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La Cucina Futurista: 11 Regole per un pasto perfetto


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La Cucina Futurista di Filippo Tommaso Marinetti fu pubblicato originariamente nel 1932 e poi ristampato nel 1989.

Al momento della sua uscita il libro di “cucina” è diventato caso, grazie alla furbizia di Marinetti come pubblicitario. E mentre grandi giornali come il Chicago Tribune lo definiscono come un manifesto audace e in grado di rivitalizzare la cultura rivoluzionando il modo in cui la gente mangiava, quello che i media in un primo momento hanno dichiarato fu che il libro di cucina era probabilmente la più grande beffa artistica del XX secolo – non era uno sforzo populista per aggiornare la cucina delle masse, ma piuttosto una ricerca intellettuale atta a sollevare la coscienza collettiva artistica della nazione.

Nell’introduzione all’edizione del 1989 il giornalista britannico, storico e scrittore di viaggi Lesley Chamberlain definisce il libro come “un’opera d’arte provocatoria travestita da semplice libro di cucina” .

Ciò che ha reso La Cucina Futurista così rivoluzionario è che essa considera il cibo come materia prima per l’arte ed il commento culturale ne riflette l’ideologia  futurista:

la rivoluzione cucinaria futurista, illustrata in questo volume, si propone lo scopo alto, nobile ed utile a tutti di modificare radicalmente l’alimentazione della nostra razza, fortificandola, dinamiz- zandola e spiritualizzandola con nuovissime vivande in cui l’esperienza, l’intelligenza e la fantasia sostituiscano economicamente la quantità, la banalità, la ripetizione e il costo. Questa nostra cucina futurista, regolata come il motore di un idrovolante per alte velocità, sembrerà ad alcuni tremebondi passatisti pazzesca e pericolosa : essa invece vuole finalmente creare un’armonia tra il palato degli uomini e la loro vita di oggi e di domani.

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Non a caso questa opera viene pubblicata nella crisi economica mondiale di cui appare imprecisabile lo sviluppo, ma precisabile il pericoloso pànico deprimente. A questo pànico noi opponiamo una cucina futurista, cioè : l’ottimismo a tavola”.

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Marinetti vedeva il cibo come la promessa finale dell’ottimismo – un gateway per la libertà sensuale- intrisa con la leggerezza spensierata di una festa per bambini e l’entusiasmo intellettuale di un salotto letterario. Egli credeva che “Gli uomini pensano, sognano e agiscono in base a ciò che mangiano e bevono”, ma nulla ha fatto brillare il suo dogmatismo culturale e culinario più del suo disprezzo per la pasta. In anticipo di oltre 70 anni sulla moderna mania del no-carb. La pasta, affermava, rende la gente pesante sia nel corpo che nello spirito; la liberazione dalla pasta non era soltanto una questione di salvezza individuale – Marinetti ne ha fatto anche una questione di patriottismo sostenendo che l’abolizione della pasta avrebbe liberato l’Italia dal dispotismo del costoso grano straniero per poter invece rilanciare l’industria del riso nazionale .

[…]

La cucina futurista sarà liberata dalla vecchia ossessione del volume e del peso e avrà, per uno dei suoi principi, l’abolizione della pastasciutta. La pastasciutta, per quanto gradita al palato, è una vivanda passatista perché appesantisce, abbruttisce, illude sulla sua capacità nutritiva, rende scettici, lenti, pessimisti. È d’altra parte patriottico favorire in sostituzione il riso.

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agli italiani la pastasciutta non giova. Per esempio, contrasta collo spirito vivace e coll’anima appassionata generosa intuitiva dei napoletani. Questi sono stati combattenti eroici, artisti ispirati, oratori travolgenti, avvocati arguti, agricoltori tenaci a dispetto della voluminosa pastasciutta quotidiana. Nel mangiarla essi sviluppano il tipico scetticismo ironico e sentimentale che tronca spesso il loro entusiasmo”.

Tutti i difensori della pastasciutta e gli accaniti nemici della cucina futurista sono i temperamenti malinconici, contenti della malinconia e propagandisti di malinconia.
Qualsiasi pastasciuttaro che consulti la propria coscienza onesta- mente al momento d’ingurgitare la sua biquotidiana piramide di pastasciutta, vi troverà dentro la triste soddisfazione di tappare con essa un buco nero. Questo buco avido è una sua incurabile tristezza. S’illude, ma non lo tappa. Soltanto un pranzo futurista può rallegrarlo.
E la pastasciutta è antivirile perché lo stomaco appesantito ed ingombro non è mai favorevole all’entusiasmo fisico per la donna e alla possibilità di possederla dirittamente”.

Sono inoltre delineati gli undici requisiti per il pasto ideale futurista: “Sottoponiamo al lettore alcune altre norme del pranzo perfetto, che ci serviranno a compiutamente gustare il sapore delle portate venture : l’uso dell’arte dei profumi per favorire la degustazione. Ogni vivanda verrà così preceduta da un profumo con essa intonato, che verrà cancellato dalla tavola, mediante ventilatori. O come l’uso dosato della poesia e della musica come ingredienti improvvisi per accendere con la loro intensità sensuale i sapori di una data vivanda. La seconda portata consiste di quattro pezzi : nel piatto verrà servito un quarto di fenocchio, una oliva, un frutto candito, e l’apparecchio tattile. Si ingerisce l’oliva, poi il frutto candito, poi il fenocchio. Contemporaneamente, si passa con delicatezza il polpastrello dell’in- dice e del medio della mano sinistra sull’apparecchio rettangolare, formato di un ritaglio di damasco rosso, di un quadratino di velluto nero e di un pezzettino di carta vetrata. Da una sorgente canora, accuratamente nascosta, si dipartono le note di un brano di opera wagneriana, e, simultaneamente, il più abile e garbato dei camerieri sprizza per l’aria un profumo. Risultati sbalorditivi : provare per convincersene”.

E molti altri gli espedienti per il pranzo perfetto: l’ uso della musica limitato agli intervalli tra le portate in modo da non distrarre la sensibilità della lingua e del palato, ma per aiutare ad annullare l’ultimo assaggio goduto ristabilendo verginità gustativa; l’abolizione della parola e del fare politica a tavola .
L’uso in dosi prescritte della poesia e della musica come ingredienti a sorpresa per accentuare i sapori di un determinato piatto con la loro intensità sensuale. La presentazione rapida, tra le portate, sotto gli occhi e le narici degli ospiti di alcuni piatti che si mangiano e di altri che invece no, per aumentare la curiosità dei commensali, la sorpresa e la fantasia .

La creazione di tartine simultanee e cangianti che contengano dieci, venti sapori da gustare in pochi secondi. Nella cucina futurista queste tartine hanno, per analogia, la stessa funzione di amplificazione che le immagini hanno nella letteratura: una data assaggio di qualcosa può riassumere un’intera area della vita, la storia di una passione amorosa o un intero viaggio nell’Estremo Oriente .
Una batteria di strumenti scientifici innovativi in cucina : Ozonizzatore per conferire a liquidi e alimenti il profumo dell’ozono, lampade a raggi ultravioletti (poiché molti alimenti quando irradiati con raggi ultravioletti acquistano proprietà attive, diventano più assimilabili e impedendo il rachitismo nei bambini), elettrolizzatori per decomporre succhi ed estratti, etc. In modo tale da ottenere da un prodotto noto un prodotto nuovo che abbia nuove proprietà, mulini colloidali per polverizzare farine, frutta secca, farmaci. L’ uso di questi apparecchi, secondo Marinetti, dovrà essere scientifico, evitando l’ errore tipico delle cottura a pressione che provoca la distruzione delle sostanze attive a causa delle alte temperature.

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Proponiamo di seguito un paio degli svariati programmi di pranzi proposti, chiamati “suggestivi e determinanti”.

pranzo ufficiale: Il pranzo ufficiale futurista evita i gravi difetti che inquinano tutti i banchetti ufficiali: PRIMO : il silenzio imbarazzato derivante dalla nessuna armonia preesistente tra i vicini di tavola. SECONDO: la riservatezza dei dialoghi, dovuta all’etichetta diplomatica. TERZO: la musoneria prodotta dai problemi mondiali insolubili. QUARTO: l’astio delle frontiere. QUINTO: il tono basso scialbo funebre banale delle vivande. Nel pranzo ufficiale futurista, che deve svolgersi in un ampio salone decorato da enormi pannelli di Fortunato Depero, dopo una distribuzione rapida di polibibite e traidue, prende la parola, senza alzarsi, lo Sganasciatore, convitato non appartenente a nessun corpo diplomatico e a nessuna politica, ma scelto tra i più intelligenti e più giovani parassiti dell’aristocrazia e noto per la sua conoscenza totale di tutte le barzellette oscene. Lo Sganasciatore, regolandosi sul più o meno alto grado di muso- neria da combattere, dirà subito a mezza voce tre barzellette oscenis- sime senza abbandonarsi però a sguaiatezze. Una volta partito da un capo all’altro della tavola il fuoco di fila delle risate dei commensali, verrà servita una sbobba di semolino tapioca e latte in zuppiera da convento per deridere e fugare ogni diplomazia e ogni riservatezza. Seguono: 1) « Gli antropofagi s’inscrivono a Ginevra » : un piatto di varie carni crude da tagliarsi a volontà e condirsi intingendone i pezzi nelle piccole scodelle offerte di olio, aceto, miele, pepe rosso, zenzero, zucchero, burro, risotto allo zafferano, vecchio barolo. 2) « La Società delle Nazioni » : salamini neri e cannoncini di cioccolato nuotanti in una crema di latte, uova e vaniglia. (Questa vivanda sarà assaporata mentre un negretto dodicenne, predisposto sotto la tavola, solleticherà le gambe e pizzicherà le natiche delle signore). 3) « Il solido trattato » : castello multicolore di torrone con all’in- terno piccolissime bombe di balestite che scoppieranno a tempo profumando la sala del tipico odore delle battaglie. Al Peralzarsi il Direttore del pranzo ufficiale entrerà e con molte scuse cerimoniose pregherà di aspettare l’arrivo da tempo annunciato, ma sempre ritardato da ingombri e disastri automobilistici e da dera- gliamenti ferroviari, di una frutta paradisiaca scelta sull’Equatore, e del gelato disgraziatamente tanto architettato che crollò poco prima in cucina. I commenti, le ironie e le beffe, che accoglieranno le scuse del Direttore, saranno appena diminuite di tono che eccolo ancora sulla soglia, lui il Direttore, a ripetere le sue scuse. Così per la durata di mezz’ora. Allora entrerà, invece della frutta miracolosa, il solito ubriaco pescato nei bassifondi la notte stessa e portato di forza nella sala del banchetto ufficiale. Logicamente domanderà da bere ancora. Gli sarà elargita una scelta dei migliori vini italiani, qualità e quantità, a una condizione però: che parli per due ore delle possibili soluzioni del problema del disarmo, della revisione dei trattati e della crisi finanziaria.

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pranzo tattile: Il padrone di casa avrà cura di far preparare, con la collaborazione dei pittori futuristi Depero, Balla, Prampolini e Diulgheroff, tanti pi- giama quanti sono i convitati: ciascuno dei pigiama sarà formato o ricoperto da materie tattili differenti, come spugne, sugheri, carte vetrate, feltri, lastre di alluminio, spazzole, paglie di ferro, cartoni, sete, velluti, ecc. Ogni convitato, qualche minuto prima del pranzo, dovrà separatamente indossare uno dei pigiama. Poi, tutti saranno introdotti in una vasta sala buia, priva di mobili: senza vedere, rapidamente, ogni convitato dovrà scegliersi il proprio compagno di tavola secondo una sua inspirazione tattile. A scelta decisa, tutti verranno introdotti nel salone da pranzo allestito con tanti piccoli tavoli per due persone : stupore del proprio compagno indicato dalla sensibilità raffinatissima delle dita sulle materie tattili. Sarà servita la seguente lista di vivande: 1) « Insalata poliritmica » : ai tavoli si avvicineranno i camerieri portando per ciascuno dei convitati una scatola munita di manovella nella parete sinistra e che porta nella parete destra, incastrata a metà, una fondina di porcellana. Nella fondina : foglie di lattuga non con- dita, datteri e chicchi d’uva. Ognuno dei commensali userà la mano destra per portare alla bocca, senza aiuto di posate, il contenuto della fondina, mentre con la mano sinistra girerà la manovella. La scatola sprigionerà così dei ritmi musicali: allora tutti i camerieri, davanti ai tavoli, inizieranno una lenta danza a grandi gesti geometrici, fino alla consumazione delle vivande. 1) « Vivanda magica » : si serviranno delle scodelle non molto ampie, ricoperte esternamente da materie tattili ruvide. Bisognerà tenere la scodella con la mano sinistra ed afferrare con la destra le sfere misteriose contenute nell’interno : saranno tutte sfere di zuc- chero bruciato, ma ognuna ripiena di elementi diversi (come frutti canditi o fettine di carne cruda o aglio o poltiglia di banane o cioccolata o pepe), in modo cioè che i convitati non possano intuire quale sapore verrà introdotto nella bocca. 2) « Ortotattile » : verranno posti davanti ai convitati grandi piatti contenenti una numerosa varietà di verdure crude e cotte, senza salse. Si potrà gustare a piacimento queste verdure, ma senza l’aiuto delle mani, immergendo la faccia nel piatto e inspirando così il proprio gusto al contatto diretto dei sapori e delle verdure sulla pelle delle guance e sulle labbra. Tutte le volte che i convitati si solleve- ranno dal piatto per masticare, i camerieri spruzzeranno loro in faccia profumi di lavanda e di acqua di colonia. Tra una vivanda e l’altra, poiché il pranzo è tutto basato sui piaceri tattili, i convitati dovranno ininterrottamente nutrire i loro polpastrelli sul pigiama del vicino di tavola.

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