Francesco Bonami fa un veto sul nome di Francesca Pini del Corriere della Sera.
“Se alla presentazione del mio libro c’è lei, io non vengo”
Una vicenda che ricorda i capricci di alcune star americane come Mariah Carey che rifiuta nei suoi concerti pop di stare sul palco a fianco ad altre donne che potrebbero sminuirla. In questo caso, però, la prima donna è un critico di fama mondiale come Francesco Bonami. L’antagonista è la giornalista del “Corriere della Sera” Francesca Pini, che si è vista sfrattata dal tavolo di relatori che il 29 aprile presenteranno a Milano, presso lo Spazio Forum della Libreria Egea (Università Bocconi), Dopotutto non è brutto, l’ultimo libro del curatore fiorentino. Un testo sull’arte e l’architettura del Bel paese. Ironicamente associato in copertina alla marca del celebre formaggino. “Artisti, grattacieli ed ecomostri: viaggio in un’Italia più bella del previsto”, un saggio edito dalla Mondadori. Sotto inchiesta nel libro è il nostro proverbiale, e forse malinteso, senso estetico che ci spinge a guardare con diffidenza, e in molti casi a ostacolare, ogni iniziativa urbanistica e architettonica che non rientri nei tradizionali e un po’ stantii canoni estetici del Bel Paese. Tra controverse opere architettoniche e monumentali installazioni artistiche, da Renzo Piano a Richard Meier fino ad arrivare a De Chirico e Guttuso, passando per Morandi, Bonami fa una lettura poco convenzionale di molti rappresentanti dell’arte contemporanea italiana, a seconda dei casi sopravvalutati, sottovalutati o penalizzati da un contesto culturale che giudica provinciale, angusto e autoreferenziale. Un’autoreferenzialità (paradosso del possessore della Verità) nella quale ora rischia di cadere pure lui.
Ci racconta tutto la stessa Francesca Pini, raggiunta per telefono: “Sono stata contattata da Saverino Salvemini che mi ha chiesto di fare da relatrice, insieme a lui (moderatore) e Giuseppe Iannaccone, famoso collezionista milanese, alla presentazione dell’ultimo libro di Francesco Bonami, ospite dell’incontro del 29 aprile di Culture Club alla Bocconi. Ho dato la mia disponibilità ad intervenire sul testo che sto già leggendo ma proprio ieri mattina sono stata ricontattata da Salvemini che mi ha fatto presente il problema. Bonami ha fatto un veto sul mio nome dicendo che se ci fossi stata io lui non sarebbe venuto. Ma che senso avrebbe presentare un libro senza l’autore? L’organizzatore dell’incontro mi ha detto che non mi avrebbe sostituita ma la vicenda mi sembra confermi ciò che Barbara Rose ha dichiarato la scorsa settimana al Corriere: “Francesco Bonami è molto legato alle logiche del marketing e capisce solo le regole del gioco”. Io no. Sono una voce libera, sono fiera di non essere faziosa e condivido in pieno le parole di questa grande donna e critica americana”. Pini non nasconde il suo stupore. Ma più che risentita si mostra divertita. “Chi vuole controllare troppo o tutto è un debole, si astiene dal dialogo e dal confronto”. “Se si cancella il dibattito nell’arte cosa resta? Solo la politica e il mercato?”. La Piniribadisce l’importanza della libertà di stampa, che dice di rappresentare, per evitare che al pubblico arrivino solo informazioni filtrate. Quelle cioè controllate ed approvate dai “Cesari” dell’arte che non accettano il dialogo e il confronto. Ma che impongono esclusivamente i loro diktat quasi fossero dogmi. La potenza del paradosso del “possessore della verità” è devastante perché scarta “a priori” qualunque obiezione si possa porre alle proprie certezze e avvalora solo le motivazioni a favore di una determinata visione della realtà. Abbiamo cercato di sentire Bonami sulla vicenda ma, al momento, dall’ufficio stampa che si occupa di promuovere i suoi eventi, Paola Manfredi ci dice che è negli Stati Uniti. Sta montando una mostra. E non risponde.
Restano inevitabilmente dei quesiti irrisolti. Il veto che il critico avrebbe fatto sul nome di Pini è un segno di insicurezza, insofferenza o piuttosto un rancore mai stipato nei confronti di colei che, alcuni mesi prima dell’apertura della mostra Italics di Palazzo Grassi a Venezia, aveva lanciato dalle pagine del “Magazine” del “Corriere della Sera” lo scoop del contenzioso legale nato tra lui e Kounellis? La giornalista ci ricorda che era stata lei a scoprire che Kounellis aveva avviato un procedimento legale perché non voleva che una sua opera, Scarpette d’oro, di proprietà di un collezionista privato, venisse esposta alla grande mostra veneziana e che si era appellato al diritto d’autore: “L’opera è mia e la difendo io”, aveva sostenuto. “Le scelte di un curatore non possono essere dittatoriali, l’artista deve essere consultato prima d’inserirlo in collettive che lo coinvolgono anche a livello ideologico” dichiarò l’artista che non aveva dimenticato quello che proprio Bonami aveva scritto di lui e dei suoi colleghi dell’arte povera nel catalogo della mostra “Zero to Infinity” alla Tate di Londra, liquidati con una battuta: “Sono dei vitelloni dell’arte”. Alla fine Kounellis riuscì a ritirare la scultura dalla mostra. Bonami giustificò a noi di ArsLife la sua scelta dicendo che “Scarpette d’oro” era l’unica opera interessante prodotta dall’artista dopo il 1967. E che l’artista valeva solo lo 0,5% della sua mostra. (Clicca qui per leggere l’intervista a Bonami su questa vicenda). Ma lo scoop di Francesca Pini il padre-padrone Francesco evidentemente non l’ha dimenticato. Come non avrà dimenticato le accuse che gli sono arrivate da Barbara Rose, anche in questo caso dalle colonne del “Corriere della Sera”. Parole al vetriolo contro di lui, “troppo legato alle logiche del marketing” che Pini dice di sottoscrivere in pieno. “Il re è nudo” incalza la giornalista. “Non credo che altri che considero veri intellettuali, come Umberto Eco o Gillo Dorfles, si sarebbero sottratti a un confronto con qualcuno che può anche non condividere le loro idee. Bisogna avere il coraggio di parlare e spero davvero che questa polemica non abbia l’effetto contrario di pubblicizzare il suo libro”. Se così fosse, chissà. Forse il Bonami-marketing riuscirebbe persino a rivalutarla.
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