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I casi sono due… o no?

Nella commedia, i casi sono due ma, nella realtà, il caso è uno solo: quest’anno il Teatro Quirino di Roma ha preparato per i suoi spettatori un menù davvero speciale. Dopo aver rinnovato il portale – www.teatroquirino.it – con una grafica moderna e d’impatto, non delude le aspettative degli aficionados proponendo un cartellone in perfetto equilibrio tra contemporaneità e tradizione.

Ultimi giorni, quindi, per gustare un’opera che porta in scena, grazie alla maestria di Carlo Giuffrè ed Angela Pagano, la grande scuola comica napoletana, con I casi sono due, testo di Armando Curcio. Al centro dell’azione, un cuoco ladruncolo e scapestrato, un barone ipocondriaco(interpretato da Giuffrè) che scopre, in età avanzata, il desiderio di divenire padre, ed una baronessa, sua moglie(Angela Pagano), intenta nel riversare eccessive ed amorevoli cure nei confronti del cane di casa Medoro.

Una piéce degli equivoci, dei malintesi, estremamente ironica, attorno alla quale si muovono una serie di personaggi fortemente caratterizzati che regalano al pubblico una rappresentazione agile e snella. La vicenda, ambientata nella città partenopea, si apre con i due nobili coniugi, Ottavio ed Aspasia, che avvertono, dopo lunghi anni trascorsi in solitudine, la mancanza di un erede. Spinto da questo sentimento, il barone incarica un’agenzia investigativa di ritrovare le tracce di un figlio illegittimo, avuto in gioventù, frutto di una breve relazione con una ballerina. Incontenibile è allora la sorpresa nel vedersi attribuire, dopo indagini ed accertamenti, come diretto discendente dell’aristocratica dinastia, proprio il cuoco Vincenzo Esposito(Ernesto Lama), giovane fannullone da poco alle sue dipendenze.

Come è facile immaginare, la farsa non finisce qui: inattese rivelazioni sono destinate a sconvolgere il quieto vivere di questa famiglia, in cui perennemente si alternano padroni e servi, e dove trovano spazio riflessioni, mai scontate, sull’esistenza, l’essere padri, l’essere figli. Ottima l’interpretazione della servitù(il maggiordomo, il tuttofare e la cameriera) che vedono anch’essi cambiare repentinamente le proprie condizioni dopo la promozione del litigioso cuoco in “baroncino”: questi non perde occasione per ribadire la superiorità dello status ottenuto e vessare coloro i quali considera, ormai, ex-colleghi. Niente di più pericoloso quando le sorti di ciascuno non appaiono mai certe.

Spunterà infatti un altro figlio, strambo e taciturno, che, alla cantilena costante di un monotono “Babbo-babbo”, conferirà nuova verve allo svolgersi della trama portando, infine, all’epilogo della storia. Deliziosa la comparsa di un istrionico attore a quattro zampe, chiamato a sostituire, negli affetti di Aspasia, l’estinto e tragicamente scomparso Medoro. Una storia che non vuole insegnare, giudicare o commuovere ma che riesce, con la sua delicata autenticità, a rievocare un recente passato, ricordando che i legami di sangue, spesso, non sono sufficienti a giustificare quelli, assai più complessi, dettati dal cuore. Perché, come canta la radio, compagna dell’intero spettacolo, ciò che davvero conta è “Vivere finché c’è gioventù / Perché la vita è bella / La voglio vivere sempre più”.
Senza perdersi nelle ombre di ogni fragile malinconia.
Prossimo appuntamento con un grande classico: dal 12 al 24 gennaio, è in scena Pirandello con Sei personaggi in cerca d’autore.

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I casi sono due
15 dicembre 2009 – 10 Gennaio 2010
con Carlo Giuffrè e Angela Pagano
di Armando Curcio
scene e costumi Aldo Terlizzi
musiche Francesco Giuffrè
regia Carlo Giuffrè
Diana Or.i.s
TEATRO QUIRINO
VIA DELLE VERGINI 7 – ROMA

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