“Sono un creatore di regole. E poi create queste regole, creati questi giochi, creati questi meccanismi, posso giocare io, o posso fare giocare gli altri.”
Si divertiva Alighiero Boetti. Creava giocando, giocando ad arte. Acquerellando e impiastricciando a inchiostro la tela di cielo dove far planare aeroplanini di carta. Tessendo figurine stilizzate a comporre il Tutto, incastrandosi nel tessuto, ritagliandosi nel colore. Puzzle. Patchwork. In scala, in formato minimo, massimo. Minimum/Maximum come recita il titolo della mostra alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia (fino al prossimo 12 luglio), o più semplicemente “grande, piccolo”. Il “tappeto” quadrato di quasi due metri (quadrati) su cui brillano Titoli d’argento (1978), si rimpicciolisce una decade più tardi in un concentrato di Ordine e disordine ricamato dall’artista nell’89. I multiformi jet sopracitati galleggianti su un trittico di scie liquide finiscono in una pozza di inchiostro. Biro blu tracciata in minuscole onde. Serrati segmenti. Traccianti. Micro e macrocosmi costellano la mostra dedicata ad Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994).
Ventidue opere dell’artista torinese selezionate per la prima volta secondo il criterio del formato, confrontando i “minimi” e i “massimi” delle sue serie più significative. L’esposizione presenta inoltre un particolare progetto sviluppato da Hans Ulrich Obrist e Agata Boetti, figlia dell’artista, sul tema della fotocopia intitolato COLORE = REALTÀ. B+W = ASTRAZIONE (a parte le zebre). Uno spaccato che esplora alcune “applicazioni creative” di Boetti, riunendo per la prima volta un insieme di opere eseguite con la fotocopiatrice nei diversi momenti della carriera dell’artista.
Un processo inedito di selezione e confronto. La mostra spazia tra formato minimo e massimo di opere (più e meno note) dei cicli più rappresentativi dell’artista torinese. Il percorso espositivo prende le mosse nella sala Carnelutti con il confronto tra il più grande e il più piccolo (1966) Mimetico, e prosegue con le due opere selezionate per la serie Biro, il grande dittico Mettere al mondo il mondo (1972-73) e il piccolo Ritratto di Giorgio Colombo (di soli 22,5×18 cm).
“Io penso che ogni cosa contenga il suo contrario, per cui l’atteggiamento preferibile dovrebbe essere quello di azzerare i concetti, distenderli, spiegarli; proprio come si può spiegare un foglio di carta, così si può ordinare o disordinare una coppia o una classe di concetti, senza privilegiare mai uno dei due termini contrapposti, ma al contrario cercando sempre l’uno nell’altro: l’ordine nel disordine, il naturale nell’artificiale, l’ombra nella luce e vice-versa…”
La mostra prosegue con i Bollini, vedi l’imponente Estate ’70: venti metri di carta da parati grezza, quadrettata a matita da Boetti, sulla quale l’artista ha incollato migliaia di adesivi colorati a formare combinazioni sempre maniacalmente diverse. Fa da contraltare Senza titolo del 1968, dove i bollini sono ugualmente protagonisti, ma con dimensioni 70×100. Rappresentata anche la serie Alternando da uno a cento e viceversa con il più piccolo (1979) e il grande kilim del 1993 di quasi 3 metri di lato.
Un ulteriore confronto. Il ciclo Storia naturale della moltiplicazione e la grande combinazione di 12 elementi da una parte e il singolo modulo dall’altra (entrambi del biennio 1974-75). L’ultima parte della sala è riservata a due serie di forte impatto. Dagli Aerei, con il grande trittico del 1989 (inchiostro e acquarello su carta intelata di 3 metri di lunghezza complessivi) e il piccolo del 1983 (biro su carta, 23×50) ai due Lavori postali. Il “maximum” della serie è un’opera composta da 720 buste affrancate e timbrate suddivise in 6 pannelli (1972) e il “minimum” è invece composto da 6 buste (1970).
Fra la prima e la seconda sala il documentario Niente da vedere Niente da nascondere, realizzato nel 1978 da Emidio Greco in occasione della retrospettiva dedicata a Boetti alla Kunsthalle di Basilea. Il percorso espositivo prosegue nella sala Piccolo Teatro con il confronto tra i Ricami monocromi: il grande Titoli (1978) e Ordine e disordine (1989) di 18×18 cm e i ricami Tutto e Mappe, con due grandi formati ciascuno dei quali di quasi 6 metri di lunghezza.
Infine due opere del ciclo delle Copertine: il volume 1984 che contiene 216 fotocopie xerox rilegate e Copertine (Anno 1984), monumentale lavoro costituito da dodici quadri, ciascuno per un mese dell’anno, nei quali sono state ridisegnate a matita su carta e a grandezza naturale complessivamente 216 copertine delle più importanti riviste italiane e straniere del tempo, secondo un ordinamento cronologico.
Informazioni utili
Alighiero Boetti: Minimum/Maximum
Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore, Fondazione Cini
Dal 12 maggio al 12 luglio 2017
A cura di Luca Massimo Barbero
Con un progetto di Hans Ulrich Obrist e Agata Boetti
Catalogo edito da Forma Edizioni