A Firenze in mostra il ventennio che ha rivoluzionato l’arte contemporanea italiana. Palazzo Strozzi ospiterà “Nascita di una Nazione. Arte italiana dal Dopoguerra al Sessantotto” -dal 16 marzo al 22 luglio 2018- un viaggio tra produzione artistica, società, costumi e politica.
>> Renato Guttuso, Lucio Fontana, Alberto Burri, Emilio Vedova, Enrico Castellani, Piero Manzoni, Mario Schifano, Mario Merz e Michelangelo Pistoletto sono solo alcuni dei grandi nomi dietro alle oltre settanta opere esposte, risalenti al periodo tra gli anni Cinquanta e quello della contestazione -il 1968- di cui nel nuovo anno ricorrerà il cinquantesimo anniversario.
Un viaggio tra le tendenze e i movimenti che hanno segnato un periodo di grande fermento culturale. Tra le opere emblematiche della radicale rivoluzione a cui si stava assistendo in campo artistico.
Si parte dal trionfo dell’Informale -sulla scia dell’arte francese e poi dell’espressionismo astratto americano- per arrivare alle meno note sperimentazioni “nostrane” della Pop art, messe in ombra dal trionfo di Wahrol & Co. negli USA. In contrasto con i colori sgargianti e le icone del pop emergono le prime esperienze di pittura monocroma, fino ad arrivare all’Arte Povera e al Concettuale.
La nascita di una Nazione vista però dagli occhi degli artisti, che partono dalle contraddizioni che hanno sempre segnato la storia italiana per reinterpretare e reinventare concetti come l’identità, l’appartenenza e la collettività, in un momento in cui l’arte non poteva non essere segnata anche da un forte connotato politico e di militanza, dopo il cupo scenario del fascismo e della guerra.
>> Così, nella seconda metà del Novecento -il periodo più fertile per l’arte italiana– un’ondata di freschezza travolge linguaggi, materie e forme e proietta (finalmente) l’Italia nel mondo dell’arte contemporanea.
Spiega Luca Massimo Barbero, curatore della mostra:
“Nascita di una Nazione vuole offrire una chiave di lettura ad un periodo artistico che si è intrecciato indissolubilmente con lo sviluppo dell’Italia e che ha tratto dalla politica, dal costume e dai cambiamenti sociali linfa vitale. Le sale si susseguono in modo contrastante ed incalzante per sviluppare nel visitatore il senso della vitalità di quel momento artistico: in quegli anni, infatti, il fermento era tale da permettere agli artisti dell’Informale di seguire la loro ricerca mentre gli artisti della nuova figurazione seguivano un percorso diametralmente opposto. Lo scopo è entrare all’improvviso negli studi di questi grandi artisti mentre lavorano alla definizione di una nuova arte italiana”.
Gli anni Cinquanta hanno segnato per l’Italia un momento cruciale per la rinascita e per il “boom economico” del decennio successivo. In questo contesto, proprio all’inizio della mostra, troviamo il primo grande lavoro: La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio (1951-55) di Renato Guttuso.
>> La tela, unico esempio in mostra di attaccamento dell’arte alla politica -era stata infatti realizzata per l’Istituto di Studi Comunisti Palmiro Togliatti delle Frattocchie – è avvolta da una serie di schermi che con immagini, documenti e video d’epoca, raccontano l’Italia di quegli anni: cinema, moda, politica, cronaca ma anche l’arte e il fervente dibattito tra Realismo e Astrattismo.
Contrapposte a quest’opera troviamo le poetiche delle nuove avanguardie e sperimentazioni, come un polemico collage di Enrico Baj e il décollage di Mimmo Rotella sul volto di Mussolini nell’opera L’ultimo Re dei Re (1961), un’anticipazione dello scontro politico generazionale che caratterizzerà la fine degli anni Sessanta.
Dalla narrazione della prima sala si passa all’astrazione dell’Informale: nuovi linguaggi riemersi dalla macerie lasciate dalla guerra e un crescendo di nuovi materiali con cui sperimentare. Spazio quindi a Lucio Fontana con i suoi buchi e tagli -in mostra il lacerato metallo Concetto Spaziale, New York 10 (1962)- che apre alle successive indagini su juta, tela, plastica e legno bruciati proprie di Alberto Burri.
Dalle lacerazioni e le bruciature ad uno spazio candido, dominato dal colore bianco, che ci introduce all’arte monocroma.
Spiccano la monumentale Superficie Bianca (1968) estroflessa con i chiodi di Enrico Castellani, le composizioni con bende di Scarpitta e la serie Achrome (michette immerse nel caolino, tele cucite e polistirolo) di Piero Manzoni -presente in mostra anche con le sue più irriverenti opere, come la Merda d’artista (1961)- che ha inaugurato questa serie di manifestazioni di azzeramento del contesto che seguiranno negli anni ’60.
Elementi naturali e segni dall’aspetto primordiale nelle opere di Jannis Kounellis e Pino Pascali si oppongono alla nuova figurazione promossa, tra gli altri, da Tano Festa e Giosetta Fioroni.
A seguire le opere di Boetti, Paolini, Pistoletto e Merz: l’impianto germinale dell’Arte Povera, un momento fondamentale per l’arte italiana. L’Italia capovolta (1968) di Luciano Fabbro domina la sala, trasforma e capovolge il concetto di Nazione (capovolgendo letteralmente il nord con il sud), ne sovverte il significato e porta all’attenzione il delicato tema della “questione meridionale”.
La fine è lasciata ad un enigmatico “cortocircuito” che si crea tra due opere: Mappa del mondo (1971-1972) di Boetti e Rovesciare i propri occhi (1970) di Penone. Se la prima -opera iconica- si presenta come l’eco di un’Italia che mira ad internazionalizzarsi e a diventare un punto di riferimento al di fuori dei propri confini, la seconda le “ricorda” di guardare a sé stessa e alla sua storia, che proprio in quegli anni stava entrando in un periodo di forte polemica che sfocerà nella lotta armata.
Informazioni utili
“Nascita di una Nazione. Arte italiana dal Dopoguerra al Sessantotto”
Palazzo Strozzi, Firenze
16 marzo-22 luglio 2018
Tutti i giorni 10.00-20.00 (Giovedì 10.00-23.00)
Dalle ore 9.00 solo su prenotazione. Accesso in mostra consentito fino a un’ora prima dell’orario di chiusura
Biglietti: intero € 12,00; ridotto € 9,50; scuole € 4,00