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LE TENDENZE SUL MERCATO DELL’ARTE SOTTO LA LENTE DELLA SOCIOLOGIA

Mancano poche giorni alle aste londinesi di arte contemporanea. Lo abbiamo detto e ripetuto, tutti pensano siano il vero banco di prova per il mercato di questo secondo semestre 2007. Noi lo crediamo. Ma solo in parte. Il compito di analizzare il mercato non consiste soltanto nell’occuparsi di soldi e di economia. Ma, forse più ancora che in altri settori finanziari, in questo caso l’intreccio con una lettura sociologica è fondamentale. Il mercato dell’arte non è mai stato composto e non lo sarà mai solo da cinici e fantasmatici operatori alla rincorsa della moltiplicazione dell’oro. E’ vero che è possibile -e negli ultimi anni lo è stato ancora di più- ritrovarsi nelle mani un quadro che vale cento volte quello che è stato speso nell’acquistarlo. Ma ciò si è reso possibile da il congiungersi di molteplici fattori. Il fiuto unito al gusto e alla capacità di far coincidere il proprio stile estetico con quello che prenderà piede intorno a noi. Per questo l’appassionato di opere d’arte è un po’ come un architetto o un designer. Se la sua scelta avrà conferme nella popolarizzazione del suo gusto riuscirà a costruire una collezione storicamente ambita. E, per quanto riguarda gli elementi macro-economici, in questa particolare fase finanziaria noi cogliamo alcune tendenze da una selezione di scelte anche operate da grandi gruppi. Un caso su tutti: la recente decisione della Fiat di uscire da Mediobanca. Non conosciamo ovviamente le ragioni di questa scelta. Ma su un livello puramente teorico rileviamo che il grande successo industriale di un gruppo sino a poco tempo fa alla deriva coincide con l’abbandono di un terreno nel quale le uniche mosse sono quelle speculative e finanziarie. Teoreticamente parlando è possibile osservare che la strada scelta sembra quella di concentrarsi sullo sviluppo industriale. Sui prodotti. Sulla distribuzione. Insomma sulle cose vere, non virtuali. Tempo fa uno dei miei maestri mi stimolava a ricordare sempre che nei periodi in cui il denaro presunto diviene fragile aumenta il valore degli oggetti. Forse è proprio così. E chissà che l’interesse per l’arte (Pirandello direbbe la “robba per eccellenza”), guadagnando terreno sui cinici virtuosismi delle vuote speculazioni finanziarie, non porti con sè anche il valore aggiunto di nuovi valori sociali ed etici. Dei quali la nostra civiltà ha un vero e grande bisogno. Chissà.

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