Dal 28 giugno al 16 novembre la splendida cornice di Villa Olmo a Como, ospita la mostra “Ritratti di città – Urban sceneries. Da Boccioni a de Chririco, da Sironi a Merz a oggi”.
È il secondo capitolo di una trilogia iniziata l’anno scorso con la mostra “La città nuova. Oltre Sant’Elia”. Curata da Flaminio Gualdoni, l’esposizione vuole proporre una riflessione sulla città attraverso un secolo di meditazioni di artisti, più o meno noti.
Sono una sessantina le opere esposte, provenienti da una cinquantina di collezioni. Accompagnano il visitatore alla scoperta di quale sia stato il ruolo e il valore della città, a partire dal Futurismo per arrivare, attraverso la Metafisica, fino ai giorni nostri con opere di artisti giovani e giovanissimi.
Gualdoni ha usato una bella metafora per spiegare il ruolo dell’artista nella società: lo ha paragonato a quello dei canarini in miniera. Un ruolo fondamentale per la sopravvivenza e assimilabile alla sensibilità dell’artista che a differenza della gente comune, possiede doti di grande intuizione.
Il filo rosso dell’esposizione è proprio l’indagine sulla città, come gli artisti la vedono con l’avvento della modernità. Come nasce, cresce e si trasforma. E come per gli artisti diventa “soggetto e oggetto d’arte”.
Se si pensa alle città oggi, spesso una parola che viene in mente è “megalopoli”. Pensiamo a infinite estensioni di metropoli che si allargano sempre di più, che rubano spazio alla campagna ed espandendosi in tutte le direzioni tendono ad avvicinarsi e a diventare un unicum. Ci stiamo dirigendo sempre più verso forme di città diffuse, come una sorta di città infinita. Se questi sono gli scenari urbani nel 2014, all’inizio del Novecento venivano posti i primi semi di questo processo di crescita che oggi ci sta quasi fagocitando.
La mostra a Villa Olmo offre una riflessione sulla città moderna nell’arte del XX secolo e vi riscontra due anime, quella futurista e quella metafisica. Come racconta Gualdoni, “La città il futurismo deve inventarla per poterla pensare”. Non c’erano ancora in Italia delle vere metropoli come Londra e Parigi. Ma già Boccioni vedeva una “città che sale”, la intuiva come dinamica, in movimento, piena di entusiasmo e di possibilità. Nella prima sala c’è una sua opera, “Periferia” del 1909, che chiarisce bene il passaggio tra la campagna e la città che fagocita la natura. Ed è proprio con il Futurismo che la città entra in scena come soggetto di un ritratto, con una valenza psicologica.
Ben diversa è quella metafisica. Gli scenari urbani descritti da Giorgio de Chirico sono spazi vuoti. Diventano come dei grandi palcoscenici. “In queste invenzioni dechirichiane passa l’intuizione che lo spazio urbano è, nella modernità, alieno e alienante e, proprio in quanto dismisura del progettare umano, disumanizzante, ben più estraneo di quanto possa mai essere qualsiasi contesto naturale” (Flaminio Gualdoni, “Ritratti di città”, catalogo della mostra)
Caso isolato è Mario Sironi presente con 3 opere in mostra. Per lui la città non è solo uno scenario, ma è “luogo dell’anima”. Le fabbriche sono il suo soggetto prediletto e di Milano dice “che cosa può darmi la città commerciante se non il ribrezzo e il bisogno di difesa contro la sua stessa difesa?”
Nelle sale successive continua il percorso cronologico fino agli ultimi decenni, dalla pittura si passa alla fotografia, scultura e fino ad arrivare alla performance.
Tra le “chicche” presenti in questa esposizione si segnalano: una scultura inedita di Arnaldo Pomodoro creata ad hoc per la mostra e “La città che avanza” di Giacomo Balla, del 1942. Un olio di un Balla deluso dal Futurismo che dipinge questo Lungo Tevere evocando l’entusiastica “Città che sale” di Boccioni, ma con la consapevolezza che la città sta solo avanzando. La bella e particolare cornice è originale.
Nelle ultime due sale, esposte declinazioni di città viste dagli occhi di fotografi come Gianni Berengo Gardin,Gabriele Basilico, Luigi Ghirri e Maurizio Galimberti e opere recenti di artisti come Jonathan Guaitamacchi o i giovani Giacomo Costa e Luigi Presicce.
La mostra sarà aperta fino al 16 novembre 2014
Altre immagini di opere esposte:
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INFORMAZIONI UTILI:
Ritratti di città
Da Boccioni a De Chirico, da Sironi a Merz a oggi.
Villa Olmo, Via Cantoni 1, Como
28 giugno – 16 novembre 2014
Orari: Venerdì, Sabato, Domenica h 10-22
Martedi, Mercoledì, Giovedì
fino ad Agosto h 15-22
da Settembre h 10-20
Lunedì chiuso
Aperture straordinarie il 15 Agosto e 1 Novembre
Ingresso:
Intero: € 10,00
Ridotto: € 8,00
(visitatori oltre 65 anni e tra 6 e 18 anni, universitari fino a 26 anni, gruppi da 15 a 25 persone, categorie convenzionate)
Scuole: € 5,00
(gruppi scolastici da 15 a 25 persone con ingresso gratuito per due accompagnatori);
Famiglie: € 25,00
(due adulti e i figli di età compresa tra 6 anni e 18 anni)
Gratuito: minori di 6 anni, Guide turistiche abilitate e interpreti turistici, Disabili e loro accompagnatore, Giornalisti con tesserino, Funzionari della soprintendenze statali e regionali e funzionari dei musei comunali, Membri dell’ICOM
Audioguide
Adulti € 5,00
Audioguida per 2 persone € 8,00
Servizi:
Bookshop, guardaroba, bar nel parco di Villa Olmo, accesso disabili.
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Perche’ in questa presentazione non avete messo nemmeno un dipinto di Sironi, il piu’ importante dei pittori italiani del 900 della mostra, dato che ha compreso, lui solo, la vera anima della citta’ moderna? Sarebbe stato non solo un atto dovuto, ma anche espressione di intelligenza critica.
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Perche’ in questa presentazione non avete messo nemmeno un dipinto di Sironi, il piu’ importante dei pittori italiani del 900 della mostra, dato che ha compreso, lui solo, la vera anima della citta’ moderna? Sarebbe stato non solo un atto dovuto, ma anche espressione di intelligenza critica.