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Universi fluttuanti: Alice Zanin per ArtSite Fest e Paesaggi Narranti

Alice Zanin, Rouages, vista della mostra, ph. Donatello Lorenzo
Alice Zanin, Rouages, vista della mostra, ph. Donatello Lorenzo
Torino è un cantiere culturale interdisciplinare, lo conferma con Art Site Fest, X EDIZIONE, Living Beings + Passaggi Narranti, manifestazione che ci invita a riflettere sul rapporto tra arte, natura, storia e comunità. Quest’anno è ancora più ricca di eventi diffusi in città e si estende ai territori patrimonio Unesco del Monferrato e del Roero, incentrata su tematiche ambientali e la sostenibilità. In scena in luoghi incantevoli pubblici e privati, la speranza di bellezza in un mondo più giusto (fino al 26 novembre 2024).

Il direttore artistico della rassegna, Domenico M. Papa, apre Torino e dintorni all’incontro tra discipline diverse, convinto che: «Il dialogo tra tutti gli ambiti creativi possa aiutarci a comprendere il nostro tempo e quello che verrà». E a giudicare dalla poliedricità delle opere esposte e degli interventi diffusi nel programma, è difficile contraddirlo. (www.artsitefest.it www.paesagginarranti.info)

La manifestazione si è inaugurata nel cortile di Palazzo Biandrate Aldobrandino di San Giorgio, sede del Museo Archivio Reale Mutua, con l’interpretazione di Eleni Molos dei brani La Lingua degli uccelli, testo mistico sufi di Farid Ad-Din Attar che, facendo parlare gli uccelli, racconta della nostra ricerca di spiritualità attraverso il ritrovato rapporto con la natura. Un reading accompagnato dalle melodiche sonorità live di Nabil Hamai e l’installazione site-specific Rouages di Alice Zanin (Piacenza, 1987), artista nota per le sue immaginifiche creature di cartapesta, leggere come l’aria, scolpite pensando a un Eden perduto o ritrovato, dove biologia e mitologia, natura e cultura sono convergenti.

Alice Zanin, Rouages, vista della mostra, ph. Donatello Lorenzo

Varcato l’ingresso dell’austero Palazzo storico, a pochi passi dal centro di Torino, sorprendono nove ibis scarlatti, fantastici uccelli rosso-arancione sospesi come i Mobiles di Alexander Calder sotto le volte del loggiato. Questi uccelli mitologici sono tra i soggetti prediletti dell’artista piacentina e sembrano spiccare il volo da un momento all’altro, come auspicio di una necessità di rigenerazione post-umanistica. Il titolo dell’installazione nasce dall’incastro delle parole rouages (rosso e ingranaggio in francese) e nouages (nuvole), per evocare un chissà quale rossore passeggero di una umanità malata e fragile, segnata dalla colpa di distruzione della natura e dei suoi abitanti animali e vegetali, poco incline a condividere il pianeta Terra con tutte le specie viventi. Zanin, con le sue volatili creature, tutte diverse, simula un volo di uno stormo improbabile di eudocimus ruber o ibis scarlatti ‘ingabbiati’ nell’arroganza umana, che pretende di condizionare anche la direzione del loro volo. Ma qui il vento fa il suo giro e tutto non è come sembra.

Basta alzare lo sguardo, girare intorno alle sue sottili ed eleganti sculture fluttuanti nello spazio senza l’ausilio di ingranaggi meccanici, per cogliere leggiadre sagome dalle posture diverse, con estensioni alari aperte o più raccolte, movimenti impercettibili così naturali nella loro artificiosa bellezza, come metafora della necessità di un viaggio e passaggio da un luogo reale alla dimensione immaginaria, per volare sopra le miserie umane, dove coltivare il sogno perduto dell’armonia tra uomo e natura per vivere in pace.

Alice Zanin, Rouages, vista della mostra, ph. Donatello Lorenzo

Perché sono rossi gli ibis di Zanin?

Il rosso di Zanin ci mette in guardia dal pericolo di estinzione naturale con poetica leggerezza, appellandosi alla mitologia, un colore simbolo di vita, morte e passioni che, nel volo delle sue creature in cartapesta, prendono forma le possibilità di movimento per disegnare nell’aria migrazioni, elevazioni spirituali da immaginare verso un paesaggio fiabesco. I suoi volatili bellissimi ci scrutano dall’alto, restano lì immobilizzati in un cortile simile a quello di un tempio e immaginano voli verso nuovi mondi dove vivere insieme agli umani in armonia. Questa installazione ci invita al viaggio verso un futuro migliore, per riflettere sulla nostra “Grande cecità”, direbbe Amitav Ghosh, scrittore indiano che denuncia gli effetti del cambiamento climatico, e gli ibis di Zanin, restando fermi nella loro immobilità, rimandano a Nietzsche quando scrive: «L’uomo è un animale non ancora stabilizzato». Noi mortali, volando metaforicamente con questi maestosi uccelli, forse potremmo planare sui disastri compiuti nel tempo e assumere la responsabilità di prenderci cura della Bellezza di questo Pianeta, l’unico abitabile fino ad ora, già fortemente compromessa. E tra un volo e l’altro di fantasia, torniamo su questa Terra e ricordiamoci che, secondo il poeta Kahlil Gibran, autore di Il Profeta: «Viviamo solo per scoprire la bellezza. Tutto il resto è una forma di attesa».

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