Dall‘Affordable Art Fair di Milano, alla Terrazza Aperol e ora un volo diretto per Londra, dove è in corso il suo primo solo show d’oltremanica.
Classe 1978, lui è Filippo Bruno, ma per l’art system il suo nome è Willow, uno degli artisti di spicco della Pop Art Italiana. Diplomato alla Scuola del Fumetto e di Illustrazione di Milano, inizia la sua carriera come fumettista e illustratore, per poi sviluppare un particolare e coloratissimo linguaggio artistico che nel 2009 arriva sulla tela firmato con lo pseudonimo Willow.
Da Milano a Miami, da Montreal a Sidney: diciotto sono le gallerie di tutto il mondo che ospitano opere di Willow, e più di venti le mostre organizzate negli ultimi tre anni che hanno portato avanti il nome della Pop Art Made in Italy.
Con quattro mostre tenutesi nel mese di Maggio, tra cui la bipersonale “Orange” presso la Terrazza Aperol di Piazza Duomo (Milano), organizzata da Listen Club in collaborazione con Affordable Art Fair Milano e Galleria Spazio San Giorgio Arte Contemporanea di Bologna, l’artista neopop Willow ci accoglie oggi nella sua variopinta bottega nella tranquilla provincia di Milano, di ritorno da Londra, dove è ancora in corso “God Save the Pop!”, la sua mostra personale presso Amstel Art Gallery.
Dalla Scuola del fumetto, alle opere di Willow. Come racconti questi anni?
Dalla scuola sono passati parecchi anni ormai. Il percorso e’ stato quello classico per ogni disegnatore o illustratore che finito l’iter accademico, comincia a presentarsi presso agenzie pubblicitarie e case editrici con il book pieno di lavori sotto braccio. Lo stile che seguo ora e che firmo con lo pseudonimo Willow, comincia anche quello anni fa, in parallelo a ciò che mi veniva richiesto dal cliente. Studiavo nuove forme, stilizzando e giocando col colore. Poi conoscendo altri artisti, muovendomi per mostre ho avuti nuovi stimoli. La mia ricerca mi ha portato su tutto un altro piano rispetto a prima. Da quel momento, come da un punto di non ritorno, ho deciso di portare avanti in maniera molto più forte e decisa questa mia nuova visione artistica.
C’è qualcuno che ha sempre creduto in te, nel tuo lavoro e nel tuo futuro?
In questi anni devo dire che è stata dura. In Italia non è considerato un lavoro quello del disegnatore di fumetti e quindi poco o per niente tutelato. Per questo ogni artista si muove seguendo una sua strada, più o meno simile a quella di un altro collega, quasi sempre “in solitaria” e sempre senza sapere a che livello e a che risultati può portare. Non c’è una vera e propria linea da seguire. E questo porta a doversi muovere molto, porta a pochi risultati ed è parecchio frustrante. L’unica cosa che in tutti questi anni non mi è mai mancato è stato l’appoggio e la presenza della mia famiglia senza la quale sarebbe stato molto difficile avere la forza per dire “ok, continuo.” a tutti i NO che arrivavano dal mondo dell’editoria quotidianamente.
Adesso sono arrivato? No. Per niente. Anzi ho iniziato ora un percorso, e forse ancora più duro perché cominciano a conoscermi in diversi settori dell’arte, dell’industria. Cominciano a darmi fiducia e questa bisogna ogni giorno meritarsela! E ora più che mai sento il sostegno e la fiducia di mio padre e di tutta la mia famiglia.
Sei considerato uno degli artisti di spicco della neopop art. Cosa significa essere pop oggi? E qual è la strada della neo pop art?
Pop è popolare, è divertirsi comunicando a vari livelli e a più persone possibili il tuo modo di esserci, di vivere l’arte di divertirsi giocando con la comunicazione. Pop è colore ed espressività. E’ arroganza con un pizzico di egoismo e POP è farsi sentire. La strada non c’è: questo è il bello. La si crea ogni giorno. Pop è la ricerca che parte dal gioco per bambini al trattare grandi temi di attualità. E anche viceversa!
A proposito di attualità, le tue opere sono per la maggior parte colorati guazzabugli di forme che tendono a rappresentare la società odierna. Come ti rapporti con essa?
Da qualche tempo seguo la politica e l’attualità un po’ per forza vista anche la situazione socio economica in cui ci troviamo, dove si nuota a fatica riemergendo solo per capire dove siamo. Un bel guazzabuglio non c’è che dire! E di colore e di espressione colorite non ne mancano! E allora spesso effettivamente rivedo nei miei lavori certi significati e situazioni, che ricordano vagamente la contemporaneità. Una folla che urla, scalpita, freme, si agita e contorce… Forse un po’ ci sono rimasto in mezzo anche io!
E in mezzo a queste folle chiassose delle tue opere spesso compare un esserino piccolo, solo e spaesato rispetto al contesto. Rispecchia la tua relazione con il mondo esterno?
Mi piace spesso rendere l’idea che in tutto questo frastuono e mescolarsi di forme e colori ci sia un isola felice, un singolo che spunta dalla massa . Qualcuno che si oppone con forza, che urla una sua idea, magari a dispetto di una comunità monocromatica nel pensiero, che lo vorrebbe integrato e silenzioso come tanti altri. Questa cosa mi piace.
Il significato si traduce con visioni diverse. Sento tante persone, che, commentando i miei lavori, si rivedono in tale figura. Un Don Chisciotte, un piccolo esserino con del fegato, a cui non importa nulla. Uno che si fa sentire!
I personaggi delle tue opere si esprimono attraverso lettere e suoni propri del fumetto. Quale significato ha questo linguaggio? E tu cosa intendi esprimere e quale messaggio pensi di dare con le tue opere?
E’ un linguaggio fatto di versi e suoni non per forza onomatopeici, ma che creano un rumore di fondo, come di una folla, di un gruppo in continuo movimento.
Quando si usa il colore e quando, come nel mio caso, se ne usa parecchio, e lo si usa puro, senza sfumature, è un po’ come parlare a voce alta. Il linguaggio è chiaro e arriva diretto. Ovviamente ci deve essere un messaggio e a me piace che chi osserva una mia opera abbia e viva una sua sensazione. Penso sia giusto così. Non c’è un messaggio unico e solo per ogni mia opera.
Come nascono i tuoi quadri?
Uso smalto su tela. E’ una tecnica che ha una certa semplicità e velocità di esecuzione. Mi dà l’opportunità di creare vari livelli e fermarmi a particolareggiare in un secondo momento alcune situazioni, risaltando alcuni dettagli.
Si parte dall’idea iniziale che poi sviluppo di getto, direttamente su tela senza tracce a matita, partendo direttamente con pennello e colore.
La tua arte non si esaurisce con le tele, ma conquista la terza dimensione attraverso oggetti customizzati, per esempio i Toys, un tipo di concetto ancora non molto diffuso in Italia, ma molto popolare all’estero.
Sì, effettivamente il fenomeno dei toys e’ molto più conosciuto all’estero, in particolare in Giappone e America dove il manga e le anime hanno guadagnato un posto fisso nella cultura e nella società.
Il toy nasce dall’idea di unire il design e l’arte in un unico oggetto che assume le forme di un giocattolo per bimbi, la forma di un orsetto o un gatto, un toy appunto, che puo’ essere rivestito da grafiche d’artista. Ma niente ha a che fare con un giocattolo fine a se stesso, anzi comincia a trovare spazio in musei e collezioni private anche importanti. La stessa Walt Disney Company ha deciso recentemente di presentare alcuni suoi personaggi rivisitandoli sotto forma di toys. Realizzati in vinile bianco, vengono destinati a vari artisti in tutto il mondo per essere resi pezzi unici e con cui e’ stato organizzato un grande evento in Times Square a Hong Kong nel 2010.
Oltre ai toys, la Vespa in mostra al Nhow hotel di Milano, la Fiat 600, il WC “Pop inside” in vetrina alla Amstel Art Gallery a Londra… Con quale criterio scegli cosa customizzare?
Nei dettami della pop art c’era l’oggetto comune che diventava simbolo di una intera cultura basata sul consumismo. Un oggetto comune che diveniva pezzo da museo, simbolo o addirittura un cult per intere generazioni.
Ho deciso quindi di cominciare a utilizzare come base, oggetti di uso quotidiano, un po’ particolari magari o distinti per la loro storia, il loro scopo o per il loro design. Di conseguenza ecco la Vespa Special 50, simbolo del design italiano, di una intera generazione ma anche ricordo mio d’infanzia, sinonimo di libertà di movimento!
Forte dell’esperienza acquisita al fianco di un mio collega specializzato nell’aerografia e nella preparazione di caschi e altri superfici dure, ho imparato come rendere unici alcuni oggetti con le mie grafiche in maniera professionale e con i necessari accorgimenti perché si conservino al meglio nel tempo.
Hai appena inaugurato a Londra presso Amstel Art Gallery, il tuo solo show “God save the pop!”. In una scena artistica sempre più dominata dall’arte concettuale e performativa, pensi che Londra sia il luogo giusto per salvare il pop?
A me Londra piace proprio perché antico crocevia di culture e dove chiunque può esprimersi trovando il proprio spazio e la giusta location al proprio stile.
Amstel Art Gallery ha ospitato la mia prima personale a Londra ed è stata una bellissima esperienza. Finora sono venute molte persone e sono stato molto contento di vedere che i miei lavori siano piaciuti ad un pubblico trasversale e di tutte le età.
Cosa ti auguri che i visitatori percepiscano da questa mostra?
Non c’e’ nessun messaggio particolare o nascosto da percepire. Vorrei solo intuissero il lavoro che ho dedicato a ogni mia opera e la ricerca che c’è stata per arrivare ad un certo livello di stilizzazione delle forme. Mi piace quando commentano sorridendo per l’elemento ironico nell’opera oppure quando rimangono affascinati da tutti quei colori.
Accanto alla tua attività di disegnatore, in questi anni hai sviluppato collaborazioni con aziende, la più nota ai lettori forse è quella con Motta per cui hai disegnato il Jumbotram nel 2011 e il packaging del panettone lo scorso Natale. Da artista, come vivi il rapporto tra arte e azienda?
Un altro aspetto interessante di questo stile è che si può benissimo adattare ad un discorso forse più commerciale. Le collaborazioni che ci sono state in questi anni sono sempre state frutto di un’intesa fra artista e azienda dove alla base c’e’ stato il massimo rispetto per la mia opera e le mie grafiche sono state utilizzate così come da me create, non distorte o modificate da terzi. E’ stato anche molto istruttivo e interessante vedere come il mio disegno è arrivato a rivestire al meglio il prodotto rendendolo unico.
Con Motta si è decorato inizialmente un tram di Milano ma poi successivamente mi è stato proposto di “vestire” il loro prodotto di punta, studiando un nuovo pack per il panettone per il Natale 2012. E ancora con Weissestal abbiamo progettato un’intera collezione di porcellane per la tavola e con Rivadossi le posate di Willow…
Diciamo che con Willow non si va solo a tavola, ma dall’anno prossimo anche a scuola…
Si, l’ultima collaborazione è stata con Cosimo Panini Editore per lo studio di una copertina per un’edizione speciale del famosissimo diario COMIX per il 2014.
Inutile dire che è stato un onore oltre che divertente, vedere le mie grafiche rivestire la Comix. Io stesso usavo quest’agenda a scuola e ogni volta che vedo il prodotto finito mi sento sempre una sensazione di meraviglia mista a sorpresa che dovrebbe essere solo in chi la vede per la prima volta!
Quali sono i prossimi appuntamenti? Dove sarà possibile osservare le tue opere nei prossimi mesi?
Il 21 Giugno inaugurerò una personale a Milano presso la Castelli Gallery (via Cerano, Milano); poi, in Settembre mi sposterò a Roma, dove si terrà la mia prima esposizione nella capitale, presso la Galleria Arscritica Moderna e Contemporanea (via A. Aleardi 24, Roma). Per quanto riguarda le collaborazioni con le aziende… vi lascio la sorpresa!
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“God Save the Pop!” sarà visitabile fino al 18 Giugno a Londra, presso Amstel Art Gallery (Unit 7 St George Warf – Vauxhall, 8 Wandsworth Road SW8 2JW London).
Per restare in contatto con l’artista, visitate il suo blog: www.willow-artblog.com