«Ho immerso le mani nella carne della realtà». Con questa frase lapidaria Hermann Nitsch ha descritto il nocciolo di una sua Azione. Classe 1938, maestro dell’Azionismo viennese e dell’Informale, Nitsch è al Ciac di Foligno con una grande personale fino al prossimo 9 luglio.
Brutale. Cruento. Primitivo. A un primo sguardo superficiale, il giudizio sul suo lavoro può rimanere circoscritto a questi concetti. Ma Nitsch è molto di più. Spesso frainteso e finito più volte in guai giudiziari e nel mirino degli animalisti, dopo la grande mostra palermitana del luglio 2015 (info qui) e quella di Verona del 2016, torna in Italia con l’esposizione O.M.T. Colore dal Rito curata da Italo Tommasoni e Giuseppe Morra (suo storico gallerista dalla metà degli anni Settanta).
La mostra, che ha aperto sabato 25 marzo a Foligno, propone una quarantina di opere divise in nove cicli di lavori che ripercorrono l’arte totale di Nitsch dal 1984 al 2010.
E’ interessante introdurre il racconto dell’arte di Nitsch con le parole di Marina Abramović, un’altra performer che con il suo lavoro (differente da quello di Nitsch) porta il corpo e la mente a superare i limiti. La sacerdotessa della performing art ha recentemente pubblicato la sua autobiografia nella quale descrive la sua partecipazione a una Azione del “collega”:
«Nell’estate del 1975 andai a Vienna, invitata dalla gallerista Ursula Krinzinger a partecipare a una performance di Hermann Nitsch. Questo austriaco paffuto e barbuto faceva parte del gruppo degli Azionisti viennesi, come ho già detto, anche se aveva una dimensione oscura che apparteneva solo a lui. Il suo Teatro delle Orge e dei Misteri, varato all’inizio degli anni Sessanta consisteva in strani spettacoli sanguinosi con decine di partecipanti, spesso nudi. Quei lavori, che sembravano riti blasfemi, spesso mettevano in scena uccisioni di animali, sacrifici e crocifissioni.
La performance di quell’estate si svolse nel castello di Prinzendorf vicino a Vienna e aveva una durata prevista di 24 ore. Oltre a me i partecipanti erano una sessantina quasi tutti uomini, alcuni nudi, alcuni vestiti di bianco. Venni adagiata su una barella di legno nuda e bendata; poi la barella venne appoggiata contro un muro di cemento. Mentre veniva suonata una musica cupa, Nitsch cominciò a versarmi sulla pancia e tra le gambe sangue e organi di pecora – occhi e fegato. Da lì in poi cominciarono a succedere le cose più strane.
Dopo 12 ore mi tolsi la benda e me ne andai. Non che fossi arrivata al limite delle mie capacità di resistenza. Semplicemente non volevo partecipare a qualcosa che capivo essermi estranea. Dipendeva dall’enorme quantità di sangue animale, dal fatto che dovessimo berlo e che tutto si svolgesse nella cappella del castello: sembrava una messa nera, o un baccanale. Respiravo energia negativa. Era qualcosa che non mi apparteneva: né dal punto di vista concettuale né in altro senso. Comunque rimasi a gironzolare lì per tutta la notte, per vedere fin dove voleva arrivare. Quello che successe la mattina fu uno spettacolo incredibile: i partecipanti coperti di sangue e di terra furono portati su un prato dove li aspettava una serie di tavoli con impeccabili tovaglie bianche. E mentre un’orchestrina suonava valzer viennesi, camerieri in livrea servirono a tutti un brodo per colazione. Una bella immagine, devo dire. Ma ripeto era qualcosa che interessava a Nitsch e non a me».
In queste poche righe c’è tutto Nitsch. Vengono toccati i temi cari all’artista, il rito, l’utilizzo del sangue, il sacrificio, la musica, il colore, i camici bianchi, le barelle, la nudità. Ma emerge anche il tema dell’incomprensione che spesso si associa al suo lavoro.
Partecipare a una Azione ha indubbiamente un valore completamente diverso dal vederla in video o dal sentirla raccontare. Manca la totalità, perché solo vivendola vengono utilizzati tutti e cinque i nostri sensi, conditio sine qua non per vivere appieno l’Azione e beneficiare del suo scopo, ovvero la purificazione innescata dal disgusto.
L’idea dell’O.M.T (Teatro delle Orge e dei Misteri) nasce già tra il 1957 e il 1960. Alla base vi è il concetto, strettamente legato alla teoria psicoanalitica, di “abreaktion”, ovvero la scarica emotiva che si produce dopo un riesame della propria situazione emotivo-affettiva: gli eventi drammatici vengono rimossi perché non accettabili. Secondo il modello freudiano con la terapia psicoanalitica si giunge a farli riemergere dall’inconscio. Il riaffiorare di ciò che si è rifiutato di ricordare ha una funzione catartica e liberatoria. L’accettazione rende liberi. Nel pensiero di Nitsch questa catarsi può avvenire tramite la messa in scena di riti sacrificali che consentano la liberazione da tabù religiosi, moralistici e sessuali.
Nel suo manifesto del 1963 scrive: «…rendendo formalmente consapevoli, colui che si estrania attraverso il processo creativo, adempie per sé e per gli altri uomini a una funzione catartica. L’arte non deve e non può tacere. L’intera sfera della vita deve accumularsi in essa…. […] ogni discesa nel perverso, nel disgustoso avviene nel senso di un salvifico rendere coscienti»
La sua performance, il suo rito deve essere vissuto come un tabù che deve essere superato tramite il sacrificio. Questo non può avvenire se non tramite una messa in scena cruda e violenta. Il punto di partenza è la tragedia greca. Le Azioni del Teatro di Nitsch, che devono infrangere i tabù e liberare gli uomini contemporanei dalle costrizioni attraverso l’utilizzo di tutti i sensi, coinvolgono “attori” passivi e attivi. Entrambi hanno un ruolo e sono guidati dall’artista-sacerdote.
«Il mio lavoro principale consiste nel progettare la partitura della festa dei sei giorni, gli odori, i sapori, le sensazioni tattili, i suoni i colori e la luce, nonché il corso degli avvenimenti vengono indicati con precisione assoluta»
Questo per quanto riguarda l’Azione. La mostra del Ciac di Foligno è una documentazione dell’Azione. Lo stesso Nitsch ha spiegato in occasione della inaugurazione che questa esposizione non può mirare alla “catarsi” ricercata dall’artista, perché non sono utilizzati i cinque sensi.
Scrive in catalogo il curatore Tomassoni: «… (si tratta di) “opere dell’opera” nel senso che documenta(no) la progettualità delle azioni e i materiali derivanti dalle azioni medesime che nell’allestimento espositivo acquisiscono autonomia di opere d’arte lungo spostamenti analogici e suggestioni metaforiche. Il dispiegamento degli strumenti e dei materiali sulle tavole del sapere, registra le testimonianze di un vissuto che attraversa il tempo e si ricompone in un assetto espositivo. Tra sensualità e rito, l’esposizione accompagna il visitatore in un viaggio lungo un percorso che scandisce i passaggi di un processo teso alla ricostituzione della totalità dell’uomo»
Oltre ai video, proiettati al piano inferiore, quello che si vede a Foligno sono dunque i Relitti delle Azioni del Maestro austriaco. Sono gli elementi provenienti dall’Azione scenica, sono i ritagli dei grandi teli bianchi, i camici (o “tonache”), le barelle servite per trasportare i corpi che qui diventano altari, ampolle e attrezzi chirurgici che rimandano ai corpi e ai loro umori, perfettamente puliti: tutti oggetti che alla vista determinano un disagio emotivo. A questi si aggiungono le zollette di zucchero e i fazzoletti bianchi, posti in file ordinate per dialogare, grazie al loro candore, con gli altri elementi.
Scrive Nitsch: «Il relitto è testimonianza di un evento sacrificale assente, è segno rituale e formale di un fatto fisico e carnale.. sono delle vere e proprie macchine visive della meditazione sul sacro e sull’atto sacrificale di sangue che da sempre lo origina»
Sono esposte anche delle stampe su tela di ispirazione religiosa, alcune tavole di colore disegnate con pastelli a cera e nove litografie del ciclo “The Architecture of the O.M. Theatre”.
Per cominciare a entrare nel pensiero di Nitsch, recatevi a Foligno. Così da poter arrivare preparati alla prossima Azione del Maestro, in programma tra due anni nel suo castello Prinzendorf.
______________________________
HERMANN NITSCH
O.M.T. Colore dal Rito
a cura di Italo Tomassoni e Giuseppe Morra
25 marzo – 9 luglio 2017
prorogata fino al 13 agosto 2017
CIAC
Via del Campanile, 13 – Foligno,
tel. 0742 481222 – 342 3682454
Apertura e orari mostra:
Venerdì 16.00-19.00,
Sabato e Domenica 10.30-12.30 – 16.00-19.00
Biglietto: € 5,00; ridotto € 3,00.
Ingresso gratuito per:
ragazzi fino a 14 anni, scolaresche e portatori di handicap
info@centroitalianoartecontemporanea.it
www.centroitalianoartecontemporanea.com
Photo: @ ArtsLife.com