Prima o poi si doveva evidenziare, oltre che per gli enti lirici ed il cinema, anche per l’arte contemporanea, il problema dei finanziamenti pubblici alle istituzioni culturali.
Ed infatti puntualmente si levano autorevoli voci a difesa del grido di dolore che giunge dal Madre, il prestigioso museo di arte contemporanea di Napoli, minacciato addirittura di sospensione di fornitura elettrica, con conseguenti problemi per gli impianti di sicurezza e conservazione climatica delle opere. Grido di dolore reso pubblico da una lettera di Mimmo Paladino al Corriere della Sera nella quale l’artista si chiede: “Caro direttore, che cosa può fare un pittore per far sentire la propria voce? Se anche un artista, almeno una volta, vuole protestare pubblicamente, indignarsi, criticare le autorità ed avere un peso, aprendo un dibattito, chiedendo un confronto, come deve comportarsi, quale atteggiamento deve assumere? Come posso reagire io se la cultura e le sue migliori istituzioni a Napoli sono sotto attacco di un potere cieco?…”
Sommessamente un piccolo suggerimento lo avremmo noi, caro Maestro: perché lei e gli altri prestigiosi artisti, i Kounellis, i Pistoletto, così carichi di gloria, di onori e medaglie oltre che didanèe, non fate un bel bonifico per saldare intanto la prosaica bolletta (142.172,14 Euro)?
Perdoni l’ardire, ma Lei non può ignorare il fatto che il Madre sia “figlio” di quella stagione trionfalmente definita o’ rinascimiento napuletane che non ha lasciato proprio una gran bella eredità in quanto a gestione economica e clientelare (la Regione Campania è di fatto commissariata a causa dei debiti accumulati e ci fermiamo qui per carità di patria), e non può altresì ignorare che mentre il Madre celebrava i suoi successi, questi erano alimentati dal gas della munnezza che cresceva ad altezza d’uomo. Un vero fiore all’occhiello, il Madre, di un potere politico non proprio in linea con i parametri di chi si dichiara così eticamente sensibile e intellettualmente engagé. Siamo uomini di mondo e non vogliamo fare la morale a nessuno. Comprendiamo che un’artista sfrutti le opportunità che gli si offrono, però non si può fare a meno di rimarcare che all’epoca dei trionfi nessuna autorevole voce si è levata per sottolineare l’incredibile stato di barbarie e degrado generale, visibilissimo anche allora, nel quale versava la Bella Napoli. Come nessuno del resto si stracciava le vesti per gli uffici di rappresentanza culturale a New York o per il trendissimo ristorante minimal allestito nella sede della Regione e addobbato di opere appositamente create, peraltro in stridente contrasto con l’ambiente circostante, più simile ad una surreale situazione alla “così parlò Bellavista” o, peggio, ad un panorama da Beirut disastrata. E non mi venga a vendere la balla che l’attività del Madre rappresentava un riscatto sociale per le plebi irradiate dai sali, dai metalli, dalla formaldeide e dagli stracci esposti, vere brioches pour le peuple… Le voci, invece, si levano ora e per chiedere cosa, un rifinanziamento a piè di lista? un ripianamento dei bilanci bucati senza nulla cambiare? perché continua una concezione dell’istituzione pubblica come greppia a cui attaccarsi? del resto che la cultura costi lo sanno anche gli artisti che si difendono benissimo quando qualcuno capita nei loro studi, sia esso mercante, gallerista o collezionista. Anche per i casi più felici, e il Madre è uno di questi, almeno sotto l’aspetto della prestigiosa programmazione, è d’obbligo un ripensamento generale che renda l’attività bilancio-sostenibile oltre che eco-compatibile (circa 8.000.000 di Euro il fabbisogno dell’anno trascorso).
Insomma è finita un’epoca, perlomeno si spera, ed i vincoli di bilancio imposti alle amministrazioni pubbliche che non possono più contare sul ripianamento dei debiti contratti, obbliga tutti ad un ripensamento del come la collettività debba e possa intervenire a sostegno delle attività culturali. Del resto è sempre un poco imbarazzante che sia un’istituzione pubblica ad indicare un orientamento intellettuale, meglio sarebbe lasciarlo decidere al libero gioco delle parti e degli interessi contrapposti, piuttosto che all’interposizione statale. Lo Stato si occupi del patrimonio storico-archeologico -che è già un bel lavoro- e metta semmai i volonterosi privati in condizioni di poter operare “leggermente” sia burocraticamente che fiscalmente. Ma questa è fantascienza, purtroppo.
Bon, fine, caro Maestro e, se mi permette un’ulteriore osservazione, non oscuri in segno di protesta con un drappo nero l’opera che Lei ha generosamente donato al San Carlo, tolga piuttosto il velo che offusca i suoi ideologici occhiali perché, come si dice a Milano: ghe n’è pù de danèe!
E tanto per non lasciarci così, con l’amaro in bocca, Le dedicherei, confidando nel suo umorismo partenopeo, questa gustosa testimonianza dell’ironia napoletana.
L.d.R.
Ndr: alla chiusura del pezzo è giunta in redazione la notizia proveniente dal Madre che grazie all’intercessione dell’assessore Caterina Miraglia sono stati sbloccati 300.000 euro per il disbrigo delle pratiche più urgenti. Ne siamo lieti, in special modo per il gentile e professionale personale dipendente a secco da un po’.
Rimane inalterato il senso della nostra piccola provocazione (del resto se non c’è provocazione non c’è arte) circa l’invito a pagare la bolletta Enel che è ovviamente un’espediente paradossale per evidenziare quello che, a nostro giudizio, è considerato un diritto dal milieu,vale a dire considerare l’ente pubblico come erogatore di risorse finalizzate a perseguire quello che spesso arbitrariamente viene considerato Cultura.
in punta di pennino