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La Camera dello sguardo

Luca Campigotto, Chicago, 2007, Stampa inkjet su Baryta Archival Paper, 110 x 137 cm, Collezione dell’autore © Luca Campigotto
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Data
Data - 18 Dic 2009 until 21 Mar 2010

Luogo
Palazzo S.Elia

Categoria/e
fotografia

Artista

Curatore

Web:-


Luca Campigotto, Chicago, 2007, Stampa inkjet su Baryta Archival Paper, 110 x 137 cm, Collezione dell’autore © Luca Campigotto
a cura di Achille Bonito Oliva
 18 dicembre 2009 – 21 marzo 2010 Palazzo S.Elia, Palermo
”La camera dello sguardo-Fotografi italiani” è il titolo della mostra fotografica promossa dalla Provincia regionale di Palermo, organizzata da Civita Sicilia da un progetto di Incontri internazionali d’Arte e curata da Achille Bonito Oliva. L’esposizione – un collettivo inedito ideato e allestito per palazzo S.Elia.
La camera dello sguardo per osservare e catturare la realtà; un punto di osservazione ”dall’alto” per ritrarre il mondo dalla giusta distanza. Un ”movimento da fermo” che percorre e segna come un misterioso filo rosso le diverse esperienze della grande fotografia italiana.

Una collettiva ricchissima, che conta 29 autori (tra i quali due siciliani, Ferdinando Scianna e Lia Pasqualino) e 98 opere. Un lungo viaggio per immagini, dagli anni ’50 ad oggi, un excursus di luoghi, facce, epoche, illuminazioni, pensieri e solitudini che, nella sua complessità e totalità, declina lo stile della fotografia italiana e delinea una virtuosa comunione tra fotografia e arte riconosciuta a livello internazionale.

<La Provincia di Palermo – spiega il Presidente Giovanni Avanti – accoglie la grande fotografia italiana per una mostra che si annuncia  come un grande evento culturale, per il pregio dei maestri che espongono le loro opere e per l’eterogeneità dei temi e dei soggetti trattati. La mostra di Palazzo S.Elia vuole essere la testimonianza autentica del grande interesse e dell’attenzione che la fotografia di altissima qualità riscuote nel pubblico, ma rappresenta anche la strategia culturale della Provincia di Palermo, che intende offrire alla fruizione generale quanto di meglio vi sia nel panorama artistico, nella consapevolezza che la crescita economica e lo sviluppo del territorio non possano prescindere dalla loro integrazione con una crescita culturale dell’intera comunità. La prestigiosa sede museale di via Maqueda mette a disposizione di autori, curatori e pubblico gli splendidi saloni affrescati del Settecento, ma li proietta in una dimensione assolutamente contemporanea, in un affasciante gioco di ‘contrasti’, che non toglie nulla alla bellezza degli interni, ma anzi la arricchisce e la  rinnova>.

GLI AUTORI
In mostra opere di Claudio Abate, Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Antonio Biasucci, Lisetta Carmi, Elisabetta Catalano, Mario Cresci, Luciano D’Alessandro, Franco Fontana, Francesco Jodice, Mimmo Jodice, Raffaella Mariniello, Paolo Mussat Sartor, Ferdinando Scianna, Paul Thorel, Aniello Barone, Luca Campigotto, Federico Garolla, Mario Giacomelli, Luigi Ghirri, Ugo Mulas, Lia Pasqualino, Beatrice Pediconi, Dino Pedriali, Paolo Pellegrin, Marialba Russo, Paola Salerno, Oliviero Toscani.
IL CURATORE
Tanti i temi, i soggetti, le storie scelti per le varie inquadrature, ma uno soltanto il denominatore che lega le immagini esposte:
<La fotografia italiana – scrive Bonito Oliva nel testo critico in catalogo – [……] introduce  nell’ambito dell’immagine la torsione tipica dell’anamorfosi, che appartiene alla storia della pittura, adoperando rigorosamente gli strumenti del linguaggio fotografico. Si mette nella posizione del duello: il fotografo, di fronte al dato, non lascia scattare il dito sulla macchina precipitosamente, bensì promuove una serie di relazioni e rispecchiamenti, [….] La fotografia non è casuale e istantanea, non è il risultato di un raddoppiamento elementare, bensì di una messa in posa che complica e rende ambigua la realtà da cui parte>.
Bonito Oliva definisce “pathos della distanza” la “consapevolezza di una presenza, di un diaframma costituito dal linguaggio figurativo che permette di denominare le cose ma non di possederle”. Da qui, dalla posizione volutamente ‘aliena’ del fotografo, trae origine il titolo della mostra, il riferimento forse a prima vista enigmatico a quello spazio blindato e asettico che è l’occhio del fotografo, camera dello sguardo, appunto, strumento preciso per accedere alla conoscenza, il rovescio della medaglia, secondo Bonito Oliva, della “perdita”.
<Il fotografo – scrive ancora il curatore – adopera la stessa ‘civile ipocrisia’, utilizza materiali e convenzioni che rappresentano e nello stesso tempo negano la rappresentazione tra astrazione e figurazione. Oscilla liberamente con piacere e dolore costruendo immagini presenti e allusive, vicine e anche distanti. La vicinanza è dettata dalla scelta del materiale e dalla convenzione visiva che afferma e conferma la precisione dello sguardo. La distanza è rappresentata dalla filosofia dello sguardo stesso che conosce la sua possibilità e contiene anche la memoria di un contatto ormai impossibile da realizzare e ricostruire>.
I SOGGETTI
Immagini di ieri e di oggi aprono porte su mondi anche diametralmente opposti: gli impenetrabili palazzoni moscoviti della burocrazia e del rublo, fotografati nel 2007 da Gabriele Basilico, e l’enigmatica Natività di Antonio Biasiucci (del 2009); uno stralunato Ezra Pound in vestaglia a 81 anni, fotografato a Sant’Ambrogio di Rapallo da Lisetta Carmi, e l’artista Maurizio Mochetti, sornione e intrigante nei suoi smaglianti 33 anni, ritratto da Elisabetta Catalano; il Banco dei pegni di Napoli, con il vecchietto smunto perso fra santini e carabattole fotografato da Luciano D’Alessandro nel ‘65, e Simonetta Visconti, ribattezzata “la prima donna della moda italiana”, immortalata nel ’56 nel suo atelier di Roma da Federico Garolla (lo stesso autore della foto di Pasolini, anno ’56, che gioca a calcetto su un campetto di fortuna a Centocelle).
Volti noti e altri sconosciuti, gli afflitti e i privilegiati, ovvero l’elegante coppia newyorkese di Gianni Berengo Gardin e il disoccupato di Gragnano, fotografato da D’Alessandro; il cinema, l’arte e la letteratura, paesaggi urbani con rifiuti, nelle foto di Aniello Barone, campagne sconfinate, nella Basilicata di Franco Fontana che avrebbe potuto fare da sfondo ad un film di Antonioni, montagne ostili, nell’Afghanistan di Paolo Pellegrin. Lia Pasqualino, presente con 4 opere, fotografa sul set del film di Roberto Andò “Il manoscritto del principe”, Jeanne Moreau, Leopoldo Trieste, Michel Bouquet, Laurent Terzieff; Dino Pedriali ruba un gesto a Federico Fellini e a Andy Warhol. In allestimento anche quattro immagini di Mario Giacomelli, il fotografo del ”realismo magico” che fu anche tipografo, poeta e pittore, tratte da due delle sue serie più note: “La notte lava la mente”, che cita nel titolo i versi di Mario Luzi, e “Io non ho mani che mi accarezzino il volto”, il ciclo dei pretini che pattinano in tonaca, citazione dei versi di padre David Maria Turoldo.
Quattro le foto firmate da Ferdinando Scianna: gli scatti delle feste religiose di Tre Castagni e Racalmuto del ’63 e ‘64, tra devozione popolare ed ebbrezza profana – tratte dal primo libro “Feste religiose in Sicilia”, con la prefazione di Leonardo Sciascia – e gli scatti del reportage realizzato nell’88 nel villaggio di Kami, in Bolivia, a 3500 metri di altezza, tra i volti scavati e gli sguardi di ossidiana dei discendenti degli indios.

In mostra anche un’immagine-shock di Oliviero Toscani: si tratta della discussa ”Anorexia”, scattata per la campagna 2007 contro l’anoressia di un noto marchio di abbigliamento per ragazze. Isabella Caro esibisce i suoi 31 chili di pelle e ossa per sollevare il velo sul tema dei disturbi del comportamento alimentare.

Il catalogo illustrato bilingue, con il testo critico di Achille Bonito Oliva, è edito da Peliti Associati.
BIOGRAFIE DEGLI ARTISTI IN MOSTRA
Claudio Abate
Nasce a Roma nel 1943, vive e lavora a Roma. Esordisce come fotografo agli inizi degli anni ’60, nel momento in cui si affermano movimenti artistici come l’Arte povera, l’Arte concettuale, la Body art, la Narrative art e le performances. Sono gli anni nei quali Roma è il centro della ricerca più sperimentale e d’avanguardia: Claudio Abate ne è la testimonianza fotografica; con il suo lavoro ci dà un ritratto di un mondo e di una vita che vive attraverso le sue fotografie; ma non sono solo testimonianze, bensì sperimentazione dell’uso della luce, dei contrasti, dello spazio e del movimento. La sua non è solo una cronaca dell’arte, ma la storia di come l’arte contemporanea si è inserita nel dibattito culturale. In tutto il suo lavoro vi è una grande generosità, una grande condivisione con gli artisti, vivendo in mezzo a loro e quindi capendo come  intendevano il lavoro e poi allargando la sua attività al giornalismo, architettura e teatro.

Olivo Barbieri
Nasce a Carpi, in provincia di Modena, nel 1954. Frequenta la facoltà di Pedagogia e il DAMS di Bologna, e durante gli anni dello studio intensifica il suo interesse per la fotografia. Si dedica alla ricerca, partendo dalla fotografia sociologica per poi concentrarsi sulla luce artificiale che ha per soggetto il paesaggio, l’architettura e il loro rapporto con la notte. Espone in varie mostre italiane e dal 1978 anche all’estero. In prima fila negli sviluppi della fotografia italiana contemporanea, dagli anni Ottanta è presente nelle principali campagne di documentazione territoriale in Italia. Dal 1989 compie regolari viaggi in Cina, Paese di cui studia al tempo stesso i segni della tradizione e le affinità con la cultura occidentale. Negli stessi anni visita l’India. La sua macchina fotografica è sempre alla ricerca della sintassi del luogo visitato. Il biennio 1999-2000 lo vede ritrarre realtà e spazi italiani: nel 1999 un’inedita serie di immagini che raffigurano nuovi e vecchi stadi del nord e del sud della penisola rappresentati come videogiochi, nel 2000 gli interni dei tribunali di Roma, Milano e Palermo. Nello stesso anno torna in Oriente, in Tibet, dove ritrae interni di templi riccamente ornati in cui l’elemento decorativo rappresenta la coesistenza di secolare e sacro. Le sue immagini suggeriscono l’impossibilità di impacchettare una cultura, rallentando e intensificando i processi d’osservazione e dando il via a una percezione più viva del dettaglio e dei rapporti tra figura e fondo. Nel 2003 inizia la serie Site Specific, un viaggio di conoscenza volto a mettere in luce gli aspetti simbolici dei contesti urbani e della realtà abitata dall’uomo.

Aniello Barone
È nato a Napoli, dove attualmente vive. Laureato in sociologia con una tesi sud degrado ambientale, dal 1994 ha intrapreso una ricerca fotografica sulla realtà urbana e suburbana delle  aree metropolitane, ponendo particolare attenzione alle “subculture”. Si interessa alle tematiche che riguardano l’ambiente, l’immigrazione e le periferie. Ha partecipato a mostre in Italia e all’ estero, segnatamente a Napoli, Parigi e New York. Ha pubblicato nel 2006 Detta Innominata, Peliti Associati; nel 2001 La Comunità accanto, Federico  Motta Editore e nel 2001 Sahrawi: la terra sospesa, Edizioni Electa. Nel 2007 ha vinto il Premio Marco  Bastianelli per il libro Detta Innominata.

Gabriele Basilico
Nasce a Milano nel 1944, dove vive e lavora. Nel 1973 si laurea in architettura all’Università di Milano. Nel 1978 inizia la sua ricerca sull’area urbana industriale di Milano, che termina  nel 1983. Nel 1984 partecipa alla mostra collettiva “Viaggio in Italia”, progettata da Luigi Ghiri. Inoltre viene invitato insieme a fotografi europei e statunitensi a lavorare per il progetto della Mission Photographique de la DATAR sulla campagna francese. Dal 1984 al 1987 realizza progetti per Milano, Trieste, Rotterdam, Ginevra, Lago Trasimeno, Hamburg, Barcellona, Anversa. Nel 1990 a Parigi riceve il Grand Prix Mois de la photo. Nel 1991 partecipa con un gruppo di fotografi internazionali alla Mission Photographique sulla città di Beirut. Negli anni successivi, dal 1992 ad oggi realizza progetti sulle città di Barcellona, Francoforte, Firenze, sulla Francia, sul porto di Bilbao, sulle città di Madrid, Nizza, Modena e Cremona. Nel 1995 documenta la trasformazione della dogana di Oporto, lavora a Fos sur Mer, grande polo industriale nei pressi di Marsiglia, fotografa la trasformazione urbana di Palermo e di Bergamo, la facoltà di Architettura di Porto in Portogallo realizzata da Alvaro Siza, Berlino e la sua rivoluzione edilizia. Nel 2001 inizia un’ampia ricerca sui siti  archeologici della regione Provence-Alpes-
Cote d’Azour. Nel 2003 su invito della città di Cherbourg ritorna nel Nord della Francia. Nel 2005 una sua opera di grande formato (metri 27 x 1,90) viene installata perennemente nella Stazione Vanvitelli della Metropolitana di Napoli. Viene inoltre invitato dalla IX Biennale di Istanbul a realizzare un lavoro di documentazione sulla città turca. Nel 2006 e nel 2009 sue grandi mostre sono ospitate alla Maison Europèenne de la Photographie a Parigi.

Gianni Berengo Gardin
Nasce a Santa Margherita Ligure nel 1930 ed inizia ad occuparsi di fotografia nel 1954. Dopo aver vissuto a Roma, Venezia, Lugano e Parigi, nel 1965 si stabilisce definitivamente a Milano ed inizia la sua carriera professionale, dedicandosi alla fotografia di reportage, all’indagine  sociale, alla documentazione di architettura ed alla descrizione ambientale. Ha collaborato con le principali testate della stampa italiana ed estera, ma si è principalmente dedicato alla realizzazione di libri, con oltre 200 pubblicazioni. Nel 1963 è stato premiato dal World Press Photo, Nel 1995 ha vinto il Leika Oskar Barnack Award ad Arles, durante gli Incontri Internazionali di Fotografia. Nel 1998 ha vinto ex aequo il premio Oscar Goldoni per il miglior fotolibro dell’anno.

Antonio Biasiucci
Nasce a Dragoni (Caserta) nel 1961, vive e lavora a Napoli. I suoi primi interessi vanno alla fotografia antropologica: si trasferisce a Napoli nel 1980 e comincia a lavorare sulle periferie urbane. Nel 1984, in collaborazione con l’Osservatorio Vesuviano, esegue un’ampia ricerca fotografica sui vulcani attivi in Italia. Nel 1982 vince il premio European Kodak Panorama. Nel 2005 si aggiudica il prestigioso premio Kraszna Krausz con l’opera RES. Il suo lavoro è profondamente radicato nella cultura del sud di Italia e può considerarsi sempre come un viaggio negli elementi primari dell’esistenza, sia che esplori il mondo dei vulcani (Vulcani, Magma), che ritragga delle vacche (Vacche) o la mattanza del maiale (Vapori). Nel 2009 una sua grande composizione – 60 foto – della serie Magma entra a far parte della Collezione del Museo Madre di Napoli.

Luca Campigotto
Nasce a Venezia nel 1962. Vive e lavora a Milano. Nel 1990, terminati gli studi di Storia, si dedica alla fotografia di paesaggio e architettura. Tra il 1995 e il 2000 pubblica tre libri su Venezia e fotografa le montagne della Grande Guerra. Nel 1996 realizza un progetto sul Cairo, iniziando a legare la  propria ricerca al tema del viaggio. Nascono così le serie su Marocco, Patagonia, Isola di Pasqua, Lapponia, Yemen, Londra, New York, Angkor, India, Chicago, Iran. Ha esposto al Mois de la Photo, Parigi; CCA, Montreal; MAXXI, Roma; Biennale di Venezia; Festival della Fotografia, Roma; MEP, Parigi; Galleria Gottardo, Lugano; IVAM, Valencia; The Art Museum, Miami; The Margulies Collection at The Warehouse, Miami. Sue opere sono conservate presso: Maison Europeéenne de la Photographie, Parigi; Canadian Centre for Architecture, Montreal; The Progressive Collection, Cleveland; The Margulies Collection at the Warehouse, Miami; The Sagamore Collection, Miami; Collezione Unicredit, Milano, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; Collezione Cassa di Risparmio di Modena; Metropolitana di Napoli; Museo Fortuny, Venezia; Museo d’Arte Moderna e Contemporanea, Varese; Galleria Civica, Modena; Museo della Fotografia, Cinisello Balsamo. Tra le sue pubblicazioni personali: The Stones of Cairo, Peliti Associati, Roma 2007; Venicexposed, Contrasto, Roma/ Thames&Hudson, London/La Martinieère, Paris 2006; Sguardi gardesani, Nicolodi, Trento 2004; L’Arsenale di Venezia, Marsilio 2000; Fuori di casa, Imagina 1998; Molino Stucky, Marsilio 1998; Venetia Obscura, Peliti Associati, Roma /Dewi Lewis, Stockport / Marval, Paris 1995. Coltiva da sempre l’interesse per la scrittura. Nel 2005 la rivista Nuovi Argomenti ha pubblicato una selezione di sue immagini e poesie.
Lisetta Carmi
Nasce a Genova nel 1924 e vive e lavora a Cisternino, in provincia di  Brindisi. Negli anni sessanta abbandona l’attività di pianista per dedicarsi alla fotografia. Dopo la collaborazione con il teatro delle Duse a Genova, si dedica al  reportage, facendo della fotografia uno strumento di denuncia e indagine sociale. A questi anni risalgono le immagini sulle condizioni di lavoro dei portuali genovesi e sui travestiti. Nel corso degli anni Sessanta e Settanta compie frequenti viaggi in  Israele, alla ricerca delle proprie radici ebraiche, ed in India, Pakistan e Afghanistan.
L’incontro con il maestro induista Babaji la avvicina ad una nuova spiritualità e la conduce in Puglia, dove fonda un ashram in cui si dedica alla diffusione dell’insegnamento del maestro e al  recupero di tossicodipendenti. Le sue mostre più recenti si sono tenute presso il Teatro Rasi di Ravenna  nel 2009; presso la One Piece Art gallery nel 2008 a Roma; Palazzo Rosso a Genova nel 2007; Castello Svevo, Lecce nel 2005; Sala Murat, Bari nel 2006.
Elisabetta Catalano
Inizia la sua attività collaborando a riviste come Il Mondo, L’Espresso, Vogue Italia. Lavora a New York per Vogue America e per le edizioni francese e inglese. Negli anni ‘70 collabora con artisti concettuali e del comportamento, alla realizzazione di loro opere che utilizzano la fotografia (Pistoletto,  Pisani, Mauri, Chia, Tacchi, De Dominicis). Ha la sua prima personale nel 1973 “Uomini 1973”, ritratti di artisti. La  sua attività nel mondo dell’arte e dello spettacolo è testimoniata dalle numerose mostre alla quali ha partecipato.  La GAM di Torino le ha dedicato unagrande personale.
Mario Cresci
Nasce a Chiavari nel 1942. Dalla fine degli anni Sessanta ha sviluppato un  complesso corpo di lavoro che varia dal disegno, alla fotografia, all’installazione. Il suo lavoro si è sempre  rivolto ad una continua investigazione sulla natura del linguaggio visivo usando il mezzo fotografico come pretesto opposto al concetto di veridicità del reale. Autore, tra i primi in Italia della sua generazione, di un’opera eclettica all’interno della ricerca fotografica in cui le analisi della percezione visiva e della forma del pensiero artistico e  fenomenico acquisite al Corso superiore di Industrial Design di Venezia, si confrontano negli anni Settanta con l’esperienza diretta del lavoro sul campo in ambito etnico e antropologico delle regioni del Mezzogiorno italiano. Dalla fine degli anni Settanta si dedica anche all’insegnamento come attività di esperienza creativa condivisa con gli altri e intesa come parte integrante del suo lavoro d’autore nella convinzione che l’opera d’arte può consistere in un dispositivo formale che genera relazioni tra le persone o nascere da un processo sociale. Nel 1969 realizza la prima installazione fotografica in Europa alla Galleria “Il Diaframma” di Milano esponendo, nel rapporto tra produzione e consumo, un migliaio di cilindri trasparenti contenenti altrettante fotografie anch’esse trasparenti intese come frammenti del consumismo di allora nel dualismo tra immagini della ricchezza e della povertà. Nel 1968 e nel 1969 tra Roma e Parigi collabora con la Galleria l’Attico ed entra in contatto con Pascali, Mattiacci, Patella e Kounellis, realizzando una serie di performance urbane con due nastri fotografici di contenuto sociale e aderenti all’idea del teatro di strada. Nel 1974 alcune sue fotografie sono acquisite dal Moma di New York. Dagli anni Novanta ad oggi, dopo aver diretto dal 1991 al 2000 l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo e aver organizzato numerosi eventi culturali dedicati ai giovani artisti in collaborazione con Vittorio Fagone e la Gamec di Bergamo come: “Arte e Impresa”, “Clorofilla” e “Accademie in Europa”, riprende il suo lavoro d’autore su problematiche come: l’appropriazione, lo slittamento di senso, variazioni, coincidenze e analogie in cui l’estetica della fotografia rifiuta la logica dello spettacolo, della ricerca del consenso per restituire un modo di sentire e di vedere il mondo come esperienza da condividere. Nel 2004 si è tenuta alla Galleria d’arte Moderna e Contemporanea di Torino la  sua prima mostra antologica, “Le case della Fotografia, 1966-2003” a cura di Piergiovanni Castagnoli. Ha esposto in alcune e dizioni della Biennale di Venezia tra le quali “Muri di carta, fotografia e paesaggio dopo le avanguardie” nel 1993 diretta da Achille Bonito Oliva e a cura di Arturo Carlo Quintavalle. Recentemente alcune sue opere sono entrate in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero e recentemente in quella di Massimo Minini di Brescia. Nel 2007 le Edizioni Motta cultura Il Sole 24 Ore hanno pubblicato, a cura di Enrico De Pascale il primo volume di un complesso monografico del suo lavoro nella collana I Tools. Nel 2009 ha curato un libro sul rapporto tra arte e fotografia: ”Future Images” per il Gruppo editoriale de Il Sole 24 Ore di Milano. Dal 2004 è docente di Teoria e metodo della Fotografia al
biennio di specializzazione in Fotografia all’Accademia di Brera di Milano.
Luciano D’Alessandro
Nasce a Napoli nel 1933 – vive e lavora a Napoli. Inizia a fotografare nel 1950. Dal 1952 è impegnato nei reportage giornalistici per le maggiori testate italiane e internazionali e per le riviste di fotografia, viaggiando a Parigi, dove incontra J.P. Sartre, in Unione Sovietica, a Cuba. Nel 1961 ha la prima mostra personale a Napoli. Dal 1965 al 1968 si dedica alla ricerca sui Manicomi e nel 1969 pubblica il  suo primo libro, Gli esclusi, da cui viene tratto un documentario e un film TV. Nel 1980 diventa responsabile dei servizi fotografici per Il Mattino di Napoli e vive la sconvolgente esperienza del terremoto. Rimane al Mattino fino al 1983, quando si trasferisce a Parigi, dove rimane per molti anni, frequentando Romeo Martinez, Henry Cartier Bresson,  Josef Koudelka, Marc Riboud, André Kertést e i fotografi dell’Agenzia Magnum. Nel 2002 su invito del Comune di
Napoli installa in esposizione permanente nove gigantografie nella Stazione della Metropolitana di Piazza Cavour. La sua attività di fotografo ha spaziato dal mondo del reportage a quello sociale e di ambiente. Tra le sue mostre: “l’occhio come mestiere” del 1972, “il ghetto barocco” del 1975, “Cuba” del 1977, “fotografia italiana” alla Maison Europeenne de la Photographie a Chalon sur Saone nel 1977, e ai Rencontre International di Arles nel 1978, “the Italian eye” a New York nel 1978, “dentro le case” nel 1980, “il lavoro a Napoli” nel 1980,  “Politics and Photography” a New York nel 1980, il suo reportage “terremoto in Irpinia 1980” entra a far parte della mostra itinerante del World Press Photo
Holland nel 1981, “gli esclusi” nel 1981, “Fotografia italiana” a Pechino nel 1981, “reporter a Milano” nel 1982, “Trismegisto” nel 1993. Nel 2008 realizza un nuovo lavoro sul miracolo di san Gennaro a Napoli.
Franco Fontana
Nasce a Modena nel 1933. Comincia a fotografare nel 1961, favorendo subito il colore. La sua prima opera pubblicata è un portfolio del 1964 e la sua prima personale è a Torino nel 1965. La sua serie più famosa, Landscapes è in mostra per la prima volta a Ferrara, Palazzo dei diamanti, nel 1970: il fotografo fonde in queste immagini la sua sensibilità cromatica alla capacità di rilevare geometrie nascoste della natura. Nel 1979 si reca
negli Stati Uniti, dove trova paesaggi urbani completamente diversi dalla sua esperienza; anche qui riesce ad esprimere la propria capacità di isolare gli elementi significativi in un ambiente apparentemente caotico e disarmonico. Nasce la serie Urban landscape: la figura umana non è mai presente e predominano i temi cromatici e goemtrici. Nel periodo successivo, dal 1979 al 1982 di dedica alla serie  Presenza-assenza, dove la figura umana è un’ombra che interagisce con gli elementi dell’architettura, invertendo le prospettive. Nell’ultima serie, Sorpresi nella luce americana, uomini e donne sono accompagnati solo dalla propria ombra: l’uomo è solo nella vita metropolitana. Fontana si è dedicato, all’interno della ricerca sui  paesaggi urbani, alla serie Asfalti dove con mirabile maestria isola elementi di strada, esaltando come al solito il  contrasto tra i colori.

Federico Garolla
Federico Garolla nasce a Napoli nel 1925. Giornalista di penna nella sua  città natale, Federico Garolla passa alla fotografia spinto dalla fortuna incontrata dal rotocalco nel primo dopoguerra, specializzandosi negli scatti di moda e delle personalità dello spettacolo tanto ricercati dai giornali del tempo. Chiamato nel 1950 a Milano all’Europeo dal direttore Arrigo Benedetti, lavora negli anni seguenti per i maggiori settimanali italiani e per rotocalchi stranieri come Paris Match, Colliers, Stern e National Geographic. Nel 1951 è inviato  di Epoca, poi de Le Ore, diretto da
Salvato Cappelli. Accanto alle fotografie di dive e indossatrici, di  personaggi del mondo della cultura e dell’arte della Roma anni ’50 e ’60, realizza reportage di documentazione sociale,  dimostrando di inserirsi con sensibilità nella migliore tradizione del realismo del dopoguerra. Nel 1956 gli viene affidata l’organizzazione e la direzione del servizio  fotografico dell’agenzia giornalistica Italia. Poi, nel corso degli anni ’60, quando il mondo ritratto dai suoi scatti inizia a scomparire per lasciare spazio ai nuovi protagonisti dell’Italia del boom economico, allenta la sua attività di fotografo. Nel 1976 realizza una serie di documentari per la Rai; nel 1980 fonda, insieme a Mario Monti, una casa editrice di guide ai musei italiani. Infine torna a guardare al suo archivio, scoprendovi una testimonianza preziosa di un pezzo di storia italiana. Ne nascono un importante lavoro di catalogazione delle sue immagini e una serie di mostre e pubblicazioni che restituiscono alla fotografia italiana un autore troppo a lungo

dimenticato.
Luigi Ghirri
Luigi Ghirri nasce a Scandiano (Reggio Emilia) nel 1943 e si spenge a Roncoresi (Reggio Emilia) nel 1992. Tra gli autori più importanti e influenti nel panorama della fotografia contemporanea, inizia il suo lavoro nel 1970 sulla base di un approccio maturato all’interno dell’arte concettuale e le sue ricerche lo portano ben presto a essere noto sulla scena internazionale. Nel 1975 è tra le “Discoveries” del  Photography Kardi «Timc-Life» e partecipa all’esposizione Photography as Ari di Kassel. Nel 1982 è invitato alla Photokina di Colonia dove, nell’ambito della mostra Photographie 1922-1982, viene presentato come uno dei venti fotografi più significativi del XX secolo. Già verso la fine degli anni Settanta all’attività espositiva sempre più intensa inizia ad affiancare l’idea di un importante lavoro di promozione culturale, con la messa a punto di progetti editoriali sviluppati all’interno della casa editrice Punto e Virgola fondata insieme a Paola Borgonzoni e Giovanni Chiaramente (1978-1980) e quindi con l’organizzazione di mostre come Iconocittà (1980), Viario in Italia (1984), Esplorazioni sulla Via Emilia (1986) che lo vedono al centro di un animato dibattito. Sulla base di committenze pubbliche e private si esprime dunque lungo gli anni Ottanta come interprete dell’architettura e del paesaggio  italiano, offrendo tra l’altrò il suo sguardo alle realizzazioni di alcuni importanti architetti. Nel 1985 Aldo Rossi lo
invita a lavorare per la sezione architettura della Biennale di Venezia e nel 1988 cura la sezione fotografia della Triennale  di Milano.La sua lunga e profonda riflessione sul tema del paesaggio culmina quindi sul finire degli anni Ottanta con la realizzazione dei volumi Paesaggio italiano e II profilo delle nuvole, entrambi del 1989. Assai numerose sono oggi le pubblicazioni dedicate alla sua opera I suoi lavori sono conservati presso varie realtà museali  nel mondo tra cui: Stedelijk Museum. (Amsterdam), Musée-Chàteau (Annecy), Musée de la Photoghaphie Réattu (Arlcs), Polaroid Collection (Cambridge, Massachussets), Musée Nicéphore Niépce (Claon-su-Saone), Museum of Fine Arts (Houston), Museo di Fotografia Contemporanea (Cinisello Balsamo, Milano), Archivio dello Spazio – Amministrazione Provinciale (Milano), Galleria Civica (Modena), Canadian Centre for Architecture – (Montreal), Museum of Modern Art (New York), Cabinet des Estampes – Biblioteque Nationaie (Paris), Fond
National d’Are Contemporain (Paris), Collection Fnac (Paris), Centro Studi e Archivio della Comunicazione (Parma), Biblioteca Panizzi – Fototeca
(Reggio Emilia), Palazzo Braschi – Archivio Fonografico Comunale (Roma).
Mario Giacomelli
Nasce a Senigallia nel 1925, muore nel 2000. Comincia a fotografare nel 1952. le sue serie più importanti dei primi anni sono: Nudi del 1954, Vita d’ospizio del 1954-56, Natura morta del 1955/56, Paesaggi, argomento che curerà sino alla morte, Scanno e Lourdes del 1957/59, Zingari, Puglia e Studenti del 1958, Loreto, Mare e di nuovo Lourdes nel 1959, Nudi nel 1960. Tra il 1966 e il 1968 torna a fotografare l’Ospizio di Senigallia (Verrà la morte e avrà i tuoi occhi) ed ancora tra il 1981 e 1983 (Non fatemi domande). È il luogo dove da piccolo accompagnava la madre, che vi lavorava. Giacomelli ha sempre lavorato sui paesaggi, un capitolo fondamentale della sua produzione, che gli ha reso fama internazionale. Egli affermava “io non ritraggo il paesaggio, ma i segni, le memorie dell’esistenza di un ‘mio’ paesaggio. Attraverso il paesaggio trovo la mia anima”. Altre serie famose sono Scanno, sul paesino abruzzese già fotografato da Henri Cartier Bresson, e I pretini, realizzata dal 1961 al 1963. Le foto degli ultimi anni, a partire dal 1990, denotano una nuova ricerca per fornire alle immagini nuovi significati del mondo, fotografato con gli occhi dell’anima e la cui realtà, nella forma, è quella della sua idea interiore – non fornisce risposte ma pone domande.
Francesco Jodice
Nasce a Napoli nel 1967, vive e lavora a Milano. Alcune tappe della sua carriera artistica: 1995: inizia a lavorare, con la fotografia, i film, le mappe e gli scritti. 1996: laurea in Architettura all’Università di Napoli. 2000: è tra i fondatori di “Multiplicity”, un network internazionale di artisti ed architetti. Tra i progetti di Multiplicity: Tokyo voids, USE: Uncertain States of Europe, Solid area. 2004: Professore di Teoria e Pratica dell’immagine tecnologica presso la Facoltà di Disegno e Arte dell’Università di Bolzano. Progetti: dal 1997: What we want, un atlante dei comportamenti sociali e urbani in 50 metropoli del mondo. Dal 1998: The secret traces, una ricerca basata sul pedinamento fotografico di persone sconosciute in varie città del globo.  Dal 2000: 100 stories, 100 brevi animazioni fotografiche di persone inconsapevoli spiate mentre compiono gesti senza significato. Dal 2002:Natura, una serie di studi che ricostruiscono eventi criminali o bizzarri avvenuti in varie aree rurali del mondo. Nel 2003: The gift, un cortometraggio diretto insieme al fratello Sebastiano Jodice. Ha partecipato alla Biennale Internazionale di Fotografia di Torino 2003, alla 50a Biennale di Venezia  2003, alla XIV Quadriennale di Roma 2003, a Documenta 11 a Kassel 2002, ad Art Omi, New York nel 2002, con una  borsa di studio della Dena Foundation.

Mimmo Jodice
Nasce a Napoli nel 1934, dove vive e lavora. Fino al 1996 è stato docente  di fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Fotografo di avanguardia, vive il linguaggio fotografico non  come mezzo descrittivo ma come strumento espressivo, è uno dei protagonisti della nascita e affermazione della  fotografia italiana in campo internazionale. La sua prima mostra importante è nel 1968 al Palazzo Ducale di Urbino. Negli  anni ’70 si dedica alle tematiche sociali e ai valori simbolici sullo stato di degrado del mondo urbano. Nel 1980,  con il suo libro Vedute di Napoli avvia una nuova indagine, lavorando su uno spazio urbano vuoto e inquietante, quasi  metafisico. Da allora in poi le sue foto saranno sempre più immerse nel visionario e silenzioso. Nel 1986 espone al Memorial Federal Hill di New York. Nel 1994 partecipa a “The Italian Metamorphosis 1943-1968” al Solomon Guggenheim Museum di New York. Il suo nome ha uno spazio significativo nel “Dictionnaire mondial de la photographie des origins a nos jours” edito da Larousse di Parigi. Nel 1995 esce Mediterraneo, esposto prima al  Philadelphia Art Museum e poi alla Triennale di
Milano, al Museo archeologico di Bari e infine al Castello di Rivoli in  collezione Cotroneo. Il volume Mediterraneo è edito da Aperture New York. Nel 1998 la Maison Europeenne de la Photographie gli ha dedicato una personale. Nel 1998 nasce Eden, uno sguardo insistente sulle cose che consumiamo  giorno per giorno, una rivisitazione della natura morta, vista come metafora. Il volume Eden è edito da Leonardo Arte Milano. Nel 2000 esce Isolario Mediterraneo, l’isola vista da un lato come luogo di pace o di raccoglimento, d’amore, di felicità e dall’altro come spazio di esilio o di reclusione. Il volume Isolario Mediterraneo è edito  da Federico Motta Milano. Sia Eden che Isolario Mediterraneo sono stati esposti al Museo d’Arte Contemporanea MART di Trento in collezione Cotroneo. Nel 2001 la GAM di Torino gli ha dedicato una retrospettiva: 1965-2000, con  volume edito dalla GAM. Nel 2003 l’Accademia dei Lincei di Roma gli ha conferito il prestigioso Premio Feltrinelli. Ha ricevuto la Laurea Honoris  Causa in architettura da parte dell’Università Federico II di Napoli. Nel  2010 la Maison Europèenne de la Photographie gli dedicherà una grande personale.

Raffaela Mariniello
Nasce a Napoli nel 1961, dove vive e lavora. Si avvicinata alla fotografia  appena ventenne collaborando con un’agenzia di fotogiornalismo. Da quella esperienza vissuta in una città continuamente al centro della cronaca emerge uno sguardo attento al paesaggio urbano. La sua ricerca artistica è  da sempre parallela i lavori su commissione (campagne fotografiche per pubblici e privati, pubblicità, eccetera) ed è particolarmente attenta al rapporto tra persone, oggetti quotidiani e luoghi dove si abita. Il  paesaggio industriale e post industriale ha occupato sempre un posto centrale nel suo lavoro. Preferisce la foto  notturna, usando immagini con esposizione prolungata, e segue uno proprio punto di osservazione e di documentazione puramente formale. Le sue foto sono una testimonianza delle varie forze economiche che convergono a formare spazi di alienazione e disagio sociale. L’atmosfera delle sue fotografie è rafforza ta dall’assenza umana e dal  pesante contrasto dell’illuminazione. Tra i suoi lavori va ricordato Bagnoli – una fabbrica del 1991 sulla riconversione dello stabilimento siderurgico, oggetto ancora oggi di polemiche. Tra i suoi cicli più noti vi sono  Moltitudini del 1995, Natura morta del 1998, Napoli veduta immaginaria del 2001. Nel 2004, su incarico di incontri  Internazionali d’Arte, ha documentato la realizzazione di Daniel Buren per il Palazzo dell’A.R.I.N a Napoli (facciata e fontana).

Ugo Mulas
(Pozzolengo, 1928 – Milano 1973) è una delle figure più importanti della fotografia internazionale del secondo dopoguerra. Dopo il debutto nel fotogiornalismo (1954) Mulas si impone  rapidamente nei più diversi campi del professionismo italiano, contribuendo al rinnovo della fotografia  industriale e d’architettura, di moda e di pubblicità, pubblicando in numerose riviste come Settimo Giorno, la Rivista Pirelli,  Novità, Domus, Vogue e Du. Mulas fotografa le edizioni della Biennale di Venezia dal 1954 al 1972 e intraprende un’intensa collaborazione con gli artisti. Negli anni l’attenzione al mondo dell’arte diventa il principale  progetto personale del fotografo. Dopo la rivelazione della Pop Art alla Biennale del 1964 Mulas decide di partire  per gli Stati Uniti (1964-1967) dove realizza il suo più importante reportage con il libro New York arte e persone (1967). I grandi formati, le proiezioni, le solarizzazioni, l’uso dell’iconografia del provino, sono elementi che Mulas recupera dalla pratica quotidiana del suo fare, dalle sperimentazioni pop e new dada. In questi anni collabora alla documentazione di eventi artistici quali Campo Urbano (Como, 1969), Amore Mio (Montepulciano, 1970), Vitalità del Negativo (Roma, 1970) e il decimo anniversario del Nouveau Réalisme (Milano, 1970). La crisi del reportage, la ricerca di un nuova significazione per il linguaggio fotografico, ormai superato dal mezzo televisivo, porta Mulas ad uno straordinario lavoro di riflessione storico-critica sulla fotografia. Sono gli anni che vedono la nascita del progetto delle Verifiche (1968-1972), una serie che sintetizza in tredici opere fotografiche l’esperienza di Mulas e il suo dialogo continuo con il mondo dell’arte. Le Verifiche sono l’ultima opera del fotografo che proprio in quel periodo si ammala gravemente.
Paolo Mussat Sartor
Nasce a Torino nel 1947, dove vive e lavora. Autodidatta, inizia a fotografare nel 1966. Nel 1968 inizia una collaborazione con la Galleria di Gian Enzo Sperone, incontrando e fotografando artisti italiani e stranieri che espongono le loro opere nella Galleria. Sartor espone e pubblica ritratti
di artisti e delle loro opere o installazioni nei cataloghi d’arte e nelle riviste specialistiche di tutto il mondo.  Lavora anche per riviste d’arte e di architettura, come Domus, Vogue, Casa Vogue. Nel 1979 l’editore Stampatori pubblica Paolo  Mussat Sartor, fotografo 1968/1978, Arte e artisti in Italia, un libro sull’arte contemporanea  italiana. Parallelamente, a partire dal 1970, si dedica al proprio lavoro fotografico. A partire dal 1985, interviene sulle  stampe fotografiche, che realizza lui stesso, con pigmenti colorati e con tecniche miste, rendendole esemplari unici. La  GAM di Torino gli ha dedicato una grande personale.

Lia Pasqualino
È nata a Palermo, in una nota famiglia di artisti e intellettuali. Dopo  essersi diplomata all’Istituto di Patologia del libro di Roma e avere per qualche tempo esercitato la professione di restauratrice della carta ha incontrato Letizia Battaglia. Dal 1986, anno in cui ha seguito un corso guidato dalla fotografa palermitana, si è dedicata esclusivamente alla fotografia, alternando il reportage alla foto di scena, pratica in cui non si è limitata alla cronaca del set o del palcoscenico, ma ha elaborato una sua personale visione dove  s’intrecciano lo sguardo del reportage e una ricerca rigorosa in cui volti, paesaggi e oggetti si ritrovano  immersi in un’atmosfera sospesa e silente. Ha pubblicato i volumi Il manoscritto del principe edito da Federico Motta  editore (2000) e Intorno a Viaggio segreto (2006) edito da Contrasto. Nel 2008 a Milano, alla galleria Corso Magenta  10 di Adi Corbetta, ha esposto per la prima volta la sua ventennale attività di ritrattista, presentata da  Ferdinando Scianna. Nel 2009 presso lo Studio Angeletti ha presentato la mostra Prove di memoria, a cura degli Incontri  Internazionali d’Arte. Vive a Roma, con il marito Roberto Andò e la figlia Giulia.

Beatrice Pediconi
Vive tra Roma e New York. La sua formazione si svolge tra Parigi e Roma  dove si laurea in architettura presso l’università “La Sapienza” nel 1997. A partire dal ‘95 oltre a specializzarsi nella fotografia di architettura, la cui attività è pubblicata su riviste e libri del settore italiani ed internazionali, si dedica alla fotografia di ricerca. Dal 2007 l’Archivio fotografico “Scala” di Firenze diventa agente ufficiale di  parte delle sue fotografie di architettura. La sua ricerca fotografica, nata da un’indagine molto personale di strutture  architettoniche solide e permanenti, è approdata, nel 2002, al più mutevole dei quattro elementi: l’acqua, elemento liquido per eccellenza. La fluidità e l’ambiguità delle immagini e l’utilizzo delle due tecniche di fotografia e di pittura contemporaneamente, raccontano di una società che si sta sempre più globalizzando e liquefando. Il suo lavoro è stato esposto in mostre personali nella galleria di Marilena Bonomo a Bari, a Torino da Photo & Contemporary e a Roma da Valentina Bonomo e in varie collettive in Italia ed all’estero. Nel 2008 vince il premio come  miglior artista alla biennale of Experimental Art di San Pietroburgo. Quest’anno vince la borsa della Lucid Art Foundation  per una artist residency in California per il 2010.
Dino Pedriali
È nato a Roma nel 1950. Vive e lavora a Roma. Peter Weiermair, nel catalogo  edito per la mostra del 2004 presso la Villa delle Rose a Bologna, lo ha definito “il Caravaggio della fotografia del Novecento” per la sua “estetica della luce” e per la nobilitazione di modelli presi dalla strada. Dino Pedriali ha colto con il suo obiettivo ritratti di giovani drogati, ragazzi di strada e “ragazzi di vita” di Roma, grandi personaggi  della cultura come Segal, Manzù, De Chirico, Zeri, Rama, Moravia, Fellini, Nurejev, Warhol, Man Ray (che lo ha  iniziato alla fotografia), Pasolini (fotografato nella sua casa di Chia nel 1975 per il libro Petrolio alcuni  giorni prima del suo brutale assassinio). Famoso per i suoi nudi e per le sue nature morte, è fortemente influenzato dallo studio della pittura antica che rende i primi scultorei, astratti e fa risorgere come forma pura gli  elementi “morti” delle sue nature. Si ricordano le mostre personali più recenti: “Dino Pedriali e suoi amici”, Toningallery, Torino, 2009; “Romae”, Galleria Anna D’Ascanio, Roma, 2008; “Il velodromo”, Ikona Gallery, Venezia, 2007; “Dino  Pedriali”, Galleria Luxardo, Roma, 2007; “Pasolini anno 1975”, Museo Provinciale, Potenza, 2006-2007;  “Pasolini anno 1975”, Marie du 10 Arrondissement, Parigi, 2006; “Pasolini ultimo atto?”, Fondazione Alda  Fendi, Roma, 2005; “Pasolini corpo intatto”, Galleria d’Arte Moderna, Spoleto, 2005; “Dino Pedriali. Nudi ritratti  fotografie 1975 2003”, Villa delle Rose, Galleria d’Arte Moderna, Bologna.
Paolo Pellegrin
Nasce a Roma nel 1964. Entrato nell’agenzia Magnum Photos come nominee nel 2001, ne diventa membro effettivo nel 2005. Attualmente fotoreporter inviato di Newsweek, ha vinto diversi premi tra cui il World Press Photo, il Photographer of the Year Award, la Leica Medal of Excellence, l’Olivier Rebbot Award, l’Hansel-Meith Preis e il Robert Capa Gold Medal Award. Nel 2006 ottiene il W. Eugene  Smith Grant in Humanistic Photography. Ha esposto in numerosi musei e gallerie in Italia e all’estero e ha pubblicato sei libri, tra cui i più recenti sono Kosovo 1999-2000: The Flight of Reason, Double Blind e As I was Dying. Vive  tra Roma e New York.
Marialba Russo
Napoletana, vive a Roma dal 1987. Ha studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Si avvicina alla fotografia alla fine degli anni Sessanta; la sua attenzione è rivolta alle  rappresentazioni religiose e alle feste popolari dell’Italia centromeridionale. Negli anni 1970 pubblica ‘I
Quaderni dello sguardo’, una collana di fotografia da lei ideata. Accanto alla ricerca personale e all’attività espositiva  collabora con alcune testate giornalistiche italiane e straniere. Nel decennio successivo Marialba Russo è presente in diverse manifestazioni e iniziative dedicate alla fotografia in Europa e negli Stati Uniti; continua la sua collaborazione con alcune università italiane in cui tiene corsi di fotografia. Negli anni Novanta l’autrice muove la sua ricerca in una riflessione più intima e analitica, dove il paesaggio è metafora di un tempo interiore. Nell’ultimo  decennio il Museo della Fotografìa di Salonicco e il Jin Tai Art Museum di Pechino propongono l’anteprima dell’”Incanto” edito da Skira Milano nel 2004.È presente nella mostra ‘Vanitas. Le opere e i giorni” ideata da Achille Bonito Oliva, e con ‘il Cantico della farfalla’ al Maxxi Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo. Il tema al quale sta lavorando riguarda la donna nella trama simbolica della sua impossibilità. Ancora inedito, questo lavoro sarà  visibile nel 2010.
Paola Salerno
È nata a Catanzaro in Italia e vive a Saint Denis in Francia. Dopo aver studiato architettura all’università di Reggio Calabria e a Roma, si è diplomata all’École Nationale Superieure des Arts Decoratifs di Parigi. Ha studiato inoltre presso la Cooper Union School of Fine Arts a New York.
Da sempre legata alle immagini delle periferie del mondo come tema della propria ricerca (da Beirut a La Plaine Saint-Denis al Sud Italia) e ad un approccio documentaristico inteso sia  come metodo operativo sia come procedura concettuale, Paola Salerno in tutto il suo lavoro cerca di definire le relazioni tra la pratica artistica e una “politica impossibile”, così come Brian Holmes ha definito la sua ricerca. Nel 2008 ha tenuto una personale a Lione, nell’ambito della manifestazione “septembre de la photographie”. Nel 2006 ha presentato a Berlino la personale “A consumaçao”, una serie di fotografie e video, frutto di un lungo periodo trascorso in Brasile, presso la galleria Play_Gallery for still and motion picture. Nel 2002 ha esposto a Quimper, in Canada, presso Le Quartier centre d’art contemporain. Nel 2000 ha presentato il ciclo fotografico  “Calabria” (1995-1999) presso la Galerie M&T de La Châtre di Parigi. Tra le mostre collettive più recenti a cui Paola Salerno ha partecipato si ricordano: “ExIt, nuove geografie della creatività italiana”, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Torino, 2002; “Fables de l’Identité”, Centre national de la photographie, Paris, 2003; “Fabbrica dell’immagine”, Académie de France à Rome Villa Medici, Roma, 2004.
Ferdinando Scianna
Nasce a Bagheria (Sicilia) nel 1943. Inizia a fotografare nel 1960. Dal 1961 al 1966 studia Lettere e Filosofia all’Università di Palermo. Nel 1962 conosce lo scrittore Leonardo Sciascia, con il quale realizza numerosi progetti. Nel 1965 pubblica il suo primo libro, Feste religiose in Sicilia, con il quale vince il Premio Nadar. Nel 1966 si trasferisce a Milano e nel 1967 inizia a collaborare con il settimanale L’Europeo. Nel 1973 inizia a lavorare come giornalista e nel 1974 diviene corrispondente da Parigi per L’Europeo. A partire dal 1976 scrive anche per Le Monde diplomatique e per La Quinzaine Litteraire. Nel 1977 conosce Henri Cartier Bresson. Entra nell’Agenzia MAGNUM nel 1982, fa ritorno a Milano nel 1983 e lavora intensamente alla realizzazione di servizi in Europa, Africa, America. Nel 1987 inizia a lavorare anche nel campo della moda. Nel  2009 la Maison Europèenne de la Photograhie gli ha dedicato una grande personale con uno splendido catalogo edito da Contrasto.
Paul Thorel
Artista fotografo, nato nel 1956, Italo Francese, Paul Thorel, dopo alcuni  anni di pittura iniziati nel 1970, seguendo un corso da Carla Accardi a Roma, nel 1979 inizia una ricerca sulla  creazione di immagini elettroniche all’Institut National de l’Audiovisuel di Parigi. Negli anni successivi, oltre al suo lavoro di artista, lavora su progetti sperimentali collaborando con la Rai, centri di produzione TV, industrie  informatiche e università. Realizza progetti per il cinema e il teatro e collabora alla creazione di spot pubblicitari.  Dal 1982 si dedica al trattamento digitale della fotografia. I suoi lavori sono stati pubblicati su riviste  internazionali di fotografia come Aperture, Originale, Zoom, Photographies Magazine e su diversi quotidiani e settimanali  italiani. Espone in gallerie e partecipa a mostre fotografiche in musei francesi, italiani e americani, a due edizioni
della Biennale Internazionale della Fotografia di Torino e a diverse rassegne dedicate alla fotografia e ai  nuovi media nell’arte.
Oliviero Toscani
Oliviero Toscani, figlio del primo fotoreporter del Corriere Della Sera, è nato a Milano nel 1942, ha studiato fotografia e grafica alla Kunstgewerbeschule di Zurigo dal 1961 al 1965.  Conosciuto internazionalmente come la forza creativa dietro i più famosi giornali e marchi del mondo, creatore di immagini corporate e campagne pubblicitarie attraverso gli anni. Come fotografo di moda ha collaborato e  collabora tuttora per le testate più importanti, nelle edizioni di tutto il mondo. Dal 1982 al 2000 ha fatto  della United Colors of Benetton uno dei marchi più conosciuti al mondo. Nel 1990, ha ideato e diretto “Colors”, il  primo giornale globale al mondo, facendone un magazine di culto, seguito e copiato da tutte le avanguardie  della comunicazione. Nel 1993, ha concepito e diretto Fabrica, il centro internazionale per le arti e la  ricerca della comunicazione moderna. Il lavoro di Toscani è stato esposto alla Biennale di Venezia, a San Paolo del Brasile,  alla Triennale di Milano, e nei musei d’arte moderna e contemporanea di Mexico City, Helsinky, Roma, Lausanne, Francoforte, etc. Ha vinto numerosi premi come quattro Leoni d’Oro al Festival di Cannes, il Gran Premio  dell’UNESCO, due volte il Gran Premio d’Affichage, e numerosi premi degli Art Directors Club di New York, Tokyo e  Milano oltre al Saatchi & Saatchi Clio Hero Show. Toscani ha insegnato comunicazione visiva in due università e ha scritto diversi libri sulla comunicazione. Dal 1999 al 2000 è stato direttore creativo di Talk Miramax  a New York. Dopo più di tre decadi di innovazione, ora si interessa di creatività della comunicazione applicata  ai vari media, lavorando nel suo nuovo centro di ricerca chiamato La Sterpaia, Bottega dell’Arte della  Comunicazione. Tra gli ultimi progetti: la collaborazione con il Ministero della Salute, con la Fondazione Umberto  Veronesi, F.C. Inter oltre alle campagne di interesse e impegno sociale. Nel 2008 La Sterpaia, sotto la guida di Oliviero Toscani, ha dato avvio al progetto RAZZA UMANA/ITALIA, uno studio socio-culturale che documenta le facce degli italiani. Toscani è Accademico d’Onore presso l’Accademia delle Belle Arti di Firenze, vive in Toscana, produce olio d’oliva, vino e alleva cavalli.
Raffaela Mariniello, Porto di Salerno, 2009, C-print su Diasec, 120 x 100 cm, Courtesy Galleria Leggermente, Fuori Fuoco, Salerno
INFORMAZIONI UTILI:
La Camera dello sguardo
18 dicembre 2009 – 21 marzo 2010
a cura di Achille Bonito Oliva
Palermo
Palazzo S.Elia
via Maqueda 81
orario di apertura: dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19:30. Chiusura il lunedì
Ingresso gratuito
per informazioni: dal martedì al venerdì, dalle 9 alle 14, 091 8887767
Ufficio relazioni con il pubblico della Provincia: 091 6628450/8290/8923
www.civita.it – www.provincia.palermo.it

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