza Guardian Garden Salon, Tokyo, Japan Elsewhere, Chongqing Museum of Art, Chongqing, China
The San Francisco International Photography Exposition, San Francisco, California
An Attitude of Openness, Guangdong Museum of Art, Guangzhou, China
2003
An Interesting and Singular Stroll, France Island of Photography Centre, Paris, France
Alternative Modernity, X-Ray Art Center, Beijing, China
Strange Heaven – Contemporary Chinese Photography, Galerie Rudolfinum, Peague, Czech Republic
From China Contemporary Art Photography, ARHUS Artist Mansion, Denmark
2002
Dance in the Little Village, Pingyao International Photo Festival, Pingyao, Shanxi Province, China
The City that Can Not Be Seen, Shanghai Xing Guang Photo Gallery, Shanghai, China
No Problem, Aura Gallery, Shanghai, China
2000
The Younger Generation and the New World, Guangzhou Museum of Art, Guangzhou, China
1999
Walking Towards a Darker Place, Yuedong Gallery, Guangdong Province, China
Let There Be Light – Wang Ningde Solo Exhibition
Dove:
Xin Dong Cheng Space for Contemporary Art I, II & III
The Old Factory 798 Art District, Dashanzi, Jiu Xian Qiao Lu No.4, Chaoyang District, Beijing, China. Post No.8503 100015
Quando:
Inaugurazione: 20 Marzo 2010, h 15.00
Esposizione: Dal 20 Marzo al 31 Maggio 2010
Informazioni:
Tel Space 1: 86 10 -59 78 93 56
E-mail: contact@xindongcheng.com
www.chengxindong.com