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Angiola Tremonti a Villa Reale di Milano

SULLA MOSTRA DI ANGIOLA TREMONTILe polemiche che hanno anticipato questa strana esposizione che chiuderà il  

31 ottobre 2010. L’intervista del nostro direttore Paolo Manazza. Il commento della nostra inviata Cristiana Curti e l’opinione di Vittorio Sgarbi  

__________________INTERVIEW ALLA TREMONTI

  
 
 
Milano, 27.10.2010 – Forse davvero le polemiche fanno bene. Almeno al mondo dell’arte. Sempre che siano poste in modo intelligente e proficuo. Capaci cioè di sviluppare un dibattito su un tema specifico. Noi su ArsLife lo abbiamo fatto -ad esempio- con la mostra di Angiola Tremonti alla Villa reale di Milano. Volevamo segnalare una possibile anomalia nel circuito espositivo milanese. Ossia una mostra, in un luogo storico e centrale per la città meneghina, dedicata a un’artista con un cognome pesante. Sorella dell’attuale ministro all’Economia. Ovviamente non avevamo nulla contro il suo lavoro e i suoi interventi artistici. Ma ci chiedevamo perché il Comune milanese era stato così solerte nel concedere questo spazio all’Angiola. Se ci fossero stati o meno pressioni e interventi di natura politica. Abbiamo dato spazio a opinioni differenti. Come quella del nostro polemista che si firma Lucien de Rubempré il quale, sempre sul nostro sito, ha deciso di difendere in parte questa mostra (http://www.artslife.com/2010/09/03/salvate-il-soldato-ryan-03092010/). Certo, nel complesso abbiamo creato un bel can-can. Giorno dopo giorno molti giornali hanno ripreso la querelle su questa mostra. Chi a favore chi contro. Chi avendola vista e chi tanto per parlare. Ma di fatto sempre dando spazio alla notizia sull’esposizione. Così, a pochi giorni dalla sua fine, sono andato di persona a sincerarmi dei risultati. E ho scoperto, come dicevo nell’attacco, che le polemiche qualche volta fanno bene. I numeri lo testimoniano. A domenica 25 ottobre la mostra della Tremonti ha contabilizzato oltre 13.000 presenze. Per l’esattezza 12.556 più le 800 persone della serata inaugurale. La chiusura è prevista per questa domenica 31 ottobre. Mentre sabato 30 ci sarà un finissage speciale voluto ed offerto da Angiola che -dobbiamo ammetterlo- ha sempre avuto a cuore le problematiche sociali (forse anche più del celebre fratello). Si svolgerà, dunque, sabato sera a Villa reale un concerto del maestro Roberto Durkovic con i “Fantastisti del Metrò” i musicisti Rom da lui incontrati nella metropolitana milanese.
Ma ecco che -mentre nelle vesti dell’anonimo cronista mi appresto ad entrare nelle sale- chi ti  incontro? L’Angiola in persona. La tentazione di intervistarla è nel mio dna. Non riesco a trattenermi. “Buona sera ma lei non è l’artista? La sorella del ministro…”. Approccio sbagliato (fin da giovane mi riuscivamo malissimo queste cose). “E lei chi è?” mi chiede incuriosita. “Paolo Manazza”. “Ahh…eccolo dunque il direttore di ArsLife..!” e sorride. Iniziamo a parlare e mi spiega che suo fratello quasi non sa chi sia. “L’ho visto pochissimo negli ultimi quindici anni! E non solo non è mai intervenuto per sponsorizzarmi. Ma addirittura mi sento costretta a muovermi di nascosto per non metterlo in imbarazzo…”. Più che incazzata e sponsorizzata l’Angiola sembra una sana scultrice donna d’altri tempi con l’idea fissa di esplorare il mondo femminile. Continua. “Ma le pare che ho bisogno di lui per fare una mostra?! E aggiunge sorniona “Io non sono la sorella di Tremonti. E’ lui che è mio fratello perdinci!”. Non c’è che dire. Donna dolce ma battagliera l’Angiola. Continuo e le chiedo “Riguardo le polemiche sulla location che ha da dirmi?”. E lei: “Guardi Manazza, la domanda per questa esposizione risale a quattro anni or sono. Che c’entrano le questioni politiche? Casomai la scelta è dipesa dal mio curriculum, dalla storia personale del mio lavoro, dai supporti critici, dai cataloghi che ho pubblicato, dalle tante mostre che ho già fatto…”. Un po’ ha ragione. Qualsiasi artista si sente rappresentato da ciò che crea piuttosto che dal nome che porta. Ho la tentazione di continuare per lo meno sulla questione della polemica intorno alla commissione del Comune in cui lei è presente.  Lei mi sorride e spiega pacatamente alcune cose che sono state a suo dire solo malintesi. “Prima di tutto ribadisco che la proposta di questa mostra fu fatta quattro anni or sono, mentre sono stata chiamata nella commissione arredo e decoro urbano soltanto nell’aprile del 2010. A tale commissione ho partecipato di persona una sola volta. Mentre a una riunione nella quale si doveva decidere sull’acquisto di una scultura di Pomodoro non ero presente ma ho solo inviato una lettera nella quale esprimevo l’opinione che fosse più opportuno che il maestro, e solo nel momento e al punto in cui si sarebbe entrati nell’argomento che lo riguardava, si allontanasse (in queste commissioni non si ha alcun potere se non di esprimere liberamente le proprie opinioni). Non le sembra logico?”. Si ferma un attimo per salutare un amico arrivato poi torna verso di me e continua: “Per dirla tutta credo che il Comune farebbe meglio a investire una bella cifretta per sovvenzionare opere di giovani artisti italiani, magari scultori e con l’obbligo di utilizzare fonderie italiane piuttosto che quelle di Honk Kong o cinesi. Non crede? Per ultimo scriva pure che per questa mostra io ho deciso di rifiutare 5 mila euro di contributo Regionale, accettando solo la location e un contributo per il catalogo”. Detta così la cosa sembra stare in piedi un po’ meglio. Finalmente abbiamo sgombrato il campo dalle polemiche. Condizione ineludibile e necessaria per parlare d’arte. Decido di iniziare il colloquio sugli aspetti della ricerca estetica di questa artista combattiva e costretta malgré soi al cognome che porta. “Va bene Angiola, ho capito, mi dica adesso cosa le è piaciuto di più di questa sua esposizione?”. “Ma come? Lei dovrebbe dirmelo! Non io”. “E invece glielo chiedo io, guarda un pò”. “Lei è un tipo strano ma le confesso che mi ha fatto sorridere e meditare soprattutto la spontaneità della gente che si è fatta fotografare davanti e intorno alle mie sculture di donne con le braccia alzate al cielo. Nella cultura celtica l’uomo è uguale all’albero”. La interrompo. “E anche per le lei è così?”. “Direi di no. Nel mondo di oggi gli uomini parlano e scrivono. Gli alberi invece si limitano a fremere e suonare per l’anima”. Iniziamo a camminare per i giardini e le stanze. Visti dal vivo alcuni lavori scultorei della Tremonti sembrano funzionare in modo eccellente. “Mi dica -chiedo- che cosa le è più congeniale la scultura o la pittura?”. L’Angiola scoppia a ridere e mi risponde “In autunno e in primavera la scultura. In estate e inverno la pittura. Sa perché? Per motivi metereologici più che poetici. Provi lei caro Manazza ad andare in fonderia a gennaio o in agosto!”. “Quali sono gli artisti che ama di più?”. “Rodin, Tiepolo e Segantini” risponde di botto. Continuo. “E tra i contemporanei?”. “Nessuno. Preferisco cercare la mia ispirazione dalla natura piuttosto che dalla reinterpretazione della natura compiuta da altri spiriti”. Torno di botto sulla scultura: “Qual è il materiale e il supporto che predilige per le sue opere scultoree?”. “Senza dubbio la cera persa e il bronzo. La cera arriva prima ed è rossa come il sangue, voglio dire che è passionale e modificabile in corso d’opera. Il bronzo è altezzoso e fermo. E’ una sorta di punto di non ritorno”. Decido di cambiare registro e mi sposto sulla tavolozza “Secondo lei qual è la differenza tra l’oro e il giallo? Se esiste…”. Riesco a farla sorridere ancora. Ci pensa poco e risponde “Semplicissimo. L’oro vibra. Il giallo è un colore di superficie”. Continuiamo a passeggiare mentre parliamo. Mi racconta che ha deciso di regalare una scultura al parco della Villa Reale, aggiunge, sempre se la gradiscono. Le confermo che è una buona scelta e che a mio giudizio entrambi (parco e scultura) sembrano piacersi. Noi ancora ci stiamo annusando ma in fondo un po’ ci siamo piaciuti dopo l’incontro che inizialmente mi vedeva titubante e perplesso. E’ proprio vero. Le polemiche fanno bene al mondo dell’arte. Come la dialettica garbata è utile alle persone. Non ci volevo andare a vedere questa mostra. E avrei fatto male. Del ministro me ne infischio. Dell’Angiola no. E’ una cara persona da rispettare. Come tutti gli artisti del mondo.
 
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17.09.2010

ANGIOLA TREMONTI A VILLA REALE, MILANO

di Cristiana Curti

«Ti va di venire con me a vedere l’Angiola Tremonti? … Come: “chi è”. E’ la sorella del Ministro. No, nessuna conferenza. Che fa? Fa politica, è in una commissione civica sull’Arredo Urbano e… No, ti giuro, non è un comizio, no… adesso ti dico: è anche artista. Sì, un’artista: pittrice, scultrice e tutta questa specie di cose, … no, non so dirti se è brava (San Gino – De Dominicis n.d.a. – patrono dei pinocchi, salvami tu!)… del resto è una mostra che dobbiamo andare a vedere, ed è a Villa Reale… Villa Reale, la GAM, la Galleria d’Arte Moderna. Come? Sì è vero che a Milano non c’è nessun Museo d’Arte Moderna, questo è dell’800. Ma, sto dicendo: la Galleria, quella dirimpetto al PAC. Il PAC, Padiglione d’Arte Contempo… in che senso: non c’è nessun museo d’arte contemporanea a Milano… vabbé, ho capito, lasciamo perdere. »

Di telefonate come queste ne feci due o tre, obbligandomi a non dire la verità, ovvero che sono fortemente prevenuta nei confronti della scultrice Angiola Tremonti che espone dal 16 settembre alla GAM di Milano. Non è che, in genere, anche per altri più noti nomi del jet-setartistico contemporaneo mi vada molto meglio; per cui, all’ennesimo rifiuto, decisi di scoprire le carte e raccontare il casus della mostra, il curriculum dell’artista (che ampiamente troverete descritto nel sito della medesima insieme a una vera e propria messe di informazioni sulla sua attività principale e financo sulle secondarie…) e la polemica nata in seguito alla conferenza stampa di presentazione dell’evento. Qualcosa intorno ai conflitti d’interesse? No, questo riguarda l’Arnaldo Pomodoro che propose una sua cancellata a Largo Mahler e la Tremonti, strenua paladina della correttezza deontologica nonché membro della già citata Commissione, ritenne fosse questione incompatibile con il fatto che l’artista vive e opera in Milano. Qualcosa intorno all’opportunità di esporre un’emerita sconosciuta e neanche granché brava in una sede storica e importante della Città? Neanche, temo che quest’argomento sia già stato speso per altre occasioni sprecate dall’ineffabile Assessorato alla Cultura della giunta Moratti.

Insomma: non ricordo quasi neanche più perché sia nata una polemica.

Eppure, la mia amica più sensibile alle questioni civili e raffinata intenditrice d’arte antica e moderna acconsente, non senza prima aver domandato: “si paga?” Non mi pare: alla GAM l’ingresso è libero. Per cui, dopo aver giurato che non avremmo sborsato un euro per presenziare alla presunta offesa all’onore del capoluogo lombardo, ma non essendone affatto sicura, ci incamminiamo alla volta della GAM a Palestro. E che San Giorgio (De Chirico n.d.a.) protettore di chi la fa, affabilmente, un po’ sotto gamba a qualcun altro me la mandi buona.

Nella corte interna dell’equilibratissima Villa Belgiojoso, il cui stile neoclassico purissimo e sobrio ricorda le radici della fama della milanesità colta ed elegante, regale, ma sempre premurosa di procurare un’apparente modestia e un sano e pratico tenor borghese, si ergono le prime vestigia della Signora fonditrice.


Le “Mabille alberi”
Attonite, io e la mia amica contempliamo il gruppo scintillante di Mabille Alberi, forme allungate antropomorfe dalle braccia eccedenti e dalle mani enormi, che si stagliano in tutt’altezza sino al primo ordine di finestre visibili sin dal marciapiede opposto all’ingresso su Via Palestro, giusto per invogliare alla visita. Le “deità madri”, come le intende l’autrice, sembrano per la verità un malriuscito omaggio alle donne del calcio, specificamente le “portiere” (si dice così? Non me ne voglia il lettore esperto…), uno scherzo di cattivo gusto. Ma forse al Sindaco piace, per le evidenti contiguità con le predilezioni familiari. Fra l’altro, se riusciamo a comprendere bene, ci pare che si illuminino dall’interno perché sono forme cave, costituite da resine e pigmenti, direi, a occhio. Cosicché, anche di notte, non passino inosservate ai più distratti.
A sinistra “Mabille”, a destra “Mabille Crocefisse”

Nell’ariosa corte del Pollack altri gruppi scultorei (Il bosco delle MabilleMabille varie…) sono disseminati un po’ dovunque, antipasto a ciò che troveremo all’interno delle sale del Museo e nel giardino retrostante l’ingresso nonché lungo la facciata aperta su di esso, la quale – sempre in osservanza del canone conforme alle “preziosità nascoste” milanesi -, di fatto, è ben più sontuosa e importante di quella visibile.

Entriamo nella GAM e…

Gentile lettore,

vorrei trovare i più puntuti lazzi dell’ironia, l’eloquio più facondo per esprimere con il sarcasmo che – mi dicono – mi contraddistingue, anche se temperato da una buona dose di oggettività, i termini più impervi e barocchi per far sorridere me e Lei intorno a questa insana vicenda che attraversa momentaneamente la deserta vita culturale di Milano. Una Milano che pensa al neoclassicismo (se ancora sa di che si tratta) solo perché “le” raccontano che le sontuose abitazioni di Armani o Versace (o di chi per loro) sono in quello stile che raccontò come la regalità passa per la misura alla fine del XVIII secolo e all’inizio del XIX. Di regalità ce n’è pochina, ormai, da queste parti e di questi tempi e di misura men che meno…
A sinistra “Donna Gatto, Africa Grande madre, Vele al fuoco (parascintille)”, a destra dalla serie “La Neve 2

Potrei procedere nel massacro sistematico di un’artista che davvero lascia troppo a desiderare. Non esito, comunque, a dare memoria visiva della mostra in queste poche immagini che rappresentano alcune delle opere più importanti della Signora canturina (AbbraccioGattoca,Mabilie Crocefisse – un’installazione davvero incredibile! -, Donna gattoMarmotta peròLa mano del coniglioGallina bendataRaccolta gemellareVele al fuoco (parascintille), Intensità,Mabilla in attesa – in giardino -, le Nevi, forse le opere migliori, nella declinazione delle lame intagliate a risparmio poste in modo da formare una serie concatenata da cui il gioco di sovrapposizioni determina una figura dai contorni indistinguibili,…), immagini che, peraltro, sono meglio visibili nel ricco sito dell’artista. Tanto quelle sono le opere, sempre quelle.

“Mabilla in attesa”

Potrei, come dissi, ma non voglio.

In primo luogo perché dovrei, come professione obbliga, preparare una dissertazione su basi scientifiche, ovvero studiare ogni possibile collocazione storico-critica di riferimento della poetica tremontiana, analizzare le ispirazioni e le influenze, le scuole e le tecniche. Inoltrarmi nell’analisi iconografica dell’immagine-archetipo di Angiola Tremonti (la Mabilla), scomodando le deità ctonie cicladiche e, a piovere, giungendo sino alle ultime rappresentazioni pre-romane in terra d’Etruria. Verificare le fasi migliori della produzione artistica, i momenti di stanchezza o di caduta, riportare la fama della Maestra e discutere con Lei, lettore, se fu vera gloria.

In secondo luogo perché dovrei dimenticare i motivi di rabbia e indignazione civile che mi condussero già a esprimere un parere più che negativo sulla sventurata, improvvida, pressapochista idea di ospitare una servitrice della Città (perché tale è la Tremonti, membro di una Commissione stipendiata dal Comune di Milano) e una sorella di un Ministro, che dire influente è minimizzare, in un luogo pubblico con l’intento non troppo occultabile di compiacere detto Ministro (forse il Sindaco avrà un hatù per l’Expo 2015? Almeno questo… ma poi, se così fosse, prima e dopo l’Expo, Mabilie anche a colazione? Vade retro!), perché l’arte – davvero – non può compiacersi.

Ma, mentre varco le porte delle polverose e desolate sale della GAM, ricca di tesori ma ignota ai più (a tutti, direi), mi sovrasta un senso di enorme, sconsolata tristezza per le sorti, fradice e logore, di una Milano inarrestata in questa sdrucciolevole deriva.

E allora sospendo lo scritto, facendo un piacere a me e a Lei, gentile lettore. Perché sono inutili i piagnistei in un momento in cui ciò che c’è da fare è rimboccarsi le maniche, individuare presto un progetto, che si riuscirà a attuare anche con pochi soldi (quanti ne aveva la Milano – e l’Italia – del dopoguerra per le attività culturali?), ma soprattutto, qui a Milano, immediatamente cambiare i referenti pubblici, e a vari livelli operativi, e installare un pool che attiri l’attenzione del mondo dell’intelletto (nomi a caso: Fo, Dorfles, per le prime azioni di rappresentanza…). Se soldi non ce ne sono, saranno le idee a vincere e dietro le idee (e la qualità inattaccabile delle persone che le promuovono) arriveranno i sostenitori e non saranno necessariamente i grandi nomi delle aziende interessate principalmente a un ritorno in termini pubblicitari.

E intorno alla Tremonti, che, malgré soi, diede spunto per questo mio ennesimo pistolotto, dirò solo che è senz’altro, per me, un’artista implausibile (quanto meno), ma che – per tutti – ha perso definitivamente la possibilità di una corretta lettura del suo operato, di un sincero apprezzamento delle sue fatiche, di un’oggettiva valutazione del suo lavoro. Talché chiunque in questi giorni e nei prossimi si periti di imbastire un pezzo, un saggio, anche solo un occhiello sulla sua arte, che non sia un copia-incolla di qualche comunicato stampa, sarà sempre e per sempre tacciato di “untuoso servo del potere” se la plaudirà o “malfidato servo dell’opposizione” se l’aborrirà. Nessuno, in questi giorni, riuscirà mai più a osservare con occhio limpido l’arte di Angiola Tremonti, sino a quando essa non tornerà nell’ombra dove lei e milioni di altri artisti del suo calibro tranquillamente sonnecchiano indisturbati e onestamente si dilettano delle proprie capacità.

Gentile lettore, mi perdonerà quindi se depongo la penna, per una volta. Confido non me ne voglia.

E che San Lucio (Fontana n.d.a.), protettore di chi vede sempre un futuro dietro gli ostacoli, ci stia accanto e ci consigli tutti per il meglio.

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A sinistra, Letizia Moratti sindaco del il Comune di Milano, insieme ad Angiola Tremonti , a destra l’assessore alla Cultura per il Comune di Milano, Massimiliano Finazzer Flory

01.09.2010
dalla Redazione
RISPOSTA ALL’INTERVISTA DI ANGIOLA TREMONTI SU AFFARITALIANI.I T
E IL PENSIERO DI VITTORIO SGARBI
Eh sì… insomma qualcuno doveva pur iniziare a parlare di questa atipica mostra che il Comune di Milano ha organizzato per la sorella del ministro Tremonti. Se non lo facevamo noi hai voglia ad aspettare i fogli di regime. Così come quelli di opposizione. Tutti zitti. Per loro è normale, anzi normalissimo che un’artista come Angiola Tremonti possa esporre nella storica e prestigiosa Villa Reale (per la cronaca, inaugura il 16 settembre). Ma non per noi. Ecco perché abbiamo posto il semplice quesito: possibile che nessuno si imbarazzi per questa location così esclusiva? Angiola invece che risponderci direttamente (visto che di sicuro ci ha letto…) ha pensato bene di rilasciare una bella intervista ad Affaritaliani.it, una delle poche (coraggiose) testate che aveva fatto il lancio della notizia. Per altro lasciando trapelare tra le righe che più di una mostra si trattasse di prove politiche di riavvicinamento tra varie anime del Pdl e della Lega, in vista delle elezioni milanesi (con la probabile ricandidatura di Letizia Moratti, che certamente gode di ottimi appoggi). Abbiamo letto l’intervista che Angiola ha rilasciato. Leggetela anche voi: eccola (clicca qui).   
Già il sommarietto francamente sembra un pochino comico: “dalla parentela con Giulio più svantaggi che vantaggi”. Ma come? Sarà possibile? Poverina, che grosso guaio! Eppure, con uno sforzo non da poco avviamoci a crederle. Andiamo avanti. Vorremmo le fosse molto chiara una cosa. Nessuno di noi ha mai pensato per un solo secondo di mancare di rispetto al suo lavoro. Il lavoro di qualsiasi artista coincide sempre e comunque con uno sforzo creativo, una ricerca più o meno riuscita nell’universo estetico. Però vorremmo anche che lei, con un minimo di umiltà, si rendesse consapevole di non appartenere (ancora) alla storia dell’arte contemporanea. Quella che considera artisti (sia moderni che contemporanei) storicizzati, conosciuti, amati e celebrati a Milano come a Londra, Parigi o New York. E’ inutile che lei citi l’elenco delle persone che hanno avuto il “piacere” di scriverle addosso. Non è questo il curriculum vero e internazionale di un grande artista. Lo sa benissimo. Non scantoni il problema vero. Perchè il Comune di Milano ha scelto per lei una sede così prestigiosa? Vuole farci intendere che suo fratello non conta e non è contato niente in questa scelta? Ce lo dica chiaramente. Ci dica che non vi è stato nessun interesse da parte sua. E anzi, che magari ha osteggiato questo progetto che risale all’aprile del 2009 (lo sapevamo bene). Se lei lo scrive noi ci crederemo (salvo avere prove documentali del contrario). Ma scusi Angiola veramente lei non ha alcun imbarazzo nell’avere a sua disposizione una sede espositiva di tal fatta? No perchè, se questo è il criterio adottato dal Comune di Milano (per il quale tra l’altro lei lavora pure), allora una mostra celebrativa di Piero Manzoni dove dovrebbe essere tenuta? Che sò magari traslocando tutto il palazzo della Regione Lombardia, Formigoni compreso. E per Lucio Fontana? Varrebbe quasi l’idea di proporre lo sfratto per un mese al Presidente del Consiglio da villa Macherio. Suvvia un po’ di serietà. Ma non le sembra di concorrere (malgré soi…) a rendere ridicola la politica culturale di una città come Milano? Anche tra noi ci sono diversi artisti ma le assicuro sarebbero fortemente imbarazzati se qualcuno proponesse loro una mostra a Villa Reale. Perché lei non lo é? Ce lo spieghi, per cortesia. Senza mezze parole. L’arte (come la sincerità) non è mai stata e non sarà mai ne’ di destra ne’ di sinistra. Giustissimo. Dunque?
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ABBIAMO RACCOLTO L’OPINIONE DI VITTORIO SGARBI
Vittorio Sgarbi ha conosciuto Angiola Tremonti una sera, a una cena, dove le è stata presentata. Per il resto, di lei sa poco. Le sue opere, però – dice, utilizzando, per una volta, un eufemismo – “non mi sembra certo che siano opere irrinunciabili”. Ma su una cosa è categorico: non le avrebbe mai esposte alla Villa Reale. Non perché lei sia la sorella del ministro Tremonti, ma perché, semplicemente, il suo lavoro “non merita una sede di quel prestigio”. Non infierisce su di lei (alla quale, noi crediamo, è dovuto il rispetto che merita qualsiasi artista che crede in quello che fa, indipendentemente dalla reale consistenza del suo lavoro); ma infierisce, piuttosto, su Finazzer, che – dice sempre il critico – “manca completamente di una politica culturale, di una visione. Il problema di Finazzer”, aggiunge, “non è se sia giusto che dia spazio una volta a Cattelan, una volta alla Beecroft e un’altra volta persino alla Tremonti: il problema è proprio nella totale casualità delle proposte, dovute al fatto che, semplicemente, non ha una visione, ma solo una serie di stimoli occasionali, che pensa di utilizzare mettendoli in fila uno all’altro, in maniera casuale”. Ma non ci vede, Sgarbi, nell’eccessivo spazio dato alla sorella di Tremonti, un tentativo patetico di fare un favore a uno dei ministri più potenti d’Italia? “Magari fosse così”, se la ride lui, sarcastico: “almeno rivelerebbe un senso, per quanto completamente sbagliato. Ma il fatto è che la politica culturale milanese è allo sbando, non ha proprio alcun senso e alcun progetto che la sorregga. Procede per casualità, per occasioni. Anche per questo”, conclude, “alle prossime elezioni metterò in piedi la lista chiamata ‘Contro Letizia’. Per opporre a questa visione vuota e inutile una possibile alternativa, anche sul piano culturale”.
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21.08.2010
dalla Redazione
SULLA MOSTRA DELLA ANGIOLA TREMONTI A VILLA REALE DI MILANO
Che i pochi spazi pubblici milanesi dedicati all’arte abbiano sempre più la veste di “location” non è una novità. Ci siamo abituati a mostre “a cura” di mercanti (vedi quella sulla Cina o quella di Coda Zabetta a Palazzo Reale). Per non dire di quelle organizzate da agenzie di produzione come nel caso della doppia mostra di Marco Nereo Rotelli a cura del  “Centro Italiano per le Arti e la Cultura”. La cosa più strana di tutte è che sino a pochi mesi or sono sul sito di questa agenzia compariva anche la faccia in grande dell’assessore milanese per il quale sembra che la stessa possa aver prodotto o promosso un suo spettacolo (“Lo specchio di Borges” andato in scena di qua e di là in Italia ma soprattutto al Petit Palais di Parigi). Ora sul sito (www.centroita.com) non v’è più traccia di Finazzer, tutto scomparso. Ma sapete com’è la memoria di internet… qualche segno pure è rimasto. C’entra o è centrato qualcosa in passato l’assessore milanese con questa agenzia che ora guarda caso produce in grande le mostre-commerciali milanesi? Il dubbio a noi rimane. Ma siamo disposti a sentire (se mai lo farà) le sue ragioni…

Ma ecco l’ultima magnifica novità nel cartellone meneghino. Una nuova stagione alle porte e l’autunno delle mostre sotto la Madonnina inaugura niente meno che con una personale alla Galleria d’Arte Moderna della signora Angiola Tremonti. Guardate bene come dà la notizia il quotidiano on line “Affari Italiani”…!! E ha ragione!!! Roba da non credere che la cultura in Italia valga in questo modo (clicca qui). La sorella del ministro all’Economia, come risulta dal comunicato stampa, fa la scultrice ma si occupa pure di politica e fa parte della commissione al Decoro urbano dell’assessore Cadeo nel governo della signora Letizia Moratti. Per la cronaca, la stessa commissione in cui quest’estate hanno visto l’Angiola stessa ergersi contro il “conflitto d’interessi” del collega Arnaldo Pomodoro, reo di aver proposto una sua opera nel progetto di riqualificazione di Largo Mahler. La Tremonti ne chiese le dimissioni parlando appunto di “evidente conflitto di interessi”.

A proposito di conflitto di interessi sarebbe interessante che i cittadini sapessero in virtù di quali meriti e quale curriculum la sorella del ministro Tremonti -per altro lontana anni luce dal pedigree del maestro Pomodoro- ottiene dal Comune di Milano il diritto di esporre le proprie sculture in uno spazio pubblico storico e prestigioso come la Villa Reale. La spiegazione non può certo risiedere nella solerte critica del curatore che, della sconosciuta né giovane artista scrive di “ Un corpus messo insieme con coerenza e impegno, nonostante le continue digressioni esterne in particolare nella pittura, a cui lei tiene molto”. Mica male. Sarebbe interessante sapere quanto costa ai contribuenti milanesi questa corrispondenza di amorosi sensi. Perché oltretutto sembra che l’assessorato provveda pure a finanziare la mostra della signora Tremonti.

Ecco un’opera pittorica di Angiola Tremonti (fonte: www.angiolatremonti.com)
Già eravamo rimasti perplessi per la pompa magna con cui era stata presentata la mostra della Maria Cristina Carlini nella cui conferenza stampa ci stava pure il gallerista Schubert, personaggio conosciuto e discusso nell’ambito del circuito milanese dell’arte, poi -poverino- finito morto ammazzato (leggi qui) . Guarda caso pure la Carlini è promossa dalla stessa agenzia, il “Centro Italiano per le Arti e la Cultura”. Sia chiaro nessuno vuole mettere in discussione con giudizi affrettati il lavoro della Carlini o della stessa Tremonti, né tante meno quello di Nereo Rotelli. La domanda che ci poniamo è una soltanto: ma come è possibile che con artisti che hanno operato a Milano celebri in tutto il mondo (Fontana o Manzoni ad esempio) il Comune e l’assessorato siano arrivati a questi nomi. Che ci sta sotto? Che figura facciamo all’estero? Va bene dare spazio ai talenti emergenti ma con un pizzico di pudore e soprattutto magari creando un comitato di esperti che selezionino i nomi senza interessi di parte.

Ecco un’opera scultorea di Angiola Tremonti (fonte: www.angiolatremonti.com)

Un’altra vergogna del nostro Paese è che nessuno sino ad ora si è sognato di andare a fondo in questa faccenda o quanto meno segnalare le stranezze museali in corso. Destra e sinistra, con relativi giornali e giornalacci, tutti zitti. Sino a qualche giorno fa l’unico quotidiano che ha dato la notizia della mostra milanese della sorella di Tremonti è stato il “Corriere della sera”, per altro con un occhiello nelle pagine milanesi e un’annotazione quasi di colore. Poco, ma meglio di niente.

Che vogliamo fare? Continuare a tacere?

pubblicati tra il 23/08/2010 e il 17/09/2010

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