Se, come recita il luogo comune, l’arte precorre i tempi della società, bisogna riconoscere che ilcontemporary ha in effetti assolto a questo “dovere” assorbendo tutte le tossicità culturali e restituendole in hedge fund estetico. Spesso mi sono chiesto, durante le vernici delle varie Biennali, Manifesta e Fiere internazionali, quale perfido profumo avesse invaso le narici di centinaia di migliaia di persone che si inebriavano della venefica fragranza portandoli a credere che barzellette, piccoli mot d’ésprit, fossero colpi di genio, che minime varianti dell’ormai esangue linguaggio dell’arte avessero una credibilità rivitalizzante il suo morto corpaccione. Come potesse accadere che migliaia di persone acculturate e benestanti, con posizioni di prestigio e di responsabilità, veri opinion-maker si stordissero con lo stesso aroma, attribuendo tanta importanza a shampisti vari e mistificatori culturali. Visto com’è andata e ciò che ha prodotto questa “élite”, c’è poco da stupirsi, fa tutto parte della stessa ecosfera culturale, dello stesso bouillon inacidito, dove si è scambiato per realtà il proprio dopato delirio narcisistico-paranoico-onnipotente al quale il contemporary ha dato “dignità” estetica.
il Vostro LdR