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Slipknot

Slipknot a Milano: crolla il Palasharp

Milano, Palasharp, ore 19,00. Gli Slipknot salgono su un palco spettacolare alle ore 21,30, tra luci strobo, fari, fumo e immagine di sfondo con il loro logo, la “S”, e il titolo dell’ultimo album “All hope is gone”. Prima di loro, come gruppi d’apertura, i grandissimi Children of Bodom e a seguire i Machine head, che hanno provveduto, fin da subito, ad arrecare le prime crepe al Palasharp. Indossando le loro ormai leggendarie maschere, gli Slipknot hanno iniziato a suonare tra rullanti di batteria, giri di basso e riff di chitarre da fare rabbrividire. Una potenza inaudita. Un muro di suono che ci ha travolti tutti per un’ora e mezza, ininterrottamente, se non fosse stato per qualche pausa intrapresa dal cantante Corey Taylor che ogni tanto salutava e ringraziava Milano aggiungendo sempre un “fuck” tra una parola e l’altra, dandoci dei “mother fuckers” e mandandoci a quel paese con il dito medio. Naturalmente nessuno si è offeso, anzi, tutti in coro hanno risposto ai “simboli di pace” di Coery, con il gesto delle corna in alto verso il cielo, simbolo metal e del rock più duro. La scelta della scaletta è caduta naturalmente su molti dei nuovi brani appartenenti al loro ultimo lavoro, tra cui il primo singolo estratto “All hope is gone” e “Psychosocial”. Tra gli altri brani proposti, “Before I forget” e “Duality”, due vecchie canzoni tratte da uno dei migliori album del gruppo, “Vol.3”. Nati nel ’99, gli Slipknot devono la loro ispirazione al disagio generato dalle lande desolate dell’Iowa, cittadina triste e malinconica che cresce, da sempre, giovani senza speranze e incredibilmente annoiati. La band indossa maschere orribili, che rappresentano i più brutti e feroci killer di storici film horror e non solo. Questa particolarità li ha resi famosi e riconoscibili in tutto il mondo, attirando però anche critiche da parte di alcuni metallari vecchia maniera, che spesso li definiscono dei “pagliacci commerciali”. La verità è che gli Slipknot pestano duro, tranne in qualche ritornello un po’ melodico, che però ha permesso di far arrivare la loro musica anche ad un’altra tipologia di ascoltatore, non per forza amante del death metal. Gente in preda al delirio per tutta la durata del live, soprattutto i ragazzini, che tanto amano questa band. Finale da circo per uno spettacolo incredibile, tanto che la batteria, durante l’esecuzione dell’ultimo brano, ha cominciato a sollevarsi da terra roteando su se stessa, piegandosi in orizzontale, con il mitico batterista Joey Jordison che ha continuato a suonare divinamente quasi a testa in giù. Stessa cosa per le percussioni che si trovavano di fianco al cantante, che si sollevavano roteando su se stesse. Questo per tutta la durata del concerto, con il dj che ogni tanto ci si appendeva per farsi innalzare in aria. Gli Slipknot fanno spettacolo,  anche se non ne avrebbero bisogno data la bravura e la tecnica di ogni singolo componente, ma la scenografia, infatti, è andata soltanto a completare uno show già incredibile di per sè.

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