Corsa agli Oscar: La Teoria del Tutto in gara con 5 nomination. Il biopic diretto da James Marsh muove, a cominciare dal titolo, dalle speranze di un brillante e determinato studente di fisica dell’università di Cambridge, Inghilterra. Questo studente è Stephen Hawking.
La Teoria del Tutto è il volume del 2004 in cui il fisico, dopo aver delineato le fondamentali teorie cosmologiche da Aristotele a Einstein, avanza l’ipotesi su una teoria del tutto – tra fisica quantistica e relatività – che possa essere in grado di spiegare l’origine dell’Universo.
James Marsh, in realtà, ha dichiarato di essersi ispirato al libro Verso l’infinito di Jane Hawking, in cui la moglie del celebre astrofisico racconta le fasi di un’intensa storia d’amore, in cui ogni tocco del tempo è inesorabilmente scandito dall’avanzare di un’implacabile malattia degenerativa.
Questo fa sì che il film non sia il ritratto di un genio o la storia di una malattia, ma un’intensa e profondissima storia d’amore. Per alcuni questa può essere una buona notizia, per altri un tremendo limite.
Siamo nel 1963, anno in cui il giovane Stephen Hawking e la studentessa di lettere Jane Wilde si incontrano ad una festa nella città di Cambridge. Tra l’origine dell’Universo e la messa in dubbio dell’esistenza di Dio, inizia una storia d’amore che è destinata a durare nel tempo, ma anche a cambiare con esso.
Il film corre veloce dall’arrivo della malattia fino alla procreazione del primo figlio. Stephen, secondo i medici, ha solo due anni di tempo davanti a sé, due anni soli per dimostrare come ebbe origine l’Universo, soli due anni per dimostrare la Teoria del Tutto.
Al primo figlio ne seguono altri due ma, nel frattempo, la malattia avanza, tanto che il corpo del professore si deforma sempre di più richiudendosi su sé stesso, fino ad immobilizzarsi. Al suo fianco c’è sempre Jane che, con una delicatezza saggia e preziosa, si fa complice e sostegno di quest’uomo a cui non rimarrà neanche più la possibilità di parlare.
Il regista sceglie una narrazione convenzionale per raccontare una storia eccezionale. Ciò che eleva davvero il film è l’incredibile performance dell’attore protagonista: Eddie Redmayne.
Premiato al Golden Globe -e con buone possibilità per gli Oscar 2015- Redmayne è il trentenne inglese che ha lasciato di stucco lo stesso Stephen Hawking.
Il giovane attore inglese (già perfetto coprotagonista in My Week with Marilyn al fianco di Michelle Williams) è il grande atout del film: straordinario sia nell’incarnare il declino fisico di Hawking che nel canalizzare con lo sguardo una dolcezza consapevole e un’ironia, che a tratti diventa sensuale.
Anche l’interpretazione di Felicity Jones è una vera sorpresa: riesce a comunicare e a dare al ruolo della moglie del fisico più famoso del mondo, forza e delicatezza insieme.
Il british humour non manca (e per fortuna!): come ad esempio nella reazione di Jane che ascoltando per la prima volta la nuova voce digitale di Stephen, stupita esclama: “Ma questo è americano!”.
Malgrado la banalità di certe scelte e un romanticismo talvolta eccessivo, incluso il finale strappa lacrime, La Teoria del Tutto a cui tutto sommato dare una chance per la capacità di osservare con realistica concretezza la difficile vita di un genio e la sua lotta quotidiana contro il tempo, anche grazie ad un attore protagonista di bravura magistrale.