Marilyn Manson a Milano: dagli inferi with love.
Il Reverendo dell’anticonformismo torna in Italia per due imprendibili appuntamenti live: il 17 giugno all’Alcatraz di Milano e il 9 novembre all’Obihall di Firenze.
Una nuova collaborazione con Jonathan Davis dei Korn in agenda, un tour di dieci date con Billy Corgan dopo un gelo durato quasi quindici anni, una statuetta vinta appena da una settimana ai Kerrang! Music Awards di Londra, in un susseguirsi di confessioni indiscrete e black humor su vodka, sesso e persino Madonna.
No, non siamo nel 1999, ma la carriera di Marilyn Manson sembra ripercorrere i (ne)fasti di quella golden age grottesca e teatrale che gli garantisce ancora oggi il consenso di un vasto e controverso popolo di adepti.
In realtà molto è cambiato nella sua vita artistica e privata e il suo ultimo album in studio –The Pale Emperor– ne è testimonianza solenne. Un disco sporco, come lo sporco che resta sotto le unghie di chi ha scavato una fossa, crepuscolare più che oscuro, saturo di riverberi nichilistici, ma al tempo stesso proteso verso nuovi spiragli emotivi che in prospettiva aprono a sentimenti nuovi, forse mai provati.
La scomparsa della madre, il ricongiungimento col padre -con tanto di servizio fotografico firmato Terry Richardson– nuove dipendenze e abitudini vampiresche rappresentano l’humus di uno storytelling gotico che l’eretico per antonomasia del metallo pesante ha deciso di affidare ad un registro stilistico inaspettatamente blues, ma comunque protetto da rassicuranti riff glam rock di repertorio.
Con il benestare della critica internazionale, il Reverendo dell’anticonformismo più esacerbato arriva in Italia per la prima di due date: 17 giugno all’Alcatraz di Milano (sold out), 9 novembre all’Obihall di Firenze.
L’accoglienza del pubblico non ha più la portata sovversiva dei tour trascorsi, ma rimane intatta l’atmosfera da cerimoniale pagano che contraddistingue i suoi live da sempre.
Marilyn Manson resta uno dei pochi musicisti ancora in grado di produrre un genere fortemente personale e i suoi fan gliene rendono atto rinnovando il patto di sangue firmato ai tempi di Antichrist Superstar.
È proprio nella dimensione live che Manson rivela l’intensità del suo merito.
«Mi sento ancora come se fossi condannato ad indossare l’inferno di qualcun altro»
Con incedere ora fragile e malinconico, ora violento e blasfemo, Marilyn Manson ricorda a chi l’ha sempre considerato alla stregua di un prodotto costruito ad arte dallo showbiz che la pericolosità culturale di cui è portavoce sin dal 1995 è andata ben oltre la banalità di certi paradigmi, attraversando un ventennio e arrivando ai nostri giorni intatta, pronta ancora ad alzare il dito medio contro le ipocrisie e i buonismi della peggiore retorica.
A quelli che «… Marilyn Manson non è più quello di una volta» non resta che il vuoto stesso delle proprie parole perché se il volto dell’arte è mutevole, quello del pregiudizio rimane invariato nel tempo, atrofico e familiare.