Scultura e fotografia. Due tecniche che potrebbero dirsi opposte tra loro: una tridimensionale, materica e concreta, l’altra un riflesso a due dimensioni della realtà. Eppure un legame c’è e a raccontarlo è la mostra “Brancusi, Rosso, Man Ray – Framing Sculpture”, visitabile al Museum Bijmans Van Beuningen di Rotterdam fino al 25 maggio 2014. Indagando sull’utilizzo della fotografia in campo artistico e sul suo sviluppo nel corso del ‘900, la mostra relaziona tre artisti apparentemente lontani tra loro, ma ugualmente incisivi per lo sviluppo della scultura moderna al punto di aprirne la strada dando un taglio netto ai canoni classici fino ad allora in uso.
Se infatti Medardo Rosso (insieme a Rodin) ha introdotto l’impressionismo nella scultura, Brancusi è considerato all’unanimità il fondatore della scultura moderna con le sue forme astratte in bronzo e marmo, mentre Man Ray – conosciuto più come fotografo e pittore che come scultore – ha giocato un ruolo di punta nello sviluppo del movimento Dada e del Surrealismo con i suoi ready-made e l’invenzione dei rayogrammi, la sua tecnica fotografica. Artisti di diversi stili, diverse generazione, di diversi Paesi di provenienza, eppure legati da una strenue passione per la fotografia che tutti e tre utilizzano non tanto come strumento per ricordare, quanto come mezzo per sviluppare l’oggetto scultoreo, considerandola anche il veicolo ideale per divulgare la loro visione artistica.
Fu proprio attraverso la fotografia che Medardo Rosso iniziò ad applicare la sensibilità pittorica alle sue sculture, con l’intento di conferire loro l’immagine di un’impressione che in un accostarsi di luci e ombre si fa vibrante ed evanescente, e si fissa nel tempo attraverso uno scatto. Successivamente, dal 1910, Rosso iniziò a lavorare sulla stessa fotografia, intervenendo sulla carta fotografica dopo lo sviluppo e dando vita a nuove e radicali alterazioni delle sue stesse sculture.
La spinta artistica di Brancusi partì invece dall’astrazione della realtà. Per lui l’arte doveva essere “La creazione di cose che ancora non si conoscono” – così aveva scritto in un suo saggio. E nel suo processo creativo la fotografia acquisì sempre più importanza. Attraverso di essa l’opera poteva essere analizzata da diversi punti di vista e astrarsi sempre di più fino a diventare un volume simbolico evocativo del soggetto di partenza.
Di contro la fotografia di Man Ray è la fotografia di un’idea, o ancora meglio di un sogno, piuttosto che di un oggetto. E così nei suoi rayogrammi come nelle sue opere surrealiste era il subconscio a prendere il sopravvento: senza pensare ad una precisa composizione Man Ray posizionava oggetti sulla pellicola fotografica e dava vita a opere uniche e surreali. Ma non solo, dal 1915 usò la fotografia usata come mezzo vero e proprio ai fini della sua produzione artistica, di cui celebri restano i corpi femminili.
Spaziando tra scultura e fotografia e sottolineando il ruolo che una tecnica ha avuto sull’altra e viceversa nei tre artisti, la mostra curata da Francesco Stocchi comprende capolavori mai esposti prima d’ora in Olanda, come le iconiche “Principesse X” e “Colonne sans fin” realizzate da Costantin Brancusi rispettivamente nel 1915-16 e nel 1918. In un percorso che conta 40 sculture e oltre 60 fotografie scattate dagli artisti alle loro stesse opere, Framing Sculpture offre allo spettatore la posizione privilegiata di poter ammirare e capire le opere scultoree dei tre artisti attraverso i loro stessi occhi. Tutti e tre, Rosso, Brancusi, Man Ray, capirono molto presto il potere di un’immagine fotografica e ne fecero la chiave di volta della loro arte. Frequenti sono gli scatti che catturano gli artisti accanto alle loro stesse opere d’arte: un modo eccellente per comunicare oltre alla fisicità dell’opera, il loro essere artista, ne è un esempio Brancusi che molto spesso appare ritratto nel suo studio, come a fondersi con la sua stessa produzione artistica. Framing Sculpture racconta di tre pionieri dell’arte moderna che esplorando le diverse tecniche artistiche hanno toccato la cruciale questione di fare della realtà un immagine. Tre artisti che appaiono tanto diversi, ma che sono più vicini di quanto si possa pensare.
A parlarci più approfonditamente di Framing Sculpure è il curatore Francesco Stocchi, a cui abbiamo rivolto alcune domande.
– Come è nata l’idea di questa mostra? E come è stato sviluppato il progetto espositivo?
Così come il sapere si diffonde sempre più per immagini, anche l’opera d’arte viene maggiormente fruita attraverso la sua mediazione fotografica. Alla luce di questa ubiquità dell’immagine, giovani generazioni di artisti iniziano ad affrontare questa problematica sin dal processo creativo. Come verra’ percepito il mio lavoro attraverso la sua immagine? L’opera viene pensata anche in funzione di come apparirà, nel tentativo di trascendere il concetto di fotografia documentale quale surrogato dell’opera ma come strumento interpretativo della stessa. Per affrontare questo aspetto, abbiamo approfondito l’opera di artisti che per primi hanno indagato il rapporto scultura/fotografia: tre esponenti del modernismo classico che sin da subito capirono il ruolo della fotografia nella diffusione della loro opera, applicando un controllo totale su di essa.