Al Van Gogh Museum di Amsterdam, la prima mostra di studio sul cruciale periodo che Gauguin trascorse in Martinica nel 1887, assieme al collega Charles Laval.
81 opere delle quali 65 in prestito da musei europei e americani, e da collezioni private. A cura di Maite van Dijk e Joost van der Hoeven. Fino al 13 gennaio 2019.
Sotto le luci abbaglianti della Belle Époque l’Europa provava un fondo di malessere e inquietudine dovuti alle tensioni politiche e sociali che la percorrevano da ogni parte. Anche il clima artistico era assai agitato, e il 1886 aveva visto lo scioglimento del gruppo degli Impressionisti, mentre Georges Seurat e Paul Signac stavano tracciando un nuovo percorso con il Pointillisme, e Toulouse Lautrec gettava le basi dell’Espressionismo. C’era quindi molto in gioco, e Paul Gauguin (1848-1903), ex agente di cambio scopertosi pittore, era alla ricerca di un linguaggio che potesse accreditarlo definitivamente a Parigi, dov’era la scena artistica che contava davvero. Assieme al collega Charles Laval (1861-1894) – conosciuto nel 1886 in occasione del primo soggiorno a Pont Aven -, decise di avventurarsi in un “viaggio di istruzione” ai Caraibi, una zona ignorata dall’immaginario pittorico dell’epoca, e dove sviluppare un linguaggio artistico del tutto nuovo.
Gauguin&Laval in Martinica è una mostra di ampio respiro artistico e geografico, riunisce per la prima volta un ampio numero di opere del periodo trascorso ai Caraibi dai due artisti, un periodo poco studiato eppure particolarmente importante per entrambi, che gettò le basi per il secondo Espressionismo novecentesco. Ma riporta anche all’attenzione del pubblico un pittore talentuoso come Laval, purtroppo dimenticato a causa della prematura scomparsa, e allo smarrimento di molte delle sue tele.
Sulle spiagge dei Caraibi, a migliaia di chilometri dalla natia Francia, Gauguin e Laval trovarono l’ispirazione per una nuova pittura dal sapore esotico, o meglio di riscoperta di una dimensione ancestrale la cui semplicità contrastava con l’oppressivo clima che si respirava in Europa. In realtà, se come metafora i dipinti di Gauguin e Laval hanno profonda valenza, non si può dire altrettanto dal punto di vista della realtà: entrambi infatti caddero nell’errore di rappresentare i Caraibi secondo stereotipi ormai superati legati al “buon selvaggio” felice nel suo luogo natio, ma che si erano purtroppo cristallizzati nell’immaginario europeo.
La realtà era ben diversa, a cominciare dalle pessime condizioni di vita delle popolazioni indigene – sottoposte a un rigido regime coloniale che rasentava la schiavitù -, così come l’asprezza di una natura che era meno lussureggiante di quanto si credeva. In definitiva, l’idea dei Caraibi come luogo incantato, dove i nativi conducevano una vita di tutto riposo, apparteneva soltanto alla fantasia di certi ambienti europei benpensanti.
Giunsero in Martinica alla metà di giugno del 1887, dopo essere partiti dalla costa bretone il 10 aprile; essendo partiti per cercare un differente stile di vita, non soggiornarono nei centri urbani costruiti dagli europei, ma si istallarono nella Baia di Saint Pierre, in una capanna all’interno di una piantagione di canna da zucchero, non lontano dalla spiaggia. Nonostante la precarietà della situazione sanitaria che causò a Gauguin un attacco di malaria e uno di dissenteria, da un punto di vista artistico il soggiorno si rivelò produttivo, considerando che entrambi realizzarono circa venti dipinti e diverse decine di bozzetti a testa. Nacque un’estetica “primitiva” e assai decorativa, per tramite di una pittura “lunare” e sintetica, intrisa di quella natura esotica che guarda con rispetto e curiosità.
A causa delle difficoltà economiche e delle precarie condizioni di salute, Gauguin rientrò a Parigi in dicembre, Laval, anch’egli provato nel fisico, soltanto alcuni mesi dopo, ma dalle lettere rimaste che i due si scrivevano, non è possibile capire il momento preciso. Tuttavia, nell’estate del 1888, si ritrovarono a Pont Aven e continuarono a lavorare con le novità estetiche sviluppate in Martinica. A dimostrazione di quanto la svolta che Gauguin si attendeva nella propria arte, avvenne qui, e in Bretagna conobbe ulteriori sviluppi. Tuttavia, osservando le tele dei due artisti, sembra abbastanza chiaro come Laval fosse un passo più avanti rispetto a Gauguin sulla strada dell’avanguardia, e la morte prematura a causa della tubercolosi interruppe una carriera che avrebbe sicuramente dato all’arte molti altri capolavori. Il suo tratto è dinamico e sfuggente, delle sue onde marine si può quasi sentire il fragore, così come dello stormire del vento fra i palmeti. Singolare destino, ebbe la carriera di Laval: l’amicizia con Gauguin venne meno, a causa della gelosia di questo per Madeleine Bernard, che divenne compagna di Laval, appunto; deluso e ammalato, morì di tubercolosi ad appena 33 anni. E Parigi, rutilante di luci e di avvenimenti, dimenticò ben presto il suo talento.
Destino assai diverso ebbe Gauguin, che ottenne a Parigi un buon successo con le sue opere di ambiente caraibico, anche grazie all’interessamento di Theo e Vincent van Gogh; Vincent in particolare convinse il fratello a commercializzare queste pitture, affascinato dall’aura poetica, straziante e stupefacente insieme, che emanavano, pur non possedendo la medesima energia di Laval. Gauguin è infatti pittore più contemplativo, legato a un immaginario ancestrale che sfiora le sfera del sacro. Un approccio che avrà notevole influenza sul Simbolismo e la Secessione, ma anche, concettualmente, sulla fascinazione per l’arte primitiva che contraddistinguerà Picasso, Modigliani e altri pittori d’avanguardia.
* Foto di apertura:
Paul Gauguin Paesaggio costiero in Martinica 1887 Ny Carlsberg Glyptotek Copenhagen