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Omaggio a Federica Galli

FEDERICA GALLI

Omaggio a una Maestra della contemporaneità, a Milano


FEDERICA GALLI, Rio San Lorenzo, 1987, acquaforte su zinco, cm. 49×84
 
 
È difficilissimo scrivere di Federica Galli, la grande artista dell’incisione mancata all’inizio di febbraio di quest’anno, perché di lei si è detto già tutto e perché non credo vi sia un personaggio nelle arti figurative del XX e dello scorcio di questo XXI secolo che sia più diretto e piano per la comprensione umana.

Le parole perdono aggettivi e, per una volta, devono lasciare solo all’occhio il compito di riposarsi sulle straordinarie acquatinte, le incisioni all’acido nitrico che impegnarono l’artista cremonese in modo quasi del tutto esclusivo dal 1954 sino alla morte.  

I soggetti sono noti: la campagna lombarda, i grandi alberi (quelli “storici”, registrati fra i secolari), Venezia, dove il tocco grafico arriva a livelli mai raggiunti – questo si può ben dire – da nessuno. 

C’è una bellissima (e affettuosa) rassegna in questi giorni a Milano, alla Compagnia del Disegno, che raduna gran parte del corpus incisorio di Federica Galli e che merita davvero una visita, anche perché l’opera non è solo appesa in parete, ma offre l’emozione del contatto (con cautela) e dell’osservazione ravvicinata nei raccoglitori messi a disposizione per il visitatore.

Campeggiano su tutto i due grandi polittici di vedute di Venezia “a volo radente” di tale livello prospettico e estetico da risultare vere icone della pur sovraesposta città lagunare.

Strabilia davvero l’abilità suprema che diventa per se stessa linguaggio e assume qualità assoluta e universale con la semplicità ficcante di chi, quasi senza saperlo davvero, genera arte vera. 

Ma, se osserviamo oggi l’opera dell’ “inciditrice” con occhi diversi da quelli del piacere sensoriale e cerchiamo di darle una valenza, per così dire, premonitrice, vediamo che la Maestra delle incisioni ispira un nutrito filone di epigoni, in gran parte femminili, filone che, poiché abbiamo visto l’opera della Galli, possiamo poi comprendere nel profondo. La mia teoria, forse azzardata, difatti, è che, rintracciando le dimensioni principali della poetica di Federica Galli, assunta come testa-di-ponte di un genere artistico, e ricercandole in artisti a lei contemporanei ma lontani espressivamente o contemporanei a chi oggi guarda, si possano evidenziare forme d’arte a lei congruenti e soprattutto a noi vicine e comprensibili (come si faceva un tempo: dallo studio, gli strumenti della comprensione e la costruzione di un tassello di cultura). 

Così, soprattutto per un giovane appassionato d’arte che mastica maggiormente i nomi della contemporaneità più nota, sarà una vera sorpresa osservare come il taglio compositivo secco ed equilibratissimo della Galli si ritrova in Carla Accardi; il segno/gesto preciso e determinato in ragione di un risultato quasi filosofico del proprio lavoro è esattamente, potrei dire, in Dadamaino; l’intento di superare il dato figurativo, previamente frammentato in punti e poi “confezionato” in maniera perfettamente intelligibile, per far emergere una sospensione di realtà all’interno della quale è possibile riversare il proprio universo poetico è in Angelo Filomeno; l’ “alfabeto delle immagini” ricondotto a esiti a-convenzionali è in Giuseppe Gallo; l’esigenza di costruire architettonicamente la composizione prima di definirla visualmente e assegnarla ad uno spazio compiuto è una costante di Grazia Varisco (soprattutto nei suoi “reticoli”)…  

Questo eterogeneo gruppo, combinato e ricombinato come le possibili interazioni dei diversi rami di un domino, individua una componente superiore della forma d’arte eletta a “primaria” (l’incisione di Federica Galli): la ragione estetica fatta di equilibri, misure, calibri e arte di costruire (sopra ogni altra urgenza), proprii di tutti gli artisti poco sopra nominati: in loro si ritrovano le esigenze prime della grande Maestra. 

Non sembri semplicistica questa impostazione: parte dal concetto che vi sia un ultra-genere (o super-genere) in arte, una “idea originaria della forma d’arte”, cui ogni espressione formale si riferisce attingendo alcuni elementi e non altri, che, se esaminati con attenzione, aldilà delle convenzioni storiche, possono illuminarsi vicendevolmente e definire un percorso teorico fuori dai canoni abituali. Tale percorso, più che assumere valore di ricerca accademica, individua un senso comune, un comune modo di guardare all’arte, di cercare nell’arte omologhe necessità, da parte di alcuni e non di altri. Una scuola di pensiero nel vero senso della parola, transtemporale e transgenerazionale. 

Del resto, vide bene Testori quando riuscì a far esporre Federica Galli in una mostra che coinvolgeva i più grandi incisori del nostro ‘900, Morandi e Bartolini: gli artisti non potevano essere più lontani concettualmente ma nel mezzo da essi utilizzato (ai massimi livelli nel ‘900) si trova la ragione della loro contiguità, un gesto comune che ognuno di essi conosce al medesimo livello di perfezione ma che ognuno dirige secondo il proprio solco culturale e il proprio temperamento estetico. 

Eppure, il filo è teso. Da quel filo, Federica Galli intreccia una trama che leggiamo ancora oggi, non più sua, ma come emblema della sua eredità. 

FEDERICA GALLI, Il Castagno dei Cento Cavalli, 1998, acquaforte su zinco, cm. 49,3×79,8

 

 

Informazioni utili:

Omaggio a Federica Galli

COMPAGNIA DEL DISEGNO, Via Santa Maria Valle, 5 – 20121 MILANO
dal 7 ottobre al 24 dicembre 2009 orari: 10-12.00 / 16.00-18.00 dal martedi al venerdi; sabato su appuntamento
INFORMAZIONI
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