Le muse non sono soltanto i capolavori milionari che riempiranno l’asta di Christie’s a New York il 9 novembre. 25 ispirazioni di 23 artisti per 34 opere d’arte, da Modigliani a Roy Lichtenstein, o da Lucien Freud a Henri di Toulouse Lautrec e Willem de Kooning, in vendita per un totale stimato di mezzo miliardo di dollari, e forse qualcosa di più.
Le muse sono l’anima dell’artista, sosteneva la scrittrice Germaine Greer, e sono davvero la sua parte femminile nella lettura del mondo.
Rappresentano, al di là della retorica amorosa, una stella luminosa, come declamava Eugenio Montale, invocando la sua Clizia: «portami tu il girasole, impazzito di luce, ch’io lo trapianti nel mio terreno bruciato dal salino». Madri, sorelle, amanti e mogli, ognuna di loro ha illuminato lo spirito e il cuore degli artisti, in epoche diverse, tracciandone l’idea di una bellezza quasi trascendentale, anche nelle sue raffigurazioni più terrigne.
Qualche volta non sono persino riusciti a farne a meno. Il pittore e drammaturgo austriaco Oscar Kokoschka, quando finì la tormentosa relazione con Alma Maria Shindler, che fu la moglie di Gustav Mahler e di Walter Gropius oltre che la sua amante, pensò addirittura di alimentare il suo inconsolabile ricordo, convivendo per lungo tempo con una bambola che aveva le fattezze di quella donna che gli era entrata nel cuore.
Eppure, nell’opera forse di maggior valore che Christie’s presenta nel catalogo «», il Nu Couché, il nudo disteso, di Amedeo Modigliani, con una stima da cento milioni di dollari, non è raffigurata la vera musa del pittore livornese, Jeanne Hebuterne, che lo conobbe nel 1917 – proprio all’epoca del ritratto all’asta a New York – e, dopo la sua morte, nonostante fosse al nono mese di gravidanza, si lanciò dal quinto piano del loro appartamento, non riuscendo più a vivere senza di lui.
Il fatto è che Modigliani si rifiutò sempre di immortalare il suo grande amore, la sua musa, senza vestiti o in pose eccessivamente sensuali. Mentre il dipinto esposto da Christie’s, proveniente dalla celebre collezione di Gianni Mattioli che l’aveva acquistato nel 1949 per poco più di cinque milioni di lire, è stato ritenuto sin dall’inizio così scandaloso da provocare subito grande turbamento quando, quasi un secolo fa, fu presentato in occasione della prima personale dell’artista presso la Galerie Berthe Weill di Parigi, al punto che la polizia, allarmata dalla folla che si stava accalcando troppo rumorosamente davanti alla vetrina per vedere soprattutto quel nudo, chiese che l’esposizione fosse chiusa immediatamente.
Accanto a Modigliani, ci saranno un altro «nudo disteso», come quello di Gustave Courbet, stimato tra i 15 e i 20 milioni di dollari, un altro quadro da scandalo perchè quando fu esposto nel Salon del 1862, rimase appeso per appena 6 minuti, e la moderna Olympia di Lucian Freud, artista dal nome ingombrante, nipote di Sigmund, che con i suoi dipinti ha sempre cercato di scioccare lo spettatore, rappresentando opere famose per la crudezza dei particolari, con tutta la tragicità e la violenza che è facile ritrovare nella vita reale.
«Voglio che la pittura sia carne», diceva per spiegare il suo stile estremamente viscerale ed eccessivo, come nel «Benefits supervisor sleeping», il suo quadro forse più conosciuto, nel quale ha ritratto una donna obesa che dorme su un divano sfondato, con tutta la vividezza dei particolari necessaria per esaltarne le forme e l’ossessione. Freud serve a dimostrare anche come l’idea della musa vada oltre la sua bellezza, per identificarsi insieme nella rappresentazione della realtà o di un ideale.
La scrittrice femminista Germaine Greer scrisse sul Guardian che «una musa è tutto meno che una semplice modella: è la parte femminile dell’artista maschio, con la quale egli deve avere rapporti se desidera concepire un nuovo lavoro». Ma la cosa più importante è che oltre ad essere l’anima del suo spirito, ne ribalta completamente i ruoli, perché «è lei a penetrare il suo artista ed è lui, l’artista, a portare avanti la gestazione e a partorire il suo lavoro».
C’è molta verità in questa affascinante spiegazione. D’altro canto, le muse erano divinità minori che appartenevano al dio Apollo, nove sorelle giovani e bellissime, figlie di Zeus e Mnemosine, nate ai piedi dell’Olimpo. Rappresentavano l’ideale supremo dell’arte e chiunque avesse osato offenderle veniva severamente punito. Nella storia, dalla Fornarina di Raffaello alla Beatrice di Dante, la musa è stata di volta in volta concreta e astratta.
Ma, come Andrea Del Sarto che la sposò, altri grandi pittori come Rubens, Bonnard e Renoir hanno dipinto le loro mogli. Tutte Muse che hanno segnato indissolubilmente il mondo dell’arte, finendo per addolcirne non solo i contorni. E forse, oltre agli artisti, anche qualcun’altro ne avrebbe bisogno…
Chissà, a qualche politico certo non farebbero male…